1991

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Locandina Anteprima per il cinema indipendente italiano, 1991

Ente promotore[modifica | modifica sorgente]

Comune di Bellaria Igea Marina, Assessorato alla cultura, Ministero del turismo e dello spettacolo, regione Emilia Romagna, Provincia di Forlì

Direzione[modifica | modifica sorgente]

  • Direzione artistica: Enrico Ghezzi, Morando Morandini, Gianni Volpi, Gianfranco Miro Gori
  • Organizzazione: Luigi Barberini
  • Ufficio Stampa: Marzia Milanesi
  • Segreteria e Catalogo: Nicoletta Donati, Annamaria Gradara, Andrea Menghi per associazione Creattiva
  • Amministrazione: Saverio Gori
  • Ospitalità: Eleonora Abbondanza, Marcello Morri

Presentazione[modifica | modifica sorgente]

Di Antonio Bernardi

"Altri echi abitano il giardino, li seguiremo?" (T.S. Eliot, Four Quartets)

Il gabbiano di Anteprima compie nove anni di vita e vola alto sorretto da una forza motrice che è la propria curiosità. L'orizzonte è nuovamente mutato; il cinema italiano oggi sembra godere di salute migliore, nuovi autori, di cui non pochi transitati da Bellaria, hanno aperto un varco oltre l'ambito degli addetti ai lavori, facendosi accettare dal grande pubblico.

Questo Festival continua a dare un contributo come luogo di valorizzazione delle risorse intellettuali che il nostro cinema sa produrre. E allora, sul quesito di Eliot, attrezziamoci per cogliere nuovi echi e nuove suggestioni, alcune già sedimentate come nuove esperienze esemplari.

La Scuola di Monaco è l'esempio calzante di un produrre cinema al di là di logiche di colonialismo commercia-le, puntando a creare tecnici e autori del proprio paese e all'interno di un percorso che il cinema europeo sta svelando con coerenza da ormai qualche anno. E questa logica di radicamento accomuna esperienze rilevanti ad un'idea di cinema che cova in seno ad Anteprima; idea che emerge frammentaria ma che possiamo tentare di svelare con una buona dose di compiutezza: il mezzo cinematografico è in grado, per i suoi caratteri tecnici, per l'attenzione che suscita, di estendere, approfondire e penetrare la realtà che ci circonda.

Esso può essere per ciascuno di noi la scoperta del mondo (l'America?), la scoperta di forze vitali, della fecondità della natura, delle possibilità dell'uomo. Così non più un mito simbolico o uno schema intuitivo di un aspetto della vita, ma tutta la vita, nel suo sfondo naturale e nella sua concretezza umana, può divenire spettacolo, e spettacolo indicatore di soluzioni ai problemi della realtà. Questo spettacolo (la visione) in cui l'uomo è messo in presenza di tutta la realtà, diviene coscienza aperta ed attiva di fronte e all'interno della realtà quotidiana.

L'uomo e il mondo si ricongiungono non nel mito, ma nella realtà diventata spettacolo all'uomo che vi si riconosce. Il Cinema può ridare all'esperienza la sua schiettezza e alle cose la loro vitalità; può fare apparire dietro gli schemi (o sullo schermo) di una triste scenografia che inquadra, impoverendola, la visione quotidiana dell'uomo comune, l'esuberante ricchezza della realtà. Ricchezza che è vita e poesia delle cose, è prospettiva aperta dell'esistenza, del crearsi continuo e solidale del mondo degli uomini così differenziato di aspetti e valori.

I nove anni di Anteprima, festival introverso, convivia-le, lontano dalle sfarzose mondanità ma attento al nuovo, al minimale come al macroscopico, alla Metropoli Balneare come al Borgo Rurale, rivelano questa sottile costante convinzione.

Senza titoli[modifica | modifica sorgente]

Di Gianni Volpi

Nonostante tutto, Anteprima - festival sempre nuovo, che sembra sempre cominciare - ha quasi dieci anni. Quasi una tradizione. Quasi un’istituzione. In realtà, resta ciò che è sempre stata, un appuntamento, una data (più o meno fissa), uno spazio d’incontro e di riscontro possibile.

