1986

Enti Promotori[modifica | modifica sorgente]
Comune e Azienda Autonoma di Soggiorno di Bellaria-Igea Marina
Patrocinio[modifica | modifica sorgente]
Ministero del Turismo e dello Spettacolo
Comitato Tecnico[modifica | modifica sorgente]
Enrico Ghezzi, Morando Morandini, Gianni Volpi
Cinema indipendente è bello[modifica | modifica sorgente]
di Enrico Ghezzi
Non è facile, non è difficile definire ’’il cinema indipendente italiano”. Più probabile che sia impossibile, o che non esista. Anteprima 86 (un anno così simile a un 68 inverso) offre spazio sia alla facilità che alla difficoltà di definizione. Nell’anno in cui due piccoli film italiani di esordienti affiorano nelle sezioni parallele di Cannes, e in cui molte altre opere prime si annunciano o si portano a termine (e intanto Moretti si è argentato a Berlino), si potrebbe pensare a un ricambio effettivo lentamente in atto. E addirittura iniziata (e durerà tutta l'estate) un’ampia rassegna sulla Terza Rete TV della Rai dedicata agli ‘autori del cinema italiano contemporaneo’, intitolata Teste Dure dal titolo del film di un premiato a Bellaria, e poi inaugurata dal dittico Giulia in ottobre e Rosso di sera sempre a Bellaria premiato l’anno scorso. Eppure, come questo ciclo televisivo è quasi fisiologicamente costretto all’eterogeneità, così pare già in giro d’orizzonte completo che abbraccia in un'estate tv il campo in fondo ristretto di un ghetto. Poco conosciuto, il cinema italiano contemporaneo giovane indipendente è già costretto nell’antologìa, nella retrospettiva, nello sguardo televisivo? La ’povertà’ orgogliosa di Bellaria/Anteprima, la linea di tendenza abbastanza precisata (e sia pur linea d'ombra) di un cinema ’indigeno’ e non romanizzato o comunque non troppo debitore a non troppe situazioni locali, poteri, committenze, si confrontano quest'anno con una forte apparenza di movimento del sistema cinetelevisivo italiano, con annunci di nuovi investimenti non solo esteri (Cannon), di travasi di capitali da un settore all’altro (vedi, in aggiunta a quello RAI ormai ben più che decennale, l’annunciato impegno di Reteltalia nel cinema). Le tracce retrospettive (i "debutti nei generi’, i "film dell’articolo 28°), insieme col convegno dedicato all’articolo 28, forma unica e dominante del finanziamento pubblico al cinema d'autore, accennano a alcune delle ‘dipendenze’ primarie con cui si trovano presto 0 tardi a convivere le indipendenze produttive e d'autore. Forse inattuale, stretta tra ribalte nazionali più storicamente rinomate o internazionalmente più note, Bellaria segue il corso produttivo di alcuni desideri di cinema/video non ancora spenti nella professione, nella ripetitività, nella 'tranquillità’. Forma vuota, la rassegna attende la promessa di film finalmente inattuali, fuori dal calendario degli obblighi festivalieri e fuori dalla necessità di mostrare il loro budget. Ma per ’inattuali’ si intende soprattutto senza la preoccupazione ideologica (oggi dominante più che mai, per quanto si tenda a pensare il contrario) di 'essere attuali’, di capire o anticipare i tempi, fossero anche solo quelli del cinema (vedi l'ansia quasi eccessiva di professionalità’, i bei seminari di sceneggiatura con mostri sacri americani, la certezza che il cinema esiste e quindi è qualcosa che si può semplicemente possedere o attaccare, in cui si può entrare, che si può e si deve ’imparare’). Contro il privilegio dinastico-cinematografico, e anche contro l'illusione tecnica, a Bellaria ancora una volta si spera, nella programmata confusione di supporti di durate di ambizioni, di veder nascere e morire alcune immagini e idee degne di nascere e di morire, indipendenti dai loro presupposti tecnico-economici e di committenza; capaci di far dimenticare come dove e perché sono nate, e quindi capaci di farcelo poi domandare.
