2000

Enti Promotori[modifica | modifica sorgente]
- Comune di Bellaria Igea Marina Assessorato alla Cultura Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Dipartimento dello Spettacolo, Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini
- Sindaco: Gianni Scenna
- Assessore alla Cultura: Ugo Baldassarri
- Dirigente Settore Cultura: Stefano Coppini
Curatori[modifica | modifica sorgente]
- Direzione artistica: Enrico Ghezzi
- Coordinamento: Marzia Milanesi
- Selezione e programmazione: Francesco Di Pace, Stefano Francia, Enrico Ghezzi
- b(e)moviegarage è a cura di: Alessandro Riccini Ricci, Gloria De Angelis, Antonio Venti
- Lumière è a cura di: Ciro Giorgini
- Direzione organizzativa: Antonio Tolo
- Allestimenti, redazione catalogo: Andrea Menghi
- Segreteria, ricerca film: Annamaria Gradara
- Ospitalità: Michela Mercuri
- Ufficio Stampa: Marzia Milanesi, responsabile; Barbara Sassano, assistente; Catia Donini, locale; Paolo Pagliarani, locale
- Quotidiano web di (anteprimaannozero): Catia Donini, Paolo Pagliarani
- Proiezioni: Brenno Miselli, Angela Miselli, Mario Ferretti
- Proiezioni video: Marco Tomasin
- Sottotitoli virtuali a cura di Zero in Condotta (PG)
Presentazione[modifica | modifica sorgente]
di Gianni Scenna (Sindaco) e Ugo Baldassarri (Assessore alla cultura)
Se Bellaria Igea Marina fosse stata in cerca di una rotta pacifica per la 18° edizione del proprio festival non avrebbe chiamato Enrico Ghezzi a dirigerla. Abbiamo però pensato che raggiungere la maggiore età attraversando il portale dell'anno zero zero chiedesse avventura e provocazione: in questo, la sintonia con Ghezzi è stata praticamente perfetta. Dove va questo festival? Verso Internet e il cinema sintetico, verso una rete che sovverte o annulla la possibilità di pensarlo come alto e basso, come vecchio e nuovo, verso un azzeramento salutare, verso prodigiosi recuperi. In altre parole, non sappiamo dove va perché l'esplosione della tecnologia inventa nuovi soggetti e disegna rotte infinite in tempo reale. Anteprima Anno Zero (con un passato che però prova della sua vocazione sismografica) ne dà ora testimonianza precisa ed è felice di farlo.
Il fantatasma della libertà[modifica | modifica sorgente]
di Enrico Ghezzi
Troppi anni fa, introducevo un'edizione di questo festival - da sempre dedicato al ‘cinema indipendente’- chiosando: ‘indipendente.. dalla propria volontà’. Non era un paradosso, ma insieme una constatazione e un auspicio. Oggi, provando a rigiocare il gioco riscrivendone giocando le regole, mi vien da dire: il cinema indipendente dal cinema. Anteprima Anno Zero, infatti. Il fantasma di Rossellini proprio come indipendenza quasi sprezzante dal cinema. E il fantasma di Kubrick ci ha consegnato nella finesecolo del finemillennio esattamente la (s)fine del cinema: eyes wide shut, gli occhi spalancati sbarrati da/in un'immagine che non possediamo. L'incarnazione del cineasta autore che fa “il cinema che vuole e come lo vuole’ si muta nella straordinaria meravigliosa incertezza quasi dilettantesca e certo ‘incompiuta’ dell’ultimo film. Il cinema d'autore, e insieme il cinema più ‘indipendente’ estremo di frangia, patisce intensamente la situazione azzerata dell'orizzonte digitalsintetico, la sente e la risente. Anteprima Anno Zero (che forse non avrà bisogno di diventare Anteprima Anno (Duemila)Uno) costeggia questa crisi, questa apertura, questo sentire. Lo fa intanto per sprazzi e sortite. Restando ancora molto vicino (per provenienza e destino) a quella parte di cinema chiamata (ancora) cinema. Ma buttandosi in pieno nella tensione (o procedendo in punta di piedi sulla corda tesa) tra il fortissimo procedere verso una smaterializzazione dissoluzione sparizione dell'immagine (e, ancor più, della ‘macchina-cinema'’: appunto nell'orizzonte sinteticodigitale e nella distribuzione/condensazione in rete..) e il non meno forte dibattersi e rinsorgere del corpo all'interno dell'immagine (anche e soprattutto quelle più formate e d'autore). Se ancora ci sono i tentativi, le passioni nascenti, gli ‘anni zero’ dei giovani o irriducibili cineasti (come nel concorso e in altre sezioni), è proprio