A precluderle ogni ufficialità c’è il suo budget (quest'anno appena meno povero da dare vertigini di lusso; ma sul costo di festival, eventi - non tutti così necessari - che hanno sostituito i cineclub degli anni Settanta a costi decuplicati e senza più circolazione dei prodotti, bisognerà avere il coraggio di intervenire sfidando il nostro spirito di consorteria) e c’è la sua unica trasversalità, una trasversalità tecnologica (che è una continua, paradossale sfida con le ormai mitiche Arene, con il mitico e carico di memorie cinema Astra e i suoi incerti 16mm: una sala davvero all’altezza del progetto resta l’ultimo problema materiale di Anteprima), un attraversamento deliberato di generi, durate, atteggiamenti, di autonomia come valore in sé e di indipendenza come fase transitoria, preparazione, attesa, presentazione per il Cinema: la sua contraddittorietà.

“Spesso, ai margini, c'è qualcosa d’importante”, teorizzava Emnst Bloch. E’ stata la ragion d’essere (forse, la consapevolezza) di Anteprima. Altre realtà, altre sensibilità. E le loro espressioni. A volte, importanti davvero. Non fiori fecondi ad uso di esteti garantiti, fiori spontanei come in comode nostalgie selvagge, ma qualcosa (spesso pagato di persona dagli autori) che possiamo riconoscere, in cui ci possiamo riconoscere. Bellaria, come non mai, è anteprima, figure “storiche” e “scoperte” di appena ieri tornano quest’anno a competere, assieme a nomi ancora sconosciuti con le loro spinte di immaginario, di narrazione, dissonanti. Ma è anche retrospettiva (i panorami talora noti, più spesso sorprendenti che ci abbozzano allievi e “maestri” della Scuola di Cinema di Monaco) e propositiva di qualcosa già visto e magari premiato altrove e riproposto in una sezione a sé come esperienza o soggetto o ricerca comunque “da vedere”. Ma la stessa selezione per il Concorso (una proposta dilatata come la rana di Esopo: ben 221 film e video sottoposti al nostro pre-giudizio e pregiudizio; un rapporto abnorme di scelta, di uno a venti, e con una parte degli esclusi si potrebbe forse mettere insieme un’altra Anteprima, non meno interessante, non meno autoriale) non diventa essa stessa un‘ riconoscimento, un marchio, un’ipotetica proposta oltre i tanti segni e incroci? E intanto il “Casa Rossa”, anno dopo anno, allinea i pochi nomi giusti di un cinema giovane non di ricalco, che a volte può sembrare costeggiare la norma ma non rinuncia a inseguire, con più radicalità, con meno radicalità, “miraggi” sconosciuti ai troppo presto “inseriti”.

Niente linee o scuole, teorizzate prima di esistere, dissolte prima di produrre frutti, ma una ricerca di valori di scrittura e di realtà, così locali e così personali. Non confondibili. I torinesi (di seconda immigrazione) delle fiction-verità di Segre e allievi, i fiorentini autoironici e auto giustificazionisti di Staino, i palermitani “fissati” da Ciprì e Maresco, gli stessi napoletani da commedia-non commedia di Decaro, certe cadenze di parlato e di esistenza emiliane, certe “illuminazioni” lombardo-venete, e certe figure alte o basse, ma tutte a loro modo centrali, di una centralità non scheggiata ne modaiola, secondo una tradizione di Anteprima.

Oggi, c'è una necessità di più. Dopo un decennio, il cinema indipendente - e, con esso, Anteprima - si trova in una fase di uscita, di bisogno di uscire dal ghetto dell'invisibilità diffusa. Indipendenza, scelta o imposta, non significa isolamento, significa autonomia, capacità di stare nello stesso tempo dentro le cose e fuori dalle cose quali sono. E l'attualità di un celebre aforisma di Adorno sul barone di Münchausen che si tira fuori dallo stagno afferrandosi al proprio codino.

