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=== Emidio Greco ===
=== Emidio Greco ===
Emidio Greco nasce il 20 ottobre 1938 a Leporano (Taranto). Compie gli studi a Torino dove la famiglia si trasferisce nel 1952. Da ragazzo si interessa di teatro e pensa più alla regia teatrale che a quella cinematografica. Cambia idea e si converte definitivamente al cinema dopo aver ascoltato (intorno ai 18-19 anni) alcune conferenze di Mario Gromo, critico cinematografico de La Stampa. Si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma alla fine di giugno 1966 con un saggio d'esame di 27 minuti: Uno, due e tre. Al Centro Sperimentale insegna regia dal novembre 1968, prima in sostituzione di Nanni Loy e in seguito per incarico ricevuto. Ancora allievo del Centro Sperimentale nell'aprile maggio del'66, gira per la RAI, per la rubrica Cordialmente, il suo primo servizio, un "pezzo" sui costumi da bagno. Lavora per la RAI fino al 1984 con un'interruzione di quattro anni, 1970-74, impiegati per riuscire a realizzare il film di debutto, L'invenzione di Morel. È autore di numerosi programmi culturali, documentari e inchieste per la televisione, come: Da una guerra all'altra (1967 /77): sei ore sui rapporti tra economia e politica tra le due guerre; Madame Bovary sono io: una biografia di Flaubert (1977); Niente da vedere, niente da nascondere: documentario sull'artista e amico fraterno Alighiero Boetti; L'Italia del boom: programma in tre ore che vince il premio Saint Vincent per la migliore inchiesta televisiva (1979). Nel 1979-80 è ideatore e curatore di Uomini e idee del '900: una serie culturale di 14 puntate, di una delle quali, Nel labirinto di Borges, è anche regista. Debutta nel lungometraggio a soggetto nel 1974 con L'invenzione di More/, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. Il film partecipa al Festival di Cannes nella "Quinzaine des realisateurs" e a numerosi altri festival. Per due anni (1975-76) viene proiettato quotidianamente in 9 musei d'arte moderna tra i più importanti d'Europa nell'ambito della mostra "Le macchine celibi". Il secondo film è Ehrengard (1982), dal romanzo omonimo di Karen Blixen, presentato alla Mostra di Venezia '82. L'anno successivo ottiene il premio Cinema e Società per il miglior film tratto da opera lettera ria. Non viene distribuito perché la Gaumont Italia che l'aveva acquistato fallisce. In seguito avrà una distribuzione indipendente del tutto marginale. Terzo lungometraggio è Un caso d'incosdenza, soggetto originale dell'autore. Presentato a Venezia nel 1984, nella sezione Film per la tv, riceve ottime critiche e viene richiesto in distribuzione da diverse società, ma la RAI rifiuta di darlo in distribuzione e lo manda in onda a metà luglio in seconda serata. Solo qualche anno dopo la Mikado riuscirà ad averlo nel proprio listino. Realizza due programmi culturali per la televisione della Svizzera italiana: Vivere un'altra vita (1988), una riflessione sulla "crisi delle convenzioni cinematografiche", e Contrabbando d'idee (1989), sul "cinema di metafora". Del 1991 è Una storia semplice, dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia. Il film viene presentato in concorso alla Mostra di Venezia e riceve il Leone d'Oro per l'interpretazione di Gianmaria Volonté. Proiettato in diversi festival ottiene premi e riconoscimenti tra cui: Grolla d'Oro per l'interpretazione a Gianmaria Volonté, Ennio Fantastichini, Ricky Tognazzi, Massimo Dapporto e Massimo Ghini; Nastro d'argento per la sceneggiatura; Globo d'Oro per la sceneggiatura e la musica; primo premio Antigone d'oro al Festival di Montpellier (1992). Nel 1998 gira Milonga, uscito nel '99, distribuito dalla Medusa. Presentato in diversi festival, ha avuto il "Globo d'oro" per l'interpretazione di Giancarlo Giannini. Nel 2001-2002 realizza Il Consiglio d'Egitto. In concorso al festival di Montreal. il film viene proiettato in diversi altri festival nazionali e internazionali. "Globo d'oro" della Presidenza al film; "Globo d'oro" per la musica; menzione speciale del "Globo d'oro" a Silvio Orlando; "Nastro d'argento" per la scenografia; "Capitello d'oro" (miglior film) al "Sannio film festival".  
Emidio Greco nasce il 20 ottobre 1938 a Leporano (Taranto). Compie gli studi a Torino dove la famiglia si trasferisce nel 1952. Da ragazzo si interessa di teatro e pensa più alla regia teatrale che a quella cinematografica. Cambia idea e si converte definitivamente al cinema dopo aver ascoltato (intorno ai 18-19 anni) alcune conferenze di Mario Gromo, critico cinematografico de La Stampa. Si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma alla fine di giugno 1966 con un saggio d'esame di 27 minuti: Uno, due e tre. Al Centro Sperimentale insegna regia dal novembre 1968, prima in sostituzione di Nanni Loy e in seguito per incarico ricevuto. Ancora allievo del Centro Sperimentale nell'aprile maggio del'66, gira per la RAI, per la rubrica Cordialmente, il suo primo servizio, un "pezzo" sui costumi da bagno. Lavora per la RAI fino al 1984 con un'interruzione di quattro anni, 1970-74, impiegati per riuscire a realizzare il film di debutto, L'invenzione di Morel. È autore di numerosi programmi culturali, documentari e inchieste per la televisione, come: Da una guerra all'altra (1967 /77): sei ore sui rapporti tra economia e politica tra le due guerre; Madame Bovary sono io: una biografia di Flaubert (1977); Niente da vedere, niente da nascondere: documentario sull'artista e amico fraterno Alighiero Boetti; L'Italia