alla sparizione/trasformazione di questo stesso cinema in uno spettro più ampio e disperso che si dedica un più paradossale spazio. Così lo ‘sprofondare’ del cinema e degli stessi film nell'e-movie, nel ‘cinema in rete’ istantaneamente (..?..) diffuso e fruibile fatto/visto/sentito, visto mentre si fa e (dis)fatto mentre (non) si vede. O, al contrario, le tracce del corpo ‘hard’. E nei film ‘ritrovati’ (le due ‘anteprime trent'anni dopo dei film di Scavolini) si affaccia curiosamente lo stesso senso di sparizione e insieme di ‘tortura’ del corpo del cinema: due film ‘scomparsi’, mai ufficialmente distribuiti in quanto bloccati dalla censura in modo totale (come stava per accadere, per l'ultima volta, con Totò Che Visse Due Volte di Daniele Ciprì e Franco Maresco, che non per caso salutiamo in giuria). Come ‘ritrovato’ è anche il ‘cinema’ che vediamo tutti i giorni e che ci fa credere di ‘conoscere’ il mondo mentre neanche lo riconosciamo come cinema: le immagini del tallonamento ventennale dell'Etna da parte di un grande ‘teleoperatore’ che ‘tocca’ gli elementi proprio nel momento in cui il cinema digitalvirtuale simulfinge (‘sintetizza’) la trasparenza stessa degli elementi. (Inter(r)uzione - aggiornamenti e disfacimenti dell'ultimo istante: premio Casa Rossa per il miglior film indipendente dell'anno. Verrà assegnato entro l'anno da una giuria ristretta che lo sceglierà tra i titoli di una ‘cinquina’ proposta dalla direzione artistica. Lo spazio, la dimensione, lo spazio senza dimensioni de La Fiera delle Vanità: nei limiti del (l'im)possibile, ci piacerebbe appunto lasciar campo fino all'ultimo respiro al desiderio, alla vanità stessa degli autori.. anche una cosa girata il giorno prima o il giorno stesso a Bellaria potrebbe essere mostrata.. Scompaginare in diretta il festival ancor prima che si impagini davvero. Et verba et scripta volant, e le immagini volino, senza mai precipitare già troppo precipitate in sé nella loro chimica..). Tutte le questioni, nell'azzeramento, si ripropongono, sfinite e insieme ‘per la prima volta'. Di fronte all'immensa ‘pagina bianca' aperta dai milioni di telecamerine digitali che avverano/ inverano di colpo dopo più di cinquant'anni la profezia della ‘camèra-stylo’, si avverte per la prima volta la paura di questo smisurato invisibile ‘fantasma di libertà‘. In teoria, un quindicenne sgrammaticato o un appassionato pensionato hanno la possibilità di essere visti dallo stesso pubblico (non solo in rete, ma anche nei cinema, nei festival: è questa l'unica lezione affascinante - sovversivosituazionistica- del peraltro brutto bruttissimo ‘film truffa' The Blair Witch Project) di un film di Spielberg (che infatti a sua volta entra distribuisce e ‘cerca’ in rete..), di fare un film usando la stessa tecnologia digitale di base e raggiungendo una qualità paragonabile a quella di UN von Trier. Tra dogma (bisogno spasmodico, banale e ammirevole di nuove regole e di nuove sacralità spettacolari) e libertà, striscia un salto di dimensione. Lo stesso homemovie più povero (oggi quello delle webcam..) non è più home, ma ‘world’, quando può essere visto simultaneamente da centinaia o migliaia di occhi in ‘case’/postazioni sparse In tutto il mondo. Si delinea una situazione di performance colletti va dove ipoteticamente il cinema si dilata e dissolve in un fantasma di spettacolo fatto.. da tutti per nessuno (oltre il movimento televisivo dello spettacolo ‘prodotto da nessuno per tutti’). Anche la nostra giuria (cui volutamente abbiamo continuato a rendere il compito difficile proponendole insieme lungometraggi di fiction e divagazioni personali, cortissimi animati e flagranze di cinema atteso e trovato nelle cose..) si troverà di fronte a questo fantasma della libertà, e ne sarà parte (insieme con chi interverrà, filosofi scrittori musicisti registi.. all'incontro di Bellaria). Non tanto -noi tutti all'annozero- in attesa di ‘miracoli' (“il miracolo” è il tema del concorso video "150 secondi”), quanto trafitti dall'obbligo/possibilità/ speranza/orrore di riconoscere nel “gerundio presente” del cinema che sparisce la malinconica nostalgia del presente assente.