Un gesto materiale, concreto di utopia, di follia attiva, non arresa. E allora perché non lavorare a un "mercato" per il "corto" - il corto non necessariamente breve, della durata che prescrivono i manuali e le leggi di "aiuto" al cinema, ma in quanto non è la fiction canonica, standard produttivo e attori riconosciuti, e così via. 'Il "corto", tutto ciò che sta tra i dieci e i quaranta minuti, se non tra un minuto e un'ora (che è poi la misura dei prodotti presentati a Bellaria), invece del lungometraggio "impossibile" (e quasi tutti scartati; ma anche i più fortunati e riusciti per ora restano su una "mattinata" veneziana e una distribuzione aleatoria). Perché non deve trovare i suoi canali di sbocco come in qualche altro paese europeo? La RAI; i cinema d'essai; i cineclub qua e là resuscitati come "Studio", quando non come "Museo del Cinema"; altri luoghi di un pubblico di nuovo "curioso", che un po' torna a esserci: tutte ipotesi meno astratte, meno casuali, di quanto si possa pensare.

Il corto, come dice chi ha un posto nel "sistema medio-logico avanzato", buca il palinsesto, può mutare i ritmi della séances delle sale. 16mm (che ad Anteprima sono tornati a occupare metà Concorso) subito usabili per antica convenzione, per comodità di proiezione, per il feticcio della pellicola, perché ricordano il Cinema, il film, e un video uscito "dall'ingorgo tecnologico", narcisismo degli strumenti, per tentare una "possibilità di rappresentazione", il dispiegarsi delle differenze.

Ormai "genere a sé", presente e vincente anche nei Grandi Festival, parte essenziale e misconosciuta (che comincia appena a essere riconosciuta da giurati e critici e - ma non da noi - da "televisivi") del cinema dell'ultimo decennio, possono rifondare un nuovo possibile "consumo", non ripetere l'underground. Non poche questioni importanti di questi anni si sono spente prima di divenire risposte (è il cattivo costume di tutta la vita pubblica). Questioni non "superate", ma respinte ai margini come "démodées". Tornano sotto altre apparenze. Impongono i loro tempi. Il loro tempo, "più veloce più lento, né l'uno né l'altro", come intitolava un racconto inedito appena ritrovato del grande Chandler, che preferiva nella musica, nell'amore, nel ritmo di un cinema e di un festival (aggiungiamo) un perfetto "presto ma non agitato". Una "dose ragionevole di audacia". Un bel programma per cineasti indipendenti e per Anteprima, lasciato da uno scrittore che ha saputo "passare il Rubicone" di tante esclusioni. E il Rubicone, secondo ricerche recenti, non scorre, non si "passa" tra Bellaria e Igea?

Premio Casa Rossa al miglior film dell'anno[modifica | modifica sorgente]

Concorso anteprima[modifica | modifica sorgente]

Proposte[modifica | modifica sorgente]

Concorso 3 minuti a tema fisso (Made in Italy)[modifica | modifica sorgente]