del boom: programma in tre ore che vince il premio Saint Vincent per la migliore inchiesta televisiva (1979). Nel 1979-80 è ideatore e curatore di Uomini e idee del '900: una serie culturale di 14 puntate, di una delle quali, Nel labirinto di Borges, è anche regista. Debutta nel lungometraggio a soggetto nel 1974 con L'invenzione di More/, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. Il film partecipa al Festival di Cannes nella "Quinzaine des realisateurs" e a numerosi altri festival. Per due anni (1975-76) viene proiettato quotidianamente in 9 musei d'arte moderna tra i più importanti d'Europa nell'ambito della mostra "Le macchine celibi". Il secondo film è Ehrengard (1982), dal romanzo omonimo di Karen Blixen, presentato alla Mostra di Venezia '82. L'anno successivo ottiene il premio Cinema e Società per il miglior film tratto da opera lettera ria. Non viene distribuito perché la Gaumont Italia che l'aveva acquistato fallisce. In seguito avrà una distribuzione indipendente del tutto marginale. Terzo lungometraggio è Un caso d'incosdenza, soggetto originale dell'autore. Presentato a Venezia nel 1984, nella sezione Film per la tv, riceve ottime critiche e viene richiesto in distribuzione da diverse società, ma la RAI rifiuta di darlo in distribuzione e lo manda in onda a metà luglio in seconda serata. Solo qualche anno dopo la Mikado riuscirà ad averlo nel proprio listino. Realizza due programmi culturali per la televisione della Svizzera italiana: Vivere un'altra vita (1988), una riflessione sulla "crisi delle convenzioni cinematografiche", e Contrabbando d'idee (1989), sul "cinema di metafora". Del 1991 è Una storia semplice, dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia. Il film viene presentato in concorso alla Mostra di Venezia e riceve il Leone d'Oro per l'interpretazione di Gianmaria Volonté. Proiettato in diversi festival ottiene premi e riconoscimenti tra cui: Grolla d'Oro per l'interpretazione a Gianmaria Volonté, Ennio Fantastichini, Ricky Tognazzi, Massimo Dapporto e Massimo Ghini; Nastro d'argento per la sceneggiatura; Globo d'Oro per la sceneggiatura e la musica; primo premio Antigone d'oro al Festival di Montpellier (1992). Nel 1998 gira Milonga, uscito nel '99, distribuito dalla Medusa. Presentato in diversi festival, ha avuto il "Globo d'oro" per l'interpretazione di Giancarlo Giannini. Nel 2001-2002 realizza Il Consiglio d'Egitto. In concorso al festival di Montreal. il film viene proiettato in diversi altri festival nazionali e internazionali. "Globo d'oro" della Presidenza al film; "Globo d'oro" per la musica; menzione speciale del "Globo d'oro" a Silvio Orlando; "Nastro d'argento" per la scenografia; "Capitello d'oro" (miglior film) al "Sannio film festival".  
=== L'invenzione di Morel ===
di '''Francesco Savio'''
Il Parastato italiano scopre il decadentismo. Il fatto è tanto lieto e clamoroso che, potendone io dar conto per il primo, m'affretto ad avvalermi di questo privilegio. Dall'ltalnoleggio è uscito stavolta un film esangue e neoplatonico, tutto giocato sul piacere intellettuale, sul gusto insulare e raro della circolarità delle immagini. Il cinema è una sola immensa bobina che, montata ad anello e proiettata sempiternamente, ripete all'infinito se medesima. Un po' alla volta, ecco, l'anima infusa in quelle immagini surretizie comincia a fuggirne, a morire, mentre l'assurda giostra dei fantasmi continua a proiettarsi, oramai sterile, su uno spazio (...) dal tempo ma intatto ed intangibile. Per rompere l'incantesimo, il protagonista dell'Invenzione di Morel ( opera prima del regista Emidio Greco, dall'omonimo romanzo di Bioy Casares insigne sodale di Borges) manda in frantumi il complicato meccanismo che, ad insaputa degl'interessati, ha fissato memorizzato per sempre, nel lontano 1929, la vacanza di gruppo di amici, convenuti nell'isola di Morel per tracorrervi una settimana d'ozio e di svago. Sull'isola Morel ha edificato una villa-museo, dove l'arte e il razionalismo si disputano le ceneri di un gusto, già co dificato da Mallet-Stevens. E' un ambiente gelido che fa pensare al Mabuse di Lang e all'Argent di L'Herbier: marmi verdi e seggioline funzionali, grandi lampadari saturnini ed ampie superfici convesse in vetrocemento - levigato e sinistro reperto di un'epoca viziosa, presaga e insieme ignara della crisi che sta per annientarla. Nei sotterranei della costruzione c'è, appunto, il macchinario di Morel: grazie al quale, e secondo le maree, i fantasmi dei giovani gaudenti, dissipati e fitzgeraldiani, rinnovano in perpetuo gli atti le parole i comportamenti di quella settimana (allo spirar della quale, gl'involontari protagonisti dell'esperimento erano tornati in patria per morirvi, svuotati e disseccati dal perfido congegno che aveva catturato il simulacro delle loro sembianze). Adesso - 1974 - un naufrago, forse un perseguitato politico, approda casualmente all'isola. Vaga per gli ambulacri della villa, si familiarizza a grado a grado con quegli strani dandies che lo guardano senza vederlo, scopre infine il segreto di Morel: Morel che, per amore di Faustine, sognò un giorno di vincere il Tempo consegnandosi ad esso con lei. Anche il naufrago s'infatua di Faustine; ma Faustine, ma gli amici di Morel non hanno anima, "vivono" fuori della storia e della consapevolezza di sé: bisogna dunque distruggerne il seme perverso, esorcizzare i lemuri, metter fine a uno spettacolo illusivo per tornare ad esprimere, col cinema, lo spettacolo illusivo per tornare ad