Concorso[modifica | modifica sorgente]
- Ai cappellari di Margherita Caron
- L'albero di Costanza Quatriglio
- Le ali ai gabbiani di Pasquale Marino
- Un'aria scura di Alberto Momo
- Atomique di Filippo Timi
- Bees di Luigi Mercanzin, Alice Frizzarin
- Briganti di Filippo Ricci
- Come se fosse niente di Davide Bini, Fabio Bianchi
- Dove sono stato di Mauro Santini
- Greta di Luca Patrizi
- Io di Antonio Di Trapani
- L'isola del tesoro di Elisabetta Sgarbi, Paolo Mosca
- Jing - Il pozzo di Stefano Milla
- Keine will hoch hinauf - Nessuna vuol salire fin lassù di Michaela Papst
- Limbo di Roberto Di Vito
- Ma la terra no di di Pippo Incognito
- n.3 di di Giada Colagrande
- Nella polvere di Roberto Dordit
- Quello che posso permettermi di Andrea Porporati
- Regina Coeli di Nico D'Alessandria
- SNS - Una notte, un giorno, una notte di Giulio Bursi
- Springs di Gabriele Sposito
- Storia malata di Federico Rizzo
- The fable di Antonello Matarazzo
- Ultimo squalo: fermate il massacro di Walter Salami Jr.
- Vietato scappare di Giorgio Carella, Paolo Cognetti
150" a tema fisso "Miracolo"[modifica | modifica sorgente]
- L'ultimo festival di David Riondino
- Le avventure di San Toro di Elio Gentile
- La cultura allunga la vita (cinema) di Mauro Podinj
- Ricevere una grazia di Luigia Vecchiet
- Il santo di Maurizio Failla
- Il miracolo della croce di Paolo Lipari
- Miracolo di Vincenzo Galoppi
- Metamorfosi di Gianni Gozzoli, Gabriele Turci
- Miracolo di Giuseppe Marcoli
- Falene di maggio di Sandro Vasini
- Immagina di Massimo Pulini
- Seminammorbidente di Barbara Seghezzi
- Il miracolo della vita di Chiara Tognoli
- Monetine di Maurizio Quagliana
- Punti di vista di Domenic Caraccia
- You think i ain't worth a dollar... di Luca Tanzini
- Miracolo n. 1 “La folgorazione” di Andrea Fanelli
- Il mistero della trota bianca di Stefano Giovagnoli
- Eli eli lamma sabacthani di Alessandro Spada
- Il manichino di Vito Poma
- 20 piccoli gorghi di Vito Poma
- Ho perso il filo di Claudia Berni
- Example#22 di Monica Petracci
- Procreazione di Domenico Martoccia
- Il miracolo uovo di Dusty Frames
- Miracolo di Alessandro Martinini, Massimo Magnani
Corpi nello spettro dell'immagine[modifica | modifica sorgente]
- Dina & Gillo per Residante - L'Uomo Risacca di Luca Guadagnino
- L'Humanité di Bruno Dumont
- Memorie dal sottoduolo di Daniele Ciprì, Franco Maresco
- Per un breve incontro (scandalosamente dedicato a chi non è ancora nato) di di Tonino De Bernardi
- Pink Prison di Lisbeth Lynghoft
- Shabondama Elegy di lan Kerkhof
- Lo spietato di Asia Argento
- The Hard Trip di Alberto D'Onofrio
b(e)moviegarage[modifica | modifica sorgente]
Frammenti di una rosa olografica[modifica | modifica sorgente]
di Alessandro Riccini Ricci
“...steso al buio e ricorda i mille frammenti della rosa olografica. Un ologramma ha una particolare caratteristica: recuperato e illuminato, ciascun frammento rivelerà l'immagine intera della rosa: [...] vede se stesso nella rosa. Ogni frammento rivela un intero che non conoscerà mai [...] siamo mille frammenti gli uni degli altri.” (W. Gibson)
Che cos'è/cosa potrebbe essere il cinema al tempo di internet? Siamo alla nascita, alla rinascita o alla mutazione del cinema? ... b(e)moviegarage come B-movie o e-movie ovvero un cinema che non ha ancora dignità di cinema. b(e)moviegarage come un cinema perfettibile, pionieristico; b(e)moviegarage come be movie ovvero ‘diventa cinema” ovvero “sii cinema” ovvero “essere cinema”... b(e)moviegarage ...come progetto, ipotesi, non certo una mappa (come sarebbe mai possibile), di navigazione alla ricerca delle immagini in, dell'immagine di internet... fuori dai titoli altisonanti dei giornali che, sulla scia di alcune parole d'ordine come Nasdaq, new economy e e-commerce, creano eventi anche intorno al vuoto... e dentro al processo di smaterializzazione del cinema proprio nel suo compiersi... nel suo veloce dissolversi e vaporizzarsi... l'affermarsi del digitale, delle handycam, il falso accesso alle immagini (poter riprendere tutto ma vedere che cosa?), l'abbassarsi dei costi di produzione, sono direttamente collegati alle nuove possibilità offerte da internet, come se uno fosse conseguenza dell'altro... ad una prima navigazione sembra subito evidente come parlare ancora di cinema sia così riduttiva e che l'ibridazione delle immagini, delle forme narrative sia tale da intravedere nuove realtà, nuovi livelli (molteplici e interrelati) della visione e della creazione...