Concorso[modifica | modifica sorgente]
- Albalunga di Stefano Moni
- Angeli in fuga di Graciela Rava
- Un aperitivo, amore? di Carla Baroncelli
- Berenice di J.M. Chumilla Carbajosa
- Bessie, my man di Pietro Angelini
- Black harvest di Guido Chiesa
- Il cammino difficile n.2 - Emilia e la vita di Tonino de Bernardi
- Candid Kantor qu'ils cravent les artistes! di Giancarlo Soldi
- La caviglia di Amelia di Francesco Calogero
- Cocca di mamma di Marco Isoli, Agnese Fontana
- La donna luna in azzurro di Fernanda Moneta
- Giallo e nero di Gianfranco Giagni
- Hotel delle ombre di Stefano Masi, Stephen Natanson
- Leva le mani dal mio budino di Lucia Moisio, Walter Buccino
- Il mio triste continente di Annalisa Scafi, Roberta Mazzoni
- ...nel lago di Bruno Bigoni
- Nel paese di Alice (Alice's World) di Daniele Ramenzoni
- Change di Maurizio Rubboli, William Molducci
- La neve di Giorgio Baldi
- Nothing di Bruno Bigoni
- Now i know snow di Gianfranco Barberi, Marco Di Castri
- Oneiros - Lo schermo sognato di Carlo Confalonieri, Ugo Locatelli
- Pavane pour une enfante defunte di Andrea Garofalo, Giovanni Scarfò
- Un po' di sud di Giovanni Minerba
- I pugni in cielo di Antonio Carella
- Quattro artisti in musica di Andrea Centazzo
- Il sorriso in fondo al mare di Francesca Pirani
- T'as compris le truc? di Daniele Segre
- Uccelli di bosco di Pino Mancini
- Voci celate di Silvio Soldini (FUORI CONCORSO)
Articolo 28[modifica | modifica sorgente]
- Il giorno delle delizie di Silvano Agosti
- Inganni di Luigi Faccini
- La donna del traghetto di Amedeo Fago
- I ragazzi di Torino sognano Tokyo e vanno a Berlino di Vincenzo Badolisani
Tavola Rotonda[modifica | modifica sorgente]
28-29 giugno - Art. 28: vent'anni dopo (e oltre)...
Odiato/amato, sempre richiesto eppur rimosso, palestra per gli esordi (ma anche per le affermate produzioni d'autore) più insospettabili, criticano e pur necessario, migliorabile comunque, secondo i più diversi pareri, punti di vista, orientamenti... L’Art. 28 è arrivato al suo 21° anno di vita proprio quest'anno. Ventun’anni dopo la ’’prima volta di’’: una prima volta che fu, nel 1966, di Silvano Agosti con il ’’Giardino delle delizie”. E il titolo, per questa ’’Tavola Rotonda” che Bellaria/Anteprima intende dedicare all’Art. 28 è per l'appunto: Art. 28, vent'anni dopo (e oltre)... Dove oltre sta per l'appunto ad indicare una linea di sviluppo e, se possibile, di evoluzione e anche, perché no, di superamento: oltre la marginalità dell'esordio, per prodotti maggiormente in grado di comunicare con il pubblico ed il mercato; oltre la polverizzazione dei finanziamenti a pioggia, che non gratifica gli autori e neppure lo Stato-produttore; oltre anche lo stato assistenziale stesso, e incontro a nuovi mix di committenza per realizzare prodotti-film per lo meno corrispondenti alla consistenza degli incentivi di partenza; ed oltre anche i confini soltanto nostri, italiani, per proiettare le dimensioni del low-budget ad un livello ed un respiro (e con risorse e sbocchi) un po’ meno provinciale e finalmente europeo... Da Bellaria/Anteprima, lo scorso anno, è decollato un piccolo gruppo di film, che, sotto il cartello Indigena ha toccato i più importanti Festival di Montreal, Annecy, Rotterdam, New York, per affermare una nuova e sorprendente qualità nel progetto, oltre che dei prodotti. Quest'anno si vedrà: oltre... Ma chiariamo subito, a tutti gli invitati a partecipare, che questa non vorrebbe essere una Tavola Rotonda/Convegno come tante altre, ma una vera e propria riunione di lavoro: per cominciare da subito ad elaborare le soluzioni di cui il cinema giovane ha più bisogno. Una "Tavola Rotonda” attorno a cui abbiamo invitato a prendere posto (e parola), produttori, distributori, sceneggiatori e registi, funzionari e operatori culturali, che - da vicinissimo o da lontano, per contratto pubblico o assenza di soluzioni alternative - si confrontano da vent’anni, ormai, con una formula produttiva che, pur con i suoi mille difetti, rappresenta tutt'ora l’unica forma di intervento dello Stato a favore del cinema giovane.