esprimere, col cinema, lo spettacolo in quanto verità. Addio alle voci dei cantanti "crooner" diffuse dai vecchi grammofoni, addio alle danze intorno la piscina sotto la luce dorata dell'obliquo crepuscolo o la tepida pioggia autunnale, addio alle cene in vestito da sera, alla blanda lettura delle riviste, addio alle passeggiate nel vento, a picco sul mare venato di rèfole. Greco resuscita ed evoca i suoi magici Finzi-Contini con un sentimento d'ambigua ripulsa, d'ambigua tenerezza. Quel '29 non era poi tanto male, anzi era dannatamente affascinante, tra la fredda geometria delle sue architetture e il morbido tepore dei suoi figurini di moda, quei gilé, quelle gonne, quei foulards. Quell'essere "belli e dannati", ma in abito da tennis: come silhouettes in controluce. Attente panoramiche, fondues, perfino dissolvenze incrociate: la compagine linguistica è antiquata, si tratta invece di una scelta rigorosa. Certo !.:'invenzione di Morel non sarebbe pensabile senza il Resnais di Marienbad. Ciò che infatti è più commovente, in questo film-oggetto, è l'assoluta mancanza di commozione (e peccato che Giulio Brogi - il naufrago - ceda qua e là alle lusinghe del naturalismo). Dalle inquadrature si sprigiona un acre sentore di celluloide, anche le scenografie hanno l'impropria eloquenza del cinema muto, quando si parlava - o si sparlava - di "materiale plastico". Duri, esatti nei loro contorni, i soprammobili gli arredi i paralumi corroborano il teorema di Bioy Casares con opaca e inflessibile iattanza. Nella loro scontrosa concretezza gli spessori, autentici e "riprodotti", non sono poi tanto diversi gli uni dagli altri. Per cui la dimensione immaginaria prevarica quella reale, ad onta della resistenza che, alla prima, oppongono le cose. Sulle quali la polvere degli anni depone un velo tenue, che subito svanisce a contatto con gl'inganni del verosimile: agli ectoplasmi non bisognano piumini. In un debutto così patinato e ambizioso non si vorrebbero, né smagliature, né scadimenti. Ottimo quand'è ripreso a distanza, il gruppo degli amici di Morel non ci guadagna ad essere visto da vicino. Piccole incertezze, marginali goffaggini bastano a far precipitare dal loro astratto e peculiare basamento queste statue pigramente immortali. Come appunto in Marienbad, non esistono qui generici e comparse, ma alte presenze oniriche, emblemi di un tempo perduto, ritrovato, perduto. A suo agio con le nature morte, Greco non lo è altrettanto con gli intepreti, specie quelli di contorno. Del resto l'imbarazzo è, a ben guardare, una delle componenti dello snobismo. Non si dà vero snobismo senza le remore, le ritrosie, le insofferenze della timidezza. A meno che, questo dell'incerto dominio sugli attori, sia lo scotto pagato dal regista a una naturale acerbità. Come una tunica grave e leggera, dai preordinati panneggi, il film riveste d'una forma composta e distesa (si veda per esempio il bell'inizio, con l'a solo del naufrago) lo specioso pretesto narrativo offerto dal racconto avveneristico dello scrittore argentino. Si può non restare coinvolti dal risultato un po' algido. Ma il termometro delle emozioni estetiche ha a vedere con la scelta Fahrenheit?<ref>Il mondo, 28 marzo 1974</ref>
=== L'invenzione di Morel ===
di '''Mino Argentieri'''
Un uomo che ha un conto aperto con le autorità del suo paese è in fuga e a bordo di una barca sbattuta dalle onde attracca in un'isola deserta. [sic] su scogliere e costoni: davanti gli si para un edificio a prima vista indefinibile, a metà tra un grande albergo abbandonato e un laboratorio. Incuriosito, lo esplora e scorgendovi tracce di una dimora che fu ospita le e adesso è coperta di polvere, torna all'aria aperta a cercare radici di cui cibarsi e protezione al riparo di madre natura. Quando meno se lo aspetta, le sue orecchie sono sfiorate da un motivo musicale, un ballabile, proveniente dal luogo da cui si era allontanato. E gli capita anche di distinguere, a distanza, alcune coppie che danzano allacciate. è una allucinazione provocata dalla stanchezza e dal deperimento delle energie fisiche? O le apparizioni non sono che esseri in carne e ossa abbigliati secondo la moda della fine degli anni venti e chissà come sperdute in una landa tutta sterpi e rocce? Novello Robinson, il rifugiato cerca di saperne di più e avvicinatosi alla comitiva ne ritaglia una componente, la fredda e stilizzata Faustine, dalla cui venustà è preso. Inutili saranno i suoi tentativi di approccio: la donna, passeggi da sola, si accompagni al petulante corteggiatore Morel o a qualcuno della congrega, si comporta come se dinanzi ai suoi occhi non fosse comparsa un'altra persona. È un mistero, e per decifrarlo non varrà neppure mescolarsi a questi convi tati che non hanno alcuna percezione all'infuori della loro cerchia. L'arcano, tuttavia, sarà violato dall'anfitrione del gruppo, il professor Morel, uno scienziato che parteggia per le teorie malthusiane e spiega ai suoi amici di qual incantesimo si tratta: è che Faustine, e la corte riunita, con la specie umana non hanno nulla più da spartire. Morel li aveva convocati in questo posto inaccessibile per sottoporli alla fase superiore di un esperimento. Grazie ad alcuni prodigiosi macchinari essi sono stati fotografati e fissati in un archivio mnemonico che li riproietta all'infinito tridimensionalmente. Faustine e i suoi compagni sono immagini del passato che invece di rianimarsi su una parete
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Versione delle 07:46, 28 mag 2025