Magazzini e movimenti
Emerge subito la banalità di chi vede nella rete la semplice prosecuzione con altro mezzo di ciò che abitualmente viene fatto nella catena della grande distribuzione... eppure il rischio della rete è proprio questo: nascere già vecchia. La grande contraddizione della rete (mercato globale e luogo delle controculture, degli indipendenti) virtuale non luogo, trova in un angolo di mondo ben preciso una sua condensazione: Seattle. Città di Bill Gates e della Boeing, città del controllo totale dei mercati (microsoft nel software, Boeing nell'industria aeronautica), contiene in sé il virus della rivolta, dell'indipendenza e della sperimentazione. Atomfilms.com di Seattle è l'esempio di quel che saranno le future pay per view della rete: grandi magazzini più interessati all'accumulo di immagini e titoli che non ai contenuti. Oltre cento titoli, raggruppati in ordine alfabetico. Un sito generalista tipico dell'industria dell'intrattenimento on line. Altra storia è quella di microcinema.com e dell'attuale animatore Joel Bachar. Nata da un'esperienza già di per sé marginale, quella dell'Independent Exposure (la proiezione nei parchi, nelle periferie, nei garage e nei fondi di film e video indie), microcinema ha trovato il suo naturale set nella rete dove oggi diffonde on line animazioni, sperimentazioni, videoart attraverso una fitta rete di relazioni dagli Usa a Tokyo, dalla Francia alla Russia. Microcinema è non solo un sito, ma è l'ipotesi di uno sviluppo di una nuova forma di espressione legata al low budget, al digitale, alla produzione appositamente ed esclusivamente pensata per il web e fuori dall'industria dell'intrattenimento, anzi decisamente alternativa.. ... siti che hanno una maggiore definizione ed identità, siti di nicchia che mirano a creare una comunità... si basano sulla creazione di senso condiviso, di una collettività virtuale. Sono delle piattaforme multimediali dove il cinema supera e deraglia dai propri confini ibridandosi con videogames, interazioni, animazioni flash o digitali .... Luoghi diversi dal punto di vista concettuale dai database dell'immagine più tradizionali. Spazi multidimensionali e interattivi, costruibili, assemblabili non solo a partire dall'autore, ma anche dalla dinamicità dello “spettatore”... web cam, videomail, diari...Oltre i movimenti e le web tv generaliste, seguendo la progressiva perdita del corpo del cinema, ecco una progressiva perdita del punto di vista: si arriva fin dentro il privato ed il personale: da un lato le web cam, dall'altro i videomessaggi. Le web cam: stanze e frammenti del proprio personale mondo, dalla propria stanza alla propria cucina, aperti consapevolmente allo sguardo di chi si collega e ha tempo di vedere. Ragazzi che studiano, donne che dormono, pizzaioli che infornano... vedere la quotidianità sapendo che chi guardiamo sa di essere visto, ma che non può vederci. Videomessaggi: attraverso giri di poste elettroniche comuni possono arrivare anche schegge impazzite di visioni e ossessioni. Spesso inviate da indirizzi registrati sotto falso nome, spesso mancanti di visi, legate alla carne, la nuova carne: sono i corti di Lavage. Storie d'amore di seconda mano, corpi e carne che rimaterializzano il corpo del cinema. Cinemacchine on line desideranti. Diari: lettersfromhomeroom.com è la versione on line delle riviste per adolescenti tipo Cioè. Una sorta di diario condiviso tra le due protagoniste, che si scrivono e si scambiano video lettere su gioie e dolori della propria vita. Condiviso con i navi ganti che possono lasciare appuntato sulla bacheca, accessibile a tutti, i propri consigli e i propri punti di vista...