Al ballo delle debuttanti[modifica | modifica sorgente]
di Marco Giusti
Quando uscì La casa, piccolo horror del ventenne Sam Raimi, certi quasi-debuttanti neo-registi italiani pensarono di poter far di meglio o di simile con gli stessi soldi. Un cascinale nel Viterbese, un po’ di sangue, qualche truculenza di troppo. Sì, se po' fà! Idem quando uscì Blood Simple di Joel Cohen, giallo texano con ricordi wilder-chandleriani a budget ridottissimo. Non pensiamo neanche quello che avranno detto vedendo e rivedendo Stranger Than Paradise (Wenders + Commedia), mentre il successo di certi nuovi film francesi un po’ ballerini e un po' polizieschi (con una certa dose di sesso) avrà risvegliati istinti più raffinati. Il fatto è che ora, in Italia, grandi soldi, grandi scuole e grandi artigiani-insegnanti non ce ne sono per chi voglia diventare regista. Così le opere prime appartengono a vari gironi, ma nessuno di questi o quasi corrisponde in pieno a quello che una volta veniva chiamato cinema di genere. C’è un limbo un po’ stagnante dove si mastica articolo 28, giovanilismo, video, pubblicità e molta, troppa commedia all'italiana. Il pubblico italiano vuole ridere, vuole Verdone, Montesano, Troisi, ecc... Ma allora perché corre a vedere Rambo l e II, Rocky I, II, Il e IV e Commando? Mica sono commedie. Sì ma il cinema di genere non è proprio ”italiano’’. Non è vero, quando facevamo bene gli spaghetti western il pubblico ci andava. Ancora, è bastato che Argento desse una mano produttiva a Lamberto Bava per il suo Démoni e il pubblico ha risposto. Il problema, quindi, è altrove, è soprattutto nella stravaccatezza di certi produttori che seguitano a giocare tutto sulla commedia pensando di poter fare film con un attore, massimo due di richiamo e senza alcuna idea. Nella svogliatezza di una gran parte di giovani geni di stare un attimo a bottega da qualche maestro della serie B per imparare qualcosa cercando di non esordire subito perché c’è il '’bisogno assoluto” di fare un film con i soldi dell’art. 28, mettendo su una sciagurata produzione che, grazie a buoni amici o manovrette politiche andrà a qualche festival. Inoltre, molto, troppo spesso, il film col suo pessimo doppiaggio (o pessima presa diretta), con la sua pessima stampa, rimarrà lì, perché i distributori non si trovano tanto facilmente e il pubbliconon lo si convince a vedere il tuo film come si è convinto lo Stato o la Rai a darti un minimo di 200-300 milioni. Il cinema non è fatto né di buoni sentimenti dei produttori né di buoni sentimenti del pubblico. Né un neo-regista si improvvisa esperto di un genere solo perché ha visto due o tre volte La casa, Halloween o Blood Simple. E più facile fare il piccolo Wenders riprendendo scena per scena i suoi film che fare non dico Walsh, ma Lewis Teague o Mark Lester. Un regista non eccelso, ma comunque solido, come Enzo G. Castellari ha passato anni dietro al padre Marino Girolami e dietro a Alberto De Martino prima di esordire in un western. Forte di una simile tradizione famigliare anche Laberto Bava ha fatto molta gavetta col padre (ma anche in pubblicità) prima di esordire nell- "horror con Macabro. Anche se non mi esalta, Bava non è il trafficone tuttofare della serie B né il giovane figlio. di papà presuntuoso con le porte di Cinecittà spalancate. Il suo è un cinema artigianale che segue una degna tradizione italiana. E simile è il caso del Vanzina e di Marco Risi, per quanto poco o tanto possano piacere ai piccoli geni della critica. Non fanno un cinema casuale o improvvisato. Non tutti si muovono con lo stesso decoro nella commedia. Leggera, sottile, intellettuale, grossolana, è ricchissima di opere prime, soprattutto perché da tanto si richiede un cambio della guardia ai vecchi e stanchi maestri di un tempo. Ecco allora figli e parenti di registi (appunto i Vanzina, i Risi, Alessandro Metz), sceneggiatore (come Enrico Oldoini, due film in tre mesi l’anno scorso) protetti Rai (Odorisio, Biagio Proietti) i teatrali (Pulci, Mattolini) e gli ex-giovani di bottega, come Bruno Cortini e Amanzio Todini, che arrivano all’opera prima dopo tanto assistentato a nomi illustri. E ancora gli attori-registi, radi-e-getti di origine televisiva riescono tutti a ottenere una chance di regia (e non si capisce come non ci siano arrivati gli altri nomi di Quelli della notte”: D'Agostino, Catalano e Ferrini). Non sempre le cose funzionano. Ci sono forti differenze tra Verdone - Nichetti - Montesano - Arbore - Nuti - De Caro - Troisi - Benigni - Benvenuti - Pozzetto - Luotto (chi altro?), ma rimane, per il giovane comico, la possibilità, quasi immediata, dell'esordio nella regia cinematografica, anche se non ha mai visto una macchina da presa. Poco conta se poi il film glielo gira un altro. Il più interessante di questi attori esordienti nella regia è senza dubbio stato Troisi, anche se non è proprio puro cinema di genere, pura commedia. Genere, è comico del tutto è semmai Verdone, che si inserisce con precisione nella tradizione sordiana del cinema comico romano di un tempo. Nel cinema basso l'esordio più notevole, ahimé, è davvero stato quello di Joe D'Amato/Aristide Massacesi, ormai mito intoccabile della serie Z nostrana, forse sopravvalutato, ma sicuramente vitale e professionista, nonché ultimo esempio di tuttofare attivissimo per qualsiasi genere e qualsiasi ruolo cinematografico Nell’avventuroso non si segnalano poi altri esordi interessanti (solo dignitosi i primi film di Larry Ludman alias Fabrizio De Angelis, già direttore di produzione) e nell’hard le cose non vanno meglio (Arduino Sacco, Luciano Fardelli, Riccardo Schicchi...), con la sola eccezione di Giuliana Gamba, interessante e unica regista donna di ’’luci rosse’’ che dovrebbe ora passare al cinema normale col produttore Galliano Juso. Nel soft letterario, il solo genere nuovo nato negli ultimi tempi, hanno esordito Giovanni Soldati (figlio di Mario, compagno di Stefania Sandrelli) e Paolo Quaregna, rispettivamente con L’attenzione e Una donna allo specchio. Il primo cerca di inserirsi in un cinema erotico con pretese e una certa ricchezza, il secondo rivela le sue origini terzomondistiche da sub-articolo 28 sotto il mascheramento sandrellesco del porno provinciale. Entrambi non si dimostrano registi di grande rilievo anche se aiutano il nuovo genere a svilupparsi. Quasi invendibili i prodotti misti, un po' commedia e un po’ musical giovanile di certi esordienti con un occhio al botteghino (Chewingum di Proietti e In punta di piedi di Mele, presenti e non bene accolti a Venezia nel 1985), per non parlare del metà noir metà art. 28 del genovese Michele Saponaro, L'ultimo graffio (e del suo successivo e poveristico fantascientifico - demenziale Il ritorno di Paul). A tratti interessante, invece, un poliziesco-melò di Salvatore Maira, già sceneggiatore, Favoriti e vincenti, che aspetta da tre anni una distribuzione. Purtroppo, senza indirizzi produttivi, senza sceneggiatori e un certo rapporto col pubblico, il nostro cinema di genere, non solo manca di buoni esordienti, ma non ha neanche troppi registi in attività come un tempo. Eppure, e i fallimentari Tex, Yado lo dimostrano, come le produzioni fantastiche di Charles Band a Dinocittà (Troll) o certi polpettoni Rai, siamo ancora ricchi di scenografi, arredatori, operatori per qualsiasi tipo di cinema avventuroso. Non è quindi da perdere la speranza per una nuova vitalità dei film di genere né per una nuova generazione di Bava-Freda- Cottafavi e a risentirci per il nuovo ballo delle debuttanti.
Festival Internazionale Cinema Giovani Torino[modifica | modifica sorgente]
Nel quadro di un rapporto di scambio, iniziato con la presentazione al Festival Cinema Giovani del 1985 dei film premiati a Anteprima 1985, sarà presentata una selezione di Video curata da Stefano Della Casa; comprendente:
- Unamable weekend (1985) di B. Colapresti, Marco Bonvino, F. Battaglia, Massimo Gea, D. Leonetti.
- Luxury (1984) di Domenico Colapresti, Claudio Paletto, P. Milanese
- Untreu (1985) di D. Colapresti, C. Paletto, Renato Viola
- A proposito di sbavature (1985) di Colapresti - Paletto - Viola
- Qualcuno verrà... (1985) di Colapresti - Paletto - Viola
- Adesso che ci penso... non ti ho mai baciata (1985) di D. Colapresti, Paletto, Bonvino, B. Colapresti
- Alba elettrica (1986) di D. Colapresti, Paletto, Gea, Bonvino, Freeman
- Leva le dita dal mio budino (1985) di Lucia Moisio e Walter Buccino
Premi[modifica | modifica sorgente]
- Gabbiano d’oro non assegnato
- Gabbiano d’argento ex-aequo a Gianfranco Barberi e Marco Di Castri perNow I Know Snow; Gianni Castagnoli per Variation; Gianfranco Giagni per Giallo e nero; Fernanda Moneta per La donna luna in azzurro; Gabriella Rosaleva per Mercoledì delle ceneri; Maurizio Rubboli e William Molducci per Change
- Concorso Tre minuti a tema fisso - Il cibo a Pop Lat di Giovanni Martinelli