Enti Promotori

Locandina Bellaria Film Festival, Anteprima per il cinema indipendente italiano, 2004
  • Comune di Bellaria Igea Marina Assessorato alla Cultura Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Dipartimento dello Spettacolo, Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini
  • Sindaco: Gianni Scenna
  • Assessore alla Cultura: Ugo Baldassarri
  • Dirigente Settore Cultura: Italo Cecchini

Direzione

  • Direzione artistica: Antonio Costa, Morando Morandini, Daniele Segre
  • Direzione organizzativa: Antonio Tolo
  • Segreteria, ricerca film: Nicoletta Casali, Cristina Gori, Giorgia Lazzari
  • Catalogo, immagine: Antonio Tolo
  • Traduzioni: Giorgia Lazzari
  • Ufficio Stampa: Moira Miele, Diana Massarotto, Paolo Pagliarani (stampa locale)
  • Ufficio ospitalità: Giorgia Lazzari
  • Immagine di copertina: ElleKappa
  • Sigla: Donato Sansone
  • Proiezioni: Brenno Miselli, Angela Miselli, Ugo Baracchi, Marco Davolio
  • Proiezioni video: Zelig audiovisivi
  • Sottotitoli virtuali a cura di Zero in Condotta

Giurie

  • Giuria del concorso anteprima: Sonia Bergamasco, Amedeo Fago, Franco Giraldi, Suzette Glenadel, Lorenzo Pellizzari
  • Segreteria di giuria: Francesca Airaudo
  • Giuria del Premio Casa Rossa: Mario Calderaie, Gianni Canova, Aldo Fittante, Bruno Fornara, Massimo Lastrucci, Roberto Nepoti, Cristiana Paternò, Alberto Pezzotta, Maurizio Porro, Adelina Preziosi

Presentazione

di Gianni Scenna (Sindaco) e Ugo Baldassarri (L'Assessore alla Cultura)

Anteprima per il cinema indipendente italiano ritorna puntuale e fa di Bellaria Igea Marina, per quattro giorni, una delle più autorevoli cittadelle del cinema italiano. Non è semplice per una città come la nostra mettere in piedi da ventidue anni una manifestazione che ha saputo ritagliarsi un posto di primo piano nel panorama dei festival cinematografici. Ci aiutano e ci sostengono innanzitutto le altre Pubbliche Amministrazioni, il Ministero per i beni e le attività culturali, la Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Rimini, cui va il nostro sentito ringraziamento. Ringraziamento che va esteso a tutte le ragazze della segreteria per il fondamentale, prezioso e sotterraneo lavoro dietro le quinte. Ma ci conforta soprattutto l'adesione al nostro progetto dei nostri cittadini, che hanno confermato, anno dopo anno, un affetto e un attaccamento a quello che sentono, sempre più, come il loro festival. Lo dimostra la partecipazione convinta dei ragazzi della Scuola Media, che già hanno avviato percorsi di approfondimento su alcuni dei temi che il programma del festival propone quest'anno: la straordinaria esperienza di Giuliano Scabia e dei suoi allievi e il fascino insospettato che ci trasmettono le immagini del matematico cineasta Michele Emmer. E lo ribadisce la pronta e indispensabile disponibilità che hanno dimostrato i giovani albergatori di Bellaria lgea Marina, artefici con i loro Volti, al pari del regista Daniele Segre, del bel ritratto della nostra città che aprirà Anteprima. Il programma si presenta molto ricco e interessante, a partire dalla festa di compleanno, dedicata a L'invenzione di More[ di Emidio Greco e per la quale apprezziamo la disponibilità e la collaborazione manifestate dalla Cineteca Nazionale. E poi, oltre ai già citati Scabia ed Emmer, Michel Chion, l'omaggio a Jean Rouch e i tradizionali Concorso Anteprima, 150 secondi a tema fisso e il Premio Casa Rossa. Ci sono tutti gli ingredienti, insomma, per una bella festa del cinema. Ci rattrista che non possa essere con noi la cara amica Laura Morandini, cui va il nostro pensiero e alla quale ci piacerebbe che venisse dedicato il festival di quest'anno. Buon'Anteprima.