Flash generation
... nelle navigazioni attraverso i siti, i più diversi, incominciano ad emergere delle forme creative proprie dei web. Nate per ed in rete. Parlo soprattutto di Flash, il programma di grafica per eccellenza in internet. Da bechamel.com, raffinato ed elegante esempio di grafica flash al sito italiano dei flasher, fiasher.it appunto. Shockwave.com, casa madre dei programma, è una vera piattaforma e centro propulsivo di nuovi sviluppi: da David Lynch a Tim Burton saranno tra i prossimi autori che si cimenteranno nella creazione di alcune serie televisive. E Stan Lee, padre degli X-man e di Spider Man sta lavorando a due serie a puntate (le prime sono già presenti in rete). La Pop culture dei fumetti, quelli su carta di poco valore, dalle linee decise e dai colori sparati trovano una fusione perfetta con i bite... una ipotesi ulteriore sulla quale si vuole lavorare è la cosiddetta Flash generation, se esiste e se così la si può chiamare: ovvero il ritorno di uno stile, di un sostrato culturale che unisce una serie di autori, giovani (under 30, under 25) che in Flash trovano un linguaggio, una espressione comune. Un'estensione naturale della propria creatività di graffito metropolitano all'animazione Flash...
Frammenti e archivi
... la rete sta divenendo anche il luogo della memoria, o meglio del database: da alcuni Second, Jerry Lewis che sfida Rocky Marciano Westerns.com, il sito dei cinema della frontiera contenente 100 interi film classici westerns. £ ben cercare si trovano, accanto a cortometraggi indie e sperimentali, alcuni dei classici del cinema mondiale: da Hitchcock a Murnau. In versione originale. Immemory: la rete, questa grande intelligenza, collettiva, questo organismo che sembra avere un vita propria e indipendente dai singoli “users", una sorta di creatura dalla infinita capacità di catalogare, testi, visioni ... Immemory: in memori ovvero la infinita capacità di contenere. Immemory: senza memoria ovvero l'impossibilità e l'incapacità di vedere tutto. Ansia di non poter “dominare” tutto. Necessità di dimenticare, necessità dell'oblio...
Distribuzione alternativa?
... Senza guardare alla rete come ad una terra promessa dove gli autori indie trovano finalmente spazio adeguato per le loro creazioni, possiame però dire che la possibilità di avere spazio e recuperare terreno nei confronti delle grandi produzioni distribuzioni è reale. Alla disponibilità di mezzi e risorse dei “grandi” si risponde con la capacità di interpretare meglio le possibilità e il senso della rete: The Last Broadcast o The Blair Witch Project (al di là delle considerazioni sui due film) sono un esempio di come si possa “costruire” un evento dal nulla (sul nulla). The last broadcast, film clone di The Blair Witch Project, ma realizzato prima e non programmato al Sundance, è un film fantasma. Invisibile anche in rete dove non si può vedere che qualche secondo del trailer. Costato 900 dollari, realizzato da Avalos (di origine messicana come Sanchez del film The Blair) e Weiler in video tra i suoi meriti c'è, oltre l'essere stato pensato prima del “fenomeno” The Blair Witch la sua diffusione legata “all'aria”: è uno dei primi esperimenti di film proiettato in più sale via satellite... ma di esperienze simili a The last broadcast e a The B!air Witch Project, ne esistono anche in Italia. Forza cani, scritto da Philopat e prossimamente diretto da Marina Spada, raccoglie attraverso il proprio sito un azionariato diffuso e popolare che permetterà al film di essere prodotto in maniera veramente indipendente...
Un cinema indivisuale.
...ben presto, come già sta avvenendo ora, potremo vedere delle immagini su tutto lo schermo del computer senza che questo significhi vedere delle scacchiere frammentate di tesserine che si muovono con velocità differenti le une sulle altre. Questione di tempo, di poco tempo, di limiti tecnologici che saranno rapidamente superati... ben presto si affacceranno nuovi autori, capaci di controllare tutto il processo produttivo e distributivo dal garage di casa propria e attraverso il proprio computer e la propria DV... Da pionieristica missione di frontiera, ben presto il cinema (?) ibrido di internet porterà i film di domani ad essere ancora più personali, più individuali. E forse anche più veri e più nuovi. Film soggettivi perché individuali, saranno anche d'autore? Alla fine di questo percorso in questo cinema impuro, la domanda che resta è sempre la stessa: perché fare cinema? Che cosa fare?