  • Io so di Alessandro Amaducci
  • In onda di Mariella Arena
  • Interno tedesco di Mimmo e Alex Avellis
  • Zampa di Milano di Pietro Balla, Giovanna Massimetti, Carlo Scarrone
  • W W L’ apartheid di Pietro Balla, Giovanna Massimetti, Carlo Scarrone
  • Made in Italy (il ventaglino) di Maurizio Barcia, Bernd Gòrner
  • Un santo tutto Made in Italy di Lena Baronio
  • A Claudio Villa (original sound) di Marco Bedini
  • Made in Italy by Beltrami di Carlo e Gianni Beltrami
  • Enrico Ghezzi in slow motion di Roberto Bernasconi
  • Novantanove canali di Roberto Bernasconi
  • La pizza di Renata Berti
  • Shot in Italy di Alain Bichon
  • Matteo in Italy emozioni alla deriva di Stefania Binato
  • Macchinette difettose ovvero senza l’amore c'è sol la menzogna di Massimo Blandini, Davide Lo Verde
  • La cazzimma di Aldo Bluso
  • Ciao, sono un amico di Emanuele di Maurizio Bonetali
  • Carta straccia di Luca Bottoni
  • Finestre azzurre di Marilù Cafiero, Giovanna Massimetti
  • Il paese dei balocchi di Marco Caldiron
  • Pax-Max di Alberto Callari
  • Non si può andare avanti così di Giancarlo Campagnani
  • Immagine e somiglianza di Umberto Cantone
  • Tesori d'Italia di Paola Caputo, Alessandra Tomei
  • Made in Italy non funziona di Mauro Carli
  • Occupato di Silvia Casadei
  • La prima volta di Deborahh di Tiziana Ciancietta
  • Depression napoliten di Domenico Ciruzzi
  • Torna a Surrientu di Francesco Colonnelli
  • Giulio X di Salvo Cuccia
  • Mocca di Cristina D’Osualdo, Giovanna Martinelli
  • Matrimonio Made in Italy di Roberta Davoli
  • Made in Italy di Giacomo De Bastiani
  • Made in Italy di Domenico De Vito
  • Coincidenze di Emanuela Del Monaco
  • Cartoline dall'Italia di Pasquale Di Ianni
  • Ladri di mountain bike di Stefano Dongetti
  • Onnivori di Fabio Ferrari, Roberto Lavini
  • Chiusi fuori di Giuliano Fiorini-Rosa
  • Finchè la b... va di Angela Galeotti
  • Sabato (c’ è qualcosa nell’aria) di Stefano Giovagnoni
  • Made in Italy di Marina Gramaccioni
  • Perchè non parli di Roberto Lagonigro
  • Bec tu de fiuciar di Giovanni Lumini
  • Contrasti di Elisabetta Luzzardi
  • 1945-1990 - ricordi ed emozioni di Carlo Magri
  • Girarrostico di Domenico Maida
  • Non abbiamo più l’età di Cristina Manzoni
  • Made in Italy di Giuseppe Marcoli
  • Souvenir di Silvana Martina
  • Vacuo di Giampaolo Mattiello
  • Made in Italy di Riccardo Mazzon
  • Made in Italy (ipotesi di una sigla) di Francesco Mazzuoli
  • Francesco di Marco Mencacci
  • La signora di William Molducci
  • Sformato in Italy di Francesco Montelli
  • Pazzel di Giovanna Ori, Jonathan Degani, Andrea Tommesani
  • Fratelli d'Italia di Benedetto Parisi
  • Fatta in Italia di Lorenzo Perrone
  • Maiali di Lorenzo Perrone
  • Medinitaly di Vanni Perrone
  • Quel ricordo impossibile di Antonello Pesenti
  • Ma tte in Italy di Monica Petracci, Giovanna Zanchini
  • E bravo Goffredo! di Andrea Piazza
  • Strangers (straniere) di Carola Picciotti
  • Piove... di Maurizio Pleuteri
  • Il giorno della Calabria di Domenico Polimeni
  • Il bel paese di Marco Pozzi
  • Calcio di rigore di Marco Pozzi
  • Spot Italia di Virgilio Prosperi
  • Callaghan di Roberto Quagliano
  • Simboli di Raffaele Rago
  • Made in Italy di Ralenti Cinema e Video
  • Bonvacanz di Enrico Rimoldi
  • Terminal quartet di Daniela Robuschi
  • Il tifoso di Daniele Rossi, Stefano Giottoli
  • Made in Italy o Ylati ni Edam? di Monica Rossi
  • Telefoni italiani di Pierluigi Sabbioni Bonfatti
  • La melanzana di Eugenio Sandri
  • Un nome una storia? di Luca Sartini
  • Viaggio in Italia di Schermo bianco
  • Il sogno di Pasolini di Schermo bianco
  • La notte in cui tutte le vacche sono italiane di Schermo bianco
  • Rouge à levres di Giuseppe Selva
  • La ruota di Piero di Lello Sguanci
  • L'altra Calabria:- Sibari-Altomonte di Paolo Sorrentino
  • Comunismo Made in Italy di Giovanni Spada
  • Arrangiarsi di Lorella Stortini
  • Tirami su di Daniela Tani
  • Doppio taglio di Alessandra Tognazzi
  • Made in Italy di Valentina Tosoni
  • Non c'è titolo di Davide Troncossi
  • La vita di Benedetto Valdesalici
  • Come si sta senza Susanna di Paolo Vernaglione
  • Niro niro di Marco Zaffaroni

Concorso metropoli balneare[modifica | modifica sorgente]

Retrospettiva la scuola di monaco[modifica | modifica sorgente]