Introduzione

di Daniele Segre

Non mi ricordo cosa stavo facendo in quel momento e neanche dov'ero, probabilmente a casa, a Torino; presi il telefono che squillava ed ascoltai con stupore quello che la voce di Morando Morandini mi stava proponendo: diventare, con lui e Antonio Costa, uno dei tre direttori di Bellaria Film Festival. In quell'attimo sono ritornato con la mente al mio primo ed esaltante incontro con "Anteprima per il Cinema Indipendente" di Bellaria nel 1984: avevo vinto con Vite di Ballatoio; con me a Bellaria c'era mia figlia Marcella, due anni, sua madre Isabella, e c'erano pure mio fratello e mia madre che erano venuti in Italia a trovarmi da Hadera in Israele dove vivevano. La proposta di Morando mi emozionò e mi preoccupò, soprattutto per il fatto che non sapevo cosa potesse voler dire fare il direttore di un festival di cinema; mi confortò il fatto di non essere da solo e per di più di essere stato chiamato in scena dal padre fondatore del festival. Sono stati per me tre anni intensi e appassionanti. Nel ripercorrerli mi accompagna ora il ricordo delle persone care che ci hanno lasciato: Alberto Farassino e Laura Morandini. Quest'anno accendiamo la nostra terza candelina per una creatura che in realtà di anni ne festeggia ventidue; creatura davvero curiosa ed interessante, che è riuscita, in questi tre anni della nostra gestione, a sviluppare e rinnovare la propria identità distinguendosi, tra l'altro, a livello nazionale per un impegno rivolto in modo particolare al settore della Formazione Professionale e al "Cinema Utile". Queste sezioni integrano un Festival già ricco, che si muove da sempre a esplorare i territori del nuovo e che presenta anche in questi ultimi anni - grazie al diverso approccio dei tre direttori: un critico, un docente universitario e studioso di cinema, un regista - momenti importanti del cinema di ieri, gli sguardi di critici, di teorici, di autori di rilievo internazionale, la scoperta di punti di vista giovani, di nuove tendenze, di nuove visioni del mondo. Grazie alla preziosa ed indispensabile collaborazione del settore montaggio della Scuola Nazionale di Cinema, Centro Sperimentale per la Cinematografia, BellariaFilmFestival in questi tre anni ha inoltre potuto realizzare una vera e propria esperienza formativa con il coinvolgimento di studenti delle Università di Bologna, Pisa, Venezia - IAUV, Torino e Napoli per la realizzazione del "Videomagazine" quotidiano: quattro numeri per quattro giorni del Festival. Da quest'anno agli studenti delle università partecipanti all'esperienza del "Videomagazine" saranno riconosciuti crediti formativi quale espressione delle convenzioni firmate dai corsi di laurea in discipline dello spettacolo di questi atenei con il Comune di Bellaria Igea Marina. Un'esperienza interessante per gli studenti, ma anche per il Festival che in questi tre anni ha cercato, nei limiti del possibile, di lavorare per creare le potenziali condizioni per un reale radicamento sul territorio del Festival attraverso, anche, la prospettiva di attività permanenti quale la formazione professionale nel settore video digitale. Sono grato all'Amministrazione Comunale di Bellaria lgea Marina per l'occasione importante e molto stimolante che ha offerto alla Direzione del Festival di poter verificare le condizioni di fattibilità di un progetto che è certo e giustamente molto ambizioso, e che ha bisogno del sostegno concreto di tutte le forze politiche, economiche e istituzionali presenti nel territorio: comunali, provinciali e regionali. Il mio intervento, a nome della Direzione del Festival, nel Consiglio Comunale di Bellaria lgea Marina del 29 gennaio 2003 ha raccolto un significativo risultato (particolarmente segnalato dagli organi di stampa locali), cioè quello di unire le forze politiche nella loro quasi totalità per sostenere gli obbiettivi di un progetto culturale e di formazione professionale che oltre tutto può essere in grado di rappresentare un'offerta interessante e innovativa per lo stesso territorio. Grazie al radicamento dell'esperienza si potrebbe far diventare infatti il BellariaFilmFestival un'originale occasione, non sostitutiva di esperienze scolastiche ma stimolante punto d'incontro di realtà formative e non solo. Questo attraverso l'ideazione e la realizzazione di nuovi progetti, di esperienze come la Scuola Nazionale di Cinema, dei gruppi di lavoro degli atenei italiani, e di tutte quelle situazioni di cinema indi pendente presenti sul territorio italiano ed europeo. Ora c'è bisogno che il sostegno ideale di tutte le forze politiche presenti sul territorio si possa trasformare in azioni concrete e concertate dal Comune di Bellaria Igea Marina con la Provincia e la Regione Emilia Romagna per sostenere e sviluppare con convinzione un progetto non solo culturalmente e socialmente importante ma anche strategico per la ridefinizione delle priorità per uno sviluppo economico del territorio che non sia limitato alle risorse della stagione turistica. La luce delle tre candeline scintilla, sono disposte come giocatori di pallone: una fa lo stopper, una il mediano, e l'altra il centravanti. È un bel viaggio, speriamo che duri.