Microcinema[modifica | modifica sorgente]
La prima proiezione commerciale di un film fu realizzata dai fratelli Lumière: furono proiettati circa dieci cortometraggi della durata di venti minuti totali. L'esibizione si tenne al Salon Indien - il salone seminterrato del Grand Café sul Boulevard des Capucines a Parigi - il 28 dicembre 1895, e furono proiettati venti volte al giorno. Nel 1897 venne costruita la prima sala cinematografica esclusivamente per la proiezione di film. Lo stesso successe (ma solo nel 1902) a Los Angeles dove il negozio di Thomas L. Talley divenne l'Electric Theatre: la prima sala negli Stati Uniti per l'uso esclusivo di proiezioni film. Meno di cent'anni più tardi, nel 1993, Rebecca Barten e David Sherman inventarono il termine “microcinema”. Cominciarono il loro Microcinema nel fondo del loro appartamento a San Francisco, chiamato Total Mobile Home Microcinema. Da allora, il movimento Microcinema sta prendendo forza in tutto il mondo ed è in grado di proporre un contributo reale e concreto allo sviluppo dell'industria cinematografica. Il Microcinema: che cos'è? Nel 1993, il Microcinema ebbe inizio come una piccola sala o spazio cinematografico che presentava corto e lungometraggi alternativi, d'avanguardia, sperimentali e underground. Una programmazione che passa al di sotto del radar dei cinema commerciali e/o cinema d'essai. Un Microcinema potrebbe essere uno spazio permanente o provvisorio. Il primo Microcinema del Tot Mobile Home si ebbe nel loro fondo, ma allo sty so tempo costruirono un Microcinema completamente mobile con un furgone che si poteva parcheggiare in vari luoghi, si montavano sedie e un schermo su un lato del furgone, e poi si proietta vano gli spettacoli. I Microcinema e le loro programmazioni esistono in numerose manifestazioni da molti anni in tutto il mondo. Negli ultimi anni, comunque, il Microcinema è diventato un movimento e non più solo uno spazio fisico. Internet e, soprattutto, lo sviluppo di hardware e software video-digitale economico devono essere ringraziati per il loro contributo determinante, È molto interessante notare che recenti articoli hanno iniziato a usare il termine Microcinema per designare lavori prodotti e visionati su PC e distribuiti su e/o un computer collegato a Internet. È fantastico vedere come il significato si evolve e cresce nell'età di Internet. Speriamo che le origini del movimento non vengano perse. Noi crediamo che le radici, quindi l'energia del movimento sarà sempre legata al livello degli spazi o locali delle proiezioni. Lo schermo del computer non sostituirà mai il milieu sociale che una proiezione può offrire, ma crediamo che potrebbe migliorare l'esperienza microcinematografica per tutti.
(Joel Bachar, “The Blackchair Production” Microcinema Seattle)
Garage Kubrick[modifica | modifica sorgente]
[...] Il video digitale mi sembra una nuova piattaforma avvolta nel linguaggio e nella mitologia di una vecchia piattaforma. La pecora travestita da agnello, nello stesso modo in cui pensiamo ai nostri sistemi cellulari come aggiunti alla telefonia a filo di rame. Il modo in cui digitiamo ancora su una tastiera. Chiamiamo i film “pellicole”, ma la celluloide sta “evaporando”. Il cinema di oggi è già visto in senso digitale, dato che tutti montano usando Avid. Ma le persone vengono ancora a Hollywood, e so che alcune delle persone che girano in macchina, le sento da qui, sulla Sunset, vogliono disperatamente fare film. Tornando a prima, penso al Garage Kubrick e mi chiedo che cosa “lui” avrebbe pensato dei film che abbiamo appena visto. Sicuramente non un gran che Il Garage Kubrick (non è mai riuscito a farsi assegnare un nome) è un personaggio che in qualche modo è sfuggito dal mio ultimo romanzo. Era lì negli appunti, ma non è arrivato al corrispondente letterario dello schermo. Ha già dimostrato la sua indisponibilità a prendere il suo posto nel libro quando ho saputo della morte di Stanley Kubrick. Il personaggio non era basato su Kubrick stesso ma su certe sue teorie dei metodi ed intenzioni sostenute da un mio amico, un giovane regista inglese che un tempo ha lavorato per lui. Il mio amico riteneva che a Kubrick non importava del tempo che si impiegava a fare le cose, e sarebbe stato più felice se fosse riuscito a costruire set virtuali e attori virtuali via cavo. Li'dea ha preso spunto da alcuni frammenti del periodo universitario, college-film-storia, dalla teoria d'auteur che dice che il regista è, assolutamente, “l’autore” di un film, come lo scrittore è l'autore di un libro. Se questo sia letteralmente vero è opinabile, ma il mondo, secondo la