  • ALABAMA - 2000 LIGHT YEARS (ALABAMA - 2000 ANNI LUCE) di Wim Wenders
  • ALBERT - WARUM? (ALBERT - PERCHE??) di Josef Rédl
  • BOURBON STREET BLUES di Douglas Sirk
  • DOPPELSPIEL (DOPPIO GIOCO) di Spiro Taraviras
  • DER ERSTE WALZER (IL PRIMO WALZER) di Doris Dérrie
  • DAS GESICHT (IL VOLTO) di Cinzia Torrini
  • DER HENNESSY - PREIS (IL PREMIO HENNESSY)
  • JOSEFINE di Susanne Aernecke
  • LAUTLOS (IN SILENZIO/SENZA FAR RUMORE) di Katja von Garnier
  • DER LÙGNER (IL BUGIARDO) di Mika Kaurismiiki
  • REISE FÙR DEN BLASSEN MANN (IL VIAGGIO DELL'UOMO PALLIDO) di Rainer Kaufmann, Susanne Schlegelmilch, Ayse Kémiircuoclu, Radu Simounescu, Sénke Wortmann
  • SALZ FÙR DAS LEBEN (SALE PER LA VITA) di Rainer Kaufmann
  • TOMMY KEHRT ZURÙCK (IL RITORNO DI TOMMY) di Ulrich Edel
  • UNTER FREUNDEN (TRA AMICI) di Anno Saul
  • WEIHNACHTSMARCHEN (FIABA DI NATALE) di Bernd Eichinger
  • ZARTBITTER (TENEROAMARO) di Ute Krause
  • DER ZAUBERLEHRLIG (APPRENDISTA STREGONE) di Dieter Deventer

Spazio Aperto[modifica | modifica sorgente]

Lo spazio della satira[modifica | modifica sorgente]

Anteprima per il cinema indipendente italiano inaugura una sezione dedicata alla satira in video con 5 puntate di un programma realizzato da Daniele Ciprì e Franco Maresco, in cui recitano Mafiaman & CO.

  • Stanley’ s room n°1 (video)
  • Stanley s room n°2 (video)
  • Deposito n°38 (video)
  • Verso Vertov: appunti necropolitani (16mm b/n)

Comunicato Mafiaman[modifica | modifica sorgente]

Mafiaman, di Ciprì & Maresco, è lo squallido sub-eroe che la miserabile “Cinico Tv” di Palermo ha lanciato nell’estate del 1990. Che cosa si propone Mafiaman? Mafiaman si propone, nell’italiaccia ipocrita e finta umanitaria dei Costanzo&C., di riabilitare, rivalutare, incoraggiare la Canaglia e il Gaglioffo che ogni autentico italiano si porta dentro. Mafiaman è un Liberatore, come Garibaldi o Michele Greco.

Cinocinema[modifica | modifica sorgente]