Concorso Anteprima

Concorso 150 secondi a tema fisso: paura

La giuria, composta da Nils Hartmann, Carlo Lucarelli, Antonio e Marco Manetti, tra i circa 50 lavori inviati, ha selezionato questi 18 video:

  • Al cinema di Edo Tagliavini
  • Blackout di Francesco Di Giorgio e Andrea Sanguigni
  • 150" di paura di Simona Meriggi
  • Centoventimetri di Giuseppe Gigliorosso
  • Esterno notte di Martina Lazzerini e Ilenia Pistolesi
  • Evasioni di Andrea Sanguigni e Francesco Di Giorgio
  • Già detta di Jacopo Zanon
  • Giacomo di Giulia Oriani
  • In. Te. di Marco Carlucci
  • Paura d'amare di Alessio Della Valle
  • Il pollo di Andrea Rovetta
  • Prematuro di Nicolò Andenna
  • Rear fear di Paolo Ceredi
  • Senza titolo di Fiatlvx
  • Il telefono di Alessandro Consoli
  • Toc toc di Luigi Fattore e Armando Festa
  • Trailer "Last blood" di Guglielmo Favilla e Alessandro Izzo
  • Ultimatum di Nello Calabrò

Premio Casa Rossa

Media Totale Calderale Canova Fittante Fornara Lastrucci Nepoti Paternò Pezzotta Porro Preziosi
Al primo soffio di vento 3.56 32 5 4 2 4 4 3 1 4 5
Amorfù 1.71 12 1 2 1 3 2 1 2
Ballo a tre passi 3 30 3 3 4 4 3 3 4 2 2 2
Il dono 3.75 30 4 4 5 5 4 3 2 3
Il miracolo 2.7 27 2 3 4 3 2 2 2 2 3 4
Pater familias 3.33 30 3 3 5 4 3 5 2 3 2
Il ritorno di Cagliostro 3.6 36 2 5 2 5 4 4 5 3 3 3
Segreti di stato 2.3 23 3 3 3 3 2 3 1 1 2 2

Festa di compleanno: L'invenzione di Morel di Emidio Greco

L'invenzione di Morel di Emidio Greco

Emidio Greco

Emidio Greco nasce il 20 ottobre 1938 a Leporano (Taranto). Compie gli studi a Torino dove la famiglia si trasferisce nel 1952. Da ragazzo si interessa di teatro e pensa più alla regia teatrale che a quella cinematografica. Cambia idea e si converte definitivamente al cinema dopo aver ascoltato (intorno ai 18-19 anni) alcune conferenze di Mario Gromo, critico cinematografico de La Stampa. Si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma alla fine di giugno 1966 con un saggio d'esame di 27 minuti: Uno, due e tre. Al Centro Sperimentale insegna regia dal novembre 1968, prima in sostituzione di Nanni Loy e in seguito per incarico ricevuto. Ancora allievo del Centro Sperimentale nell'aprile maggio del'66, gira per la RAI, per la rubrica Cordialmente, il suo primo servizio, un "pezzo" sui costumi da bagno. Lavora per la RAI fino al 1984 con un'interruzione di quattro anni, 1970-74, impiegati per riuscire a realizzare il film di debutto, L'invenzione di Morel. È autore di numerosi programmi culturali, documentari e inchieste per la televisione, come: Da una guerra all'altra (1967 /77): sei ore sui rapporti tra economia e politica tra le due guerre; Madame Bovary sono io: una biografia di Flaubert (1977); Niente da vedere, niente da nascondere: documentario sull'artista e amico fraterno Alighiero Boetti; L'Italia del boom: programma in tre ore che vince il premio Saint Vincent per la migliore inchiesta televisiva (1979). Nel 1979-80 è ideatore e curatore di Uomini e idee del '900: una serie culturale di 14 puntate, di una delle quali, Nel labirinto di Borges, è anche regista. Debutta nel lungometraggio a soggetto nel 1974 con L'invenzione di More/, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. Il film partecipa al Festival di Cannes nella "Quinzaine des realisateurs" e a numerosi altri festival. Per due anni (1975-76) viene proiettato quotidianamente in 9 musei d'arte moderna tra i più importanti d'Europa nell'ambito della mostra "Le macchine celibi". Il secondo film è Ehrengard (1982), dal romanzo omonimo di Karen Blixen, presentato alla Mostra di Venezia '82. L'anno successivo ottiene il premio Cinema e Società per il miglior film tratto da opera lettera ria. Non viene distribuito perché la Gaumont Italia che l'aveva acquistato fallisce. In seguito avrà una distribuzione indipendente del tutto marginale. Terzo lungometraggio è Un caso d'incosdenza, soggetto originale dell'autore. Presentato a Venezia nel 1984, nella sezione Film per la tv, riceve ottime critiche e viene richiesto in distribuzione da diverse società, ma la RAI rifiuta di darlo in distribuzione e lo manda in onda a metà luglio in seconda serata. Solo qualche anno dopo la Mikado riuscirà ad averlo nel proprio listino. Realizza due programmi culturali per la televisione della Svizzera italiana: Vivere un'altra vita (1988), una riflessione sulla "crisi delle convenzioni cinematografiche", e Contrabbando d'idee (1989), sul "cinema di metafora". Del 1991 è Una storia semplice, dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia. Il film viene presentato in concorso alla Mostra di Venezia e riceve il Leone d'Oro per l'interpretazione di Gianmaria Volonté. Proiettato in diversi festival ottiene premi e riconoscimenti tra cui: Grolla d'Oro per l'interpretazione a Gianmaria Volonté, Ennio Fantastichini, Ricky Tognazzi, Massimo Dapporto e Massimo Ghini; Nastro d'argento per la sceneggiatura; Globo d'Oro per la sceneggiatura e la musica; primo premio Antigone d'oro al Festival di Montpellier (1992). Nel 1998 gira Milonga, uscito nel '99, distribuito dalla Medusa. Presentato in diversi festival, ha avuto il "Globo d'oro" per l'interpretazione di Giancarlo Giannini. Nel 2001-2002 realizza Il Consiglio d'Egitto. In concorso al festival di Montreal. il film viene proiettato in diversi altri festival nazionali e internazionali. "Globo d'oro" della Presidenza al film; "Globo d'oro" per la musica; menzione speciale del "Globo d'oro" a Silvio Orlando; "Nastro d'argento" per la scenografia; "Capitello d'oro" (miglior film) al "Sannio film festival".