mia esperienza, è pieno di persone che vorrebbero essere auteur, e la mia fantasia ne ha costruito un esempio particolarmente specifico e ossessivo. Ho pensato al Garage Kubrick quando sono andato al Sundance per la prima volta e ho visto giovani registi fare esattamente quello che i giovani registi apparentemente devono fare per attirare l'attenzione sul loro lavoro - il lato pubblico sembrava comportare camminare su e giù per la strada principale di Park City come dei lemming, parlando contemporaneamente su due cellulari e con l’espressione quasi fatalmente stressata. L'aspetto privato, cioè la contrattazione, (basandomi sulle mie esperienze) immaginavo dovesse essere peggio. O, semplicemente, non esisteva. Guardare i Sundancer che coltivavano tumori da cellulare, mi suscitava una certa empatia. Mi dispiaceva per queste persone. E questo sentimento nutriva la mia fantasia del Garage Kubrick. Chi ha 14 o 15 anni al massimo, può essere o l'ultimo o il primo auteur - dipende da come la vedi. Il Garage Kubrick odia tutto quello che è Sundance, nonché Hollywood, fanno passare la voglia alla gente, né Slamdance né Slumdance, e neanche tutto il resto. Il Garage Kubrick è un auteur una pietra miliare, un Orson Welles adolescente del prossimo futuro, collegato a qualche sistema impensabile (ma economico) di tecnologia di consumo tenuta nel garage dei suoi genitori. Proprio lì, il Garage Kubrick sta creando un film, una specie di epico live-action che potrebbe o non potrebbe avere motion capture. Che potrebbe o non potrebbe coinvolgere attori umani, ma ne avrebbe la sembianza. Il Garage Kubrick è un maniaco del controllo fino all'esagerazione in qualsiasi periodo tecnologico trovi. Sta facendo un film letteralmente da solista; è l'autore del film nello stesso modo in cui suppongo ogni auteur vorrebbe essere. E di conseguenza, non verrà fuori dal garage. I suoi genitori, all'inizio preoccupati, sono entrati nella fase di negazione. Lui sta lì, a fare il suo film. Nel modo in cui il mio amico immaginava lo avrebbe fatto anche Stanley Kubrick se avesse avuto l'apparecchiatura tecnologica. E questo, se ci penso, potrebbe essere il motivo per cui il Garage Kubrick non ce l'ha mai fatta a comparire nel mio libro; non sono mai riuscito ad immaginarlo trascurare abbastanza a lungo l'atto creativo da lasciarlo emergere e interagire con altri personaggi. Ma i personaggi che perdono l’autobus rivisitano i loro autori, ed ora, addormentandomi alla Marmont, mi ritorna in mente: è tornato, e devo capire come c'entra con queste nuove tecnologie. E vedere se è possibile o se comunque lo vorremo, arrivare lì, dove lo immaginavo, a partire da qui. Forse nascerà un'intera cultura per questa gente, dato che la costruzione di edifici digitali dal niente potrebbe mostrarsi troppo difficile per la maggior parte degli individui. Forse un mercato specializzato che vende cose come strutture di appoggio per zone suburbane americane, o l'interno di un centro commerciale, o per la macchina. Questi potrebbero essere trasformati in una forma più specifica dall'entusiasmo individuale. Alcune persone trovano che la situazione migliore sia data dal set dell'ambiente circostante che loro stessi hanno sviluppato, che possono affittare ad altri, modificare, sovrapporre, tagliare, incollare e mostrarne prototipi. Dove mi porta grattarmi la testa in Game Cave, perché il concetto è così simile agli aspetti della Hollywood contemporanea: “un'industria” in rete. Il Garage Kubrick mi parla sotto voce, asciuga le sue mani sudate sulla salopette, e torna nel garage. Non vuole tutto questo. Lui è l'Autore. [...] Che cosa hanno in comune i film che abbiamo visto? Una tecnologia che facilita motion capture ed assemblaggio, emette le attrezzature di produzione nelle mani di qualsiasi persona che ha seria intenzione di fare film. Ma questa è un'osservazione semplice, come dire che qualsiasi persona utilizzi Microsoft Word può produrre un libro che assomiglia esattamente ad un libro. “Il digitale è un modo economico di fare film”, decide il mio amico Rodger, mentre guardiamo la cassetta onedotzero 3, una compilation da un recente festival di cinema digitale dell'Istituto di Arti Contemporanee di Londra, “ma è un modo caro di pubblicare graffiti”. Il mezzo di domani sarà interamente di plastica - l'autore controllerà lo stesso tessuto del sogno, fino al suo filo più fino. Il sonno mi sfugge. Il Garage Kubrick sta parlando sotto voce, mi tiene sveglio. Qualcuno ha bisogno di lui? Avrà mai il suo momento? Mi ricordo di aver sentito lamentarsi persone della definizione delle immagini