Ho perso il “saggio”, mai finito, scritto per un’altra occasione, e questa poteva essere la volta buona per finirlo ... Ho perso quel che avevo già scritto a proposito della tv e del video “cinico” di Ciprì e Maresco daPalermo e in Palermo. Cinico è vicino, aveva cominciato a intitolarsi. Ma vicino a dove, a cosa? O “da” cosa? Come se si potesse dire “sta vicino da me!”’, dando alla vicinanza quella distanza che ha sempre la “vicinanza” e non può non avere a meno che non diventi identità, amore, annullamento di qualunque distanza e dimensione. So perché non ho “finito” di scrivere quel pezzo. Competitivo, avvertivo l’inanità di voler stare al passo della loro cinétv, della loro produttività seriale, del loro entusiasmo disperato, del massimalismo minimale che li porta (come un'entità blob) a funzionare da macchina bellica sempre pronta, pronta anche a accarezzare naturalmente, a esibire una terribile pietà. Ogni facilità del gesto minimo e della bella inquadratura piombata dalla bianconerizzazione video è evitata e sfondata dalla ripetizione, dalla profusione, dalle linee divergenti che trafiggono di volta in volta i “characters” continuamente coinvolti e ritornanti. Il rischio, per me (felicemente corresponsabile, con FuoriOrario e poi Blob, della loro “diffusione”) e per gli altri che li amano, è di usarne l’evidente qualità “altra”, le durezze ideologiche, la diversità rivendicata, la commistione alto/basso sofisticata e immediata. Facilizzarli, mitizzarne l’alterità televisiva (subito naturalmente o innaturalmente “accolta” anche - per esempio - in altri programmi di Raitre). Mentre Cinico non è un insert, non è qualcosa che si inserisce a forza magari subliminalmente e di nascosto. Cinico è già (stato) teoria, è già stato programma, serie di programmi in una tv di Palermo. E’ già l'archivio di se stesso, costituito in una memoria cinica che non può più lasciarci e non può lasciare neanche loro (loro, gli autori e gli “attori” di Cinico). Tutte le singole molecole e unità del loro lavoro, spessissimo in forma di frammento, consegnano l’idea di una brevità (e certo, sì, anche la brevità di un’idea) e la sensazione forte e fenomenologica di una durata, fossero anche trenta secondi. Derisoria e selvaggia, la fauna trovata e inventata da Cinico sembra sostituire qualunque narratività (se mai parodizzata, o evocata nelle parodie seriali e di generi tv), e compie il prodigio di attraversare alla fine (sommando i viaggi visivi e le apparizioni) uno spazio in partenza violentemente e stupendamente figurativizzato, usando la semplicità tecnica delle ottiche per immobilizzare l’illusione di una vita in movimento dentro linee prospettiche assolute e obbligate, per movimentare “quadri” che sembrano spietatamente cristallizzati (penso ora a un recentissimo “trenta secondi” dove il ciclista immobile sul fondo di uno strano castelletto isolato lascia vibrare in noi la domanda se davvero di un fondale fotografico si tratti (già la domanda è iperbolica, è folle e strano che uno se la ponga di fronte a un video come questo ... ) e poi un uccello entra dal nostro fuoricampo, si posa svolazzando sull’edificio, sollevandoci; a meno che, ancora più “stupido” di noi ... ). Più ancora che monumenti sparsi nel territorio “Palermo”, singoli oi gruppi di Cinico sono “il” monumento del territorio-palermo, la rete che ne resta, la topografia folle lucida della città. Città automaticamente già “post”, rovina (di senso) abitata, senza senso abitata. La scelta costante del biancoenero, oltre a filmizzare il video e a circoscrivere il colore (mi pare, mi sembra; ricordo) alla realtà più tipicamente televisiva di alcune vecchie trasmissioni in diretta da studio ora interrotte, contribuisce a racchiudere le violenze “genet/fassbinder” in cornici di rigore beckettiano. Al suono (oscillante tra jazz puro e duro che si duole di non poter essere davvero free e flagranza memorialistica del dialetto, oltre a alcune durate di rumore di fondo urbano/Iynchiano) è lasciato il compito di formalizzare il gioco, di ratificare a volte, di non lasciare a noi solo l’insostenibile evidenza e aggressività dell’operazione, di blandirci in un’eco di bellezza e di forma, in attesa di finali improvvisi e rapidi o di lenti svanimenti (lo spogliarello sempre più spellato e sfatto e vicinolontano di Dedicato a Enrico ...). Perchè infine (e dico “fine” solo perchè vorrei provarci a finire, in omaggio alle tipografie d’agosto che attendono, e lo dico perchè se no mi metterei a (non) spiegare perchè Cinico mi rammenta a volte Stockausen, a volte Albert Ayler e a volte addirittura se stesso il che è più grave o importante) la selvaggeria temperata e quindi potentissima di Cinico - immaginare appunto immaginare monumenti ma anche paesaggi interi animali televisori che sembrino avvolti da una sottile pellicola monumentale e raffermante ma lottino per uscirne spingano si stirino urlino ... - è già in stati diversi e si apre a soggetti diversi. Formalizzata e chiusa in attimi kubrickiani rivela poi di essere parte di un’impalcatura architettonica impressionante, o di un bellissimo zampillare umorale, e i tronchi già squadrati fluitanti di fronte a noi attendono anche di essere prelevati - se vogliamo -, tolti dalla corrente, immessi in un’altra. Non cercato, il cinema diventa un destino, come la televisione non era una condanna nè un mezzo ma appunto uno “stato”, il territorio del canale, scala seriale attraverso cui i ciclisti salivano i gradini dell’assurdo della fiction ... Più volte cambiato, il titolo del loro primo pezzo in pellicola, luglio 1991 (ovvero a specchio, come a Bellaria, video/cinema cinema/video), Verso Vertov, indica un “vettore” inatteso, una direzione sospesa, tra tecnica e umanismo, tra politica e estasi del guardare. Da cinici filosofi con in mano e negli occhi e nelle orecchie e nella pelle una macchina da presa che è lei già in parte quest'uomo, questo cinismo. La mano. Mane tekel phares. La macchina da presa tiene in mano l’uomofilosofocinicocineasta, ma Cinico non molla la presa a sua volta; chi tiene cosa si vedrà (si vedrà? Chi o cosa lo farà vedere?). Imbricazione. Accelerazione. Ubriacatura. Vertigine. Immigrazione nel cinema pronti a riemigrarne, a “non durare” perchè si è troppo duri, immigrati, negri, puri, soli, sporchi. Buoni e cattivi. (E poi, prima di tutto. L'invenzione assurdista e precisa di Mafiaman mostra - come già Loro di Palermo - in nitidezza assoluta un processo quasi inverso rispetto alla riscoperta neoneorealista e in realtà posttelevisiva postmoderna del “sociale” (vedi proprio il cinema “su” Palermo ...). Trangugiato il bicchiere hitchcockiano colmo di virus televisivi, forse già “mutati” per antidoti o mitridatizzazione, avventurarsi dentro le immagini come se fosse “realtà”, con la stessa serietà assoluta, con lo stesso gusto della derisione giocata fino in fondo...). Cinemacinico. Cinema anarchico, fatto di apparizioni solide.

LORO DI PALERMO: LA PAROLA A CIPRI’ E MARESCO[modifica | modifica sorgente]

Il nostro lavoro non è un surrogato del cinema, ma utilizziamo il video come linguaggio, come arte indipendente. Lavoriamo su uno stereotipo: inquadratura ferma, bianco e nero, senza virtuosismi, perchè importante è la forma ... Non abbiamo mai perduto di vista il fatto che siamo al tramonto della parola e dell’immagine. Subentrerà la realtà virtuale che cancellerà l’artista. Sarà possibile la simulazione della realtà che si vuole possedendo soltanto una tuta e un paio di occhiali ... Raccontiamo un mondo di derelitti, di mostruosità, di mostri belli. Un mondo in cui si nega il desiderio e quindi la donna. Così i nostri personaggi sono venati di misoginia anche se abbiamo fatto Avanzi che è la tv delle ragazze ... Nell’Italia addormentata Palermo è una città ideale, perchè la si conosce meno ... La sua lingua, la sua cultura. E’ una città che sembra vergine: chici arriva per primo fa i soldi. Se uno vede La Piovra, pensa che i delinquenti siano così, che quella sia la psicologia del criminale, del mafioso. I palermitani ridono quando vedono cose del genere. I ragazzi si divertono a vedere Mery per sempre, perchè vedono i coetanei che conoscono e sentono le parolacce dette ai poliziotti ...

Ciprì & Maresco: una bio-film-videografia[modifica | modifica sorgente]

Daniele Ciprì (Palermo, 1962) e Franco Maresco (Palermo, 1958) lavorano insieme dal 1987. Hanno realizzato diversi cortometraggi, tutti in bianco e nero. Collaborano, dal 1990, con Rai Tre (Avanzi, Fuori orario,‘ Blob). Sempre nel 1990, nell’ambito del Festival di Bellaria, vincono il concorso Tre minuti a tema fisso. Nel 1991 la rassegna Filmaker ha dedicato loro una personale. Sono anche gli autori di Mafiaman, il supereroe di Cosa Nostra. Di Mafiaman esiste anche una versione fumetto affidata al disegnatore satirico Franco Donarelli. Hanno partecipato con Verso Vertov: appunti necropolitani al XXI° Festival Internazionale del Cinema di Taormina.

  • 1988 Così (video) 1989 Pasta e patate (video)
  • Trinidad (video)
  • 1990 Mai (video)
  • Illuminati (video)
  • 1991 Oreto-Ovest (video)
  • Ornithology (video)
  • Il deserto dei gobbi (video)
  • Amici (video)
  • Addio o arrivederci (video)

Premi[modifica | modifica sorgente]