L'invenzione di Morel

di Francesco Savio

Il Parastato italiano scopre il decadentismo. Il fatto è tanto lieto e clamoroso che, potendone io dar conto per il primo, m'affretto ad avvalermi di questo privilegio. Dall'ltalnoleggio è uscito stavolta un film esangue e neoplatonico, tutto giocato sul piacere intellettuale, sul gusto insulare e raro della circolarità delle immagini. Il cinema è una sola immensa bobina che, montata ad anello e proiettata sempiternamente, ripete all'infinito se medesima. Un po' alla volta, ecco, l'anima infusa in quelle immagini surretizie comincia a fuggirne, a morire, mentre l'assurda giostra dei fantasmi continua a proiettarsi, oramai sterile, su uno spazio (...) dal tempo ma intatto ed intangibile. Per rompere l'incantesimo, il protagonista dell'Invenzione di Morel ( opera prima del regista Emidio Greco, dall'omonimo romanzo di Bioy Casares insigne sodale di Borges) manda in frantumi il complicato meccanismo che, ad insaputa degl'interessati, ha fissato memorizzato per sempre, nel lontano 1929, la vacanza di gruppo di amici, convenuti nell'isola di Morel per tracorrervi una settimana d'ozio e di svago. Sull'isola Morel ha edificato una villa-museo, dove l'arte e il razionalismo si disputano le ceneri di un gusto, già co dificato da Mallet-Stevens. E' un ambiente gelido che fa pensare al Mabuse di Lang e all'Argent di L'Herbier: marmi verdi e seggioline funzionali, grandi lampadari saturnini ed ampie superfici convesse in vetrocemento - levigato e sinistro reperto di un'epoca viziosa, presaga e insieme ignara della crisi che sta per annientarla. Nei sotterranei della costruzione c'è, appunto, il macchinario di Morel: grazie al quale, e secondo le maree, i fantasmi dei giovani gaudenti, dissipati e fitzgeraldiani, rinnovano in perpetuo gli atti le parole i comportamenti di quella settimana (allo spirar della quale, gl'involontari protagonisti dell'esperimento erano tornati in patria per morirvi, svuotati e disseccati dal perfido congegno che aveva catturato il simulacro delle loro sembianze). Adesso - 1974 - un naufrago, forse un perseguitato politico, approda casualmente all'isola. Vaga per gli ambulacri della villa, si familiarizza a grado a grado con quegli strani dandies che lo guardano senza vederlo, scopre infine il segreto di Morel: Morel che, per amore di Faustine, sognò un giorno di vincere il Tempo consegnandosi ad esso con lei. Anche il naufrago s'infatua di Faustine; ma Faustine, ma gli amici di Morel non hanno anima, "vivono" fuori della storia e della consapevolezza di sé: bisogna dunque distruggerne il seme perverso, esorcizzare i lemuri, metter fine a uno spettacolo illusivo per tornare ad esprimere, col cinema, lo spettacolo illusivo per tornare ad esprimere, col cinema, lo spettacolo in quanto verità. Addio alle voci dei cantanti "crooner" diffuse dai vecchi grammofoni, addio alle danze intorno la piscina sotto la luce dorata dell'obliquo crepuscolo o la tepida pioggia autunnale, addio alle cene in vestito da sera, alla blanda lettura delle riviste, addio alle passeggiate nel vento, a picco sul mare venato di rèfole. Greco resuscita ed evoca i suoi magici Finzi-Contini con un sentimento d'ambigua ripulsa, d'ambigua tenerezza. Quel '29 non era poi tanto male, anzi era dannatamente affascinante, tra la fredda geometria delle sue architetture e il morbido tepore dei suoi figurini di moda, quei gilé, quelle gonne, quei foulards. Quell'essere "belli e dannati", ma in abito da tennis: come silhouettes in controluce. Attente panoramiche, fondues, perfino dissolvenze incrociate: la compagine linguistica è antiquata, si tratta invece di una scelta rigorosa. Certo !.:'invenzione di Morel non sarebbe pensabile senza il Resnais di Marienbad. Ciò che infatti è più commovente, in questo film-oggetto, è l'assoluta mancanza di commozione (e peccato che Giulio Brogi - il naufrago - ceda qua e là alle lusinghe del naturalismo). Dalle inquadrature si sprigiona un acre sentore di celluloide, anche le scenografie hanno l'impropria eloquenza del cinema muto, quando si parlava - o si sparlava - di "materiale plastico". Duri, esatti nei loro contorni, i soprammobili gli arredi i paralumi corroborano il teorema di Bioy Casares con opaca e inflessibile iattanza. Nella loro scontrosa concretezza gli spessori, autentici e "riprodotti", non sono poi tanto diversi gli uni dagli altri. Per cui la dimensione immaginaria prevarica quella reale, ad onta della resistenza che, alla prima, oppongono le cose. Sulle quali la polvere degli anni depone un velo tenue, che subito svanisce a contatto con gl'inganni del verosimile: agli ectoplasmi non bisognano piumini. In un debutto così patinato e ambizioso non si vorrebbero, né smagliature, né scadimenti. Ottimo quand'è ripreso a distanza, il gruppo degli amici di Morel non ci guadagna ad essere visto da vicino. Piccole incertezze, marginali goffaggini bastano a far precipitare dal loro astratto e peculiare basamento queste statue pigramente immortali. Come appunto in Marienbad, non esistono qui generici e comparse, ma alte presenze oniriche, emblemi di un tempo perduto, ritrovato, perduto. A suo agio con le nature morte, Greco non lo è altrettanto con gli intepreti, specie quelli di contorno. Del resto l'imbarazzo è, a ben guardare, una delle componenti dello snobismo. Non si dà vero snobismo senza le remore, le ritrosie, le insofferenze della timidezza. A meno che, questo dell'incerto dominio sugli attori, sia lo scotto pagato dal regista a una naturale acerbità. Come una tunica grave e leggera, dai preordinati panneggi, il film riveste d'una forma composta e distesa (si veda per esempio il bell'inizio, con l'a solo del naufrago) lo specioso pretesto narrativo offerto dal racconto avveneristico dello scrittore argentino. Si può non restare coinvolti dal risultato un po' algido. Ma il termometro delle emozioni estetiche ha a vedere con la scelta Fahrenheit?[1]

L'invenzione di Morel

di Mino Argentieri

Un uomo che ha un conto aperto con le autorità del suo paese è in fuga e a bordo di una barca sbattuta dalle onde attracca in un'isola deserta. [sic] su scogliere e costoni: davanti gli si para un edificio a prima vista indefinibile, a metà tra un grande albergo abbandonato e un laboratorio. Incuriosito, lo esplora e scorgendovi tracce di una dimora che fu ospita le e adesso è coperta di polvere, torna all'aria aperta a cercare radici di cui cibarsi e protezione al riparo di madre natura. Quando meno se lo aspetta, le sue orecchie sono sfiorate da un motivo musicale, un ballabile, proveniente dal luogo da cui si era allontanato. E gli capita anche di distinguere, a distanza, alcune coppie che danzano allacciate. è una allucinazione provocata dalla stanchezza e dal deperimento delle energie fisiche? O le apparizioni non sono che esseri in carne e ossa abbigliati secondo la moda della fine degli anni venti e chissà come sperdute in una landa tutta sterpi e rocce? Novello Robinson, il rifugiato cerca di saperne di più e avvicinatosi alla comitiva ne ritaglia una componente, la fredda e stilizzata Faustine, dalla cui venustà è preso. Inutili saranno i suoi tentativi di approccio: la donna, passeggi da sola, si accompagni al petulante corteggiatore Morel o a qualcuno della congrega, si comporta come se dinanzi ai suoi occhi non fosse comparsa un'altra persona. È un mistero, e per decifrarlo non varrà neppure mescolarsi a questi convi tati che non hanno alcuna percezione all'infuori della loro cerchia. L'arcano, tuttavia, sarà violato dall'anfitrione del gruppo, il professor Morel, uno scienziato che parteggia per le teorie malthusiane e spiega ai suoi amici di qual incantesimo si tratta: è che Faustine, e la corte riunita, con la specie umana non hanno nulla più da spartire. Morel li aveva convocati in questo posto inaccessibile per sottoporli alla fase superiore di un esperimento. Grazie ad alcuni prodigiosi macchinari essi sono stati fotografati e fissati in un archivio mnemonico che li riproietta all'infinito tridimensionalmente. Faustine e i suoi compagni sono immagini del passato che invece di rianimarsi su una parete

  1. Il mondo, 28 marzo 1974