digitali, pellicole senza pellicole: di come manca ricchezza, profondità. Ho sentito dire qualcosa a proposito dei di CD. Qualcuno mi ha detto una volta che era Mark Twain il primo manoscritto scritto a macchina, e questa fu generalmente considerata come Pessima Cosa: il lavoro fatto a macchina mancherebbe naturalmente di ricchezza, e di profondità. Ma sicuramente, dice la parte più americana di me, che le cose (se non le persone) possono migliorare, e le cose che le prime fasi di una tecnologia portano via possono essere recuperate nelle ultime fasi, o da una nuova tecnologia aggiunta alla prima. E il mio Garage Kubrick vuole una piena ricchezza frattale. Vuole controllare lo stesso tessuto del sogno, fino al filo più fino, alla sua risoluzione più precisa. Vuole costruire i suoi personaggi dal basso in alto, da dentro a fuori. Non pensa in termini di attori ma in termini di modelli di motion capture. Il suo mezzo è interamente plastico, al punto che non aveva mai raggiunto prima. E non lo è, mi ricordo, neanche oggi. Ma forse eventualmente lo sarà. Mi sembra, veramente, che lo sarà un giorno. Il cinema digitale ha la potenzialità di spalancare le porte al processo di regia, di rendere l’attività aspetti del mondo mai visti prima. In quel senso, saranno “gii occhi” ciel sistema nervoso esteso che stiamo espellendo come specie da circa un secolo. Di pensare in termini di intrattenimento, o almeno di arte, è probabilmente andare fuori pista. Stiamo costruendo specchi che ricordano, specchi pubblici che vagano e ricordano quello che hanno visto. Questa è una magia di base. Ma ancora un'altra magia di base, ed è di data ancora più vecchia, i dipinti di immagini sulle pareti di caverne, e in questa magia la mente del apportate all'oggetto ricordato. E questa caverna è anche il mio garage di Kubrick, e qualsiasi cosa lui sia spinto a “cucinare” lì dentro sarà semplicemente un altro sogno umano. Il vero mistero sta nel perché lui è, perché noi siamo, disposto/i, spinto/i a fare questo. Alcuni di noi usano la tecnologia digitale cinematografica per esplorare tutti quei posti, tutte quelle persone, nel mondo che stiamo ancora cercando di scoprire. Se gli Standpipes del mondo smettessero di essere invisibili, esclusi dalla vista e dalla comprensione, ne sarebbe valsa la pena. Ed altri, come il mio stesso Garage Kubrick, faranno uso della stessa tecnologia per scavare ancora più a fondo, più ossessivamente, più gloriosamente, nell'insolubile mistero del l'io, anche mentre Chateau Marmont supera la piattaforma dei media e il sistema di studi che lo ha partorito. Mi addormento immaginando qualcuno che costruisce un Marmont virtuale, e in uno dei bungalow, un personaggio che si addormenta.
(William Gibson, da “Wired”, ottobre ‘99, traduzione di Katherine Kamal, Gloria De Angelis e Alessandro Riccini Ricci)
Il cinema (in)interrotto di Romano Scavolini[modifica | modifica sorgente]
- A mosca cieca di Romano Scavolini
- La prova generale di Romano Scavolini
La parola e il gesto - Conversazione con Romano Scavolini a cura di Alfredo Leonardi
L'equivoco di Pesaro di Romano Scavolini[modifica | modifica sorgente]
Cinema che ricomincia - Luciano Emmer[modifica | modifica sorgente]
- La sua terra di Luciano Emmer
- La bella addormentata di Luciano Emmer
- Incontrare Picasso di Luciano Emmer
- Istantanea di Luciano Emmer
Lumière[modifica | modifica sorgente]
Festa di compleanno - L'uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento[modifica | modifica sorgente]
La Critica[modifica | modifica sorgente]
Interviste[modifica | modifica sorgente]
Una scuola - ZeLIG di Bolzano[modifica | modifica sorgente]
- Aguana di Hannes Pasqualini
- Area di produzione di Vincenzo Mancuso
- Cuori infranti di Katia Assuntini
- The box di Mauro Podini
- Volere e dovere di Andrea Gsell
Duck soup[modifica | modifica sorgente]
- Battuta di caccia in alto Mugello di Roberto Galante
- Una canna con Goldrake di Giuseppe Gandini
- Kairos e Kronos di ario Maria Gulli, Daniel Rossi
- Karnaza di Antonio Monti
- Mosquito di Valentino Bettini
- Slurp! di Marzio Mirabella
- Una per uno di Marco Cei
- Usurato di Gabriele Anastasio
Che c'importa della luna[modifica | modifica sorgente]
- La luna in ariete di Fabio Del Greco
- Lunaria di Daniza Scupelli
- La luna nelle mani di Luca Scivoletto
Voci[modifica | modifica sorgente]
- AldoEva di Andrea Piccardo
- memoria di poeta di Giovanni Martinelli
- Spoon River di Alessandro Amaducci
Altre visioni[modifica | modifica sorgente]
- 14 di Stefano Pasetto
- Alberi di Giuseppe Marcoli
- Ananta di Marco Bragaglia
- D - Non puoi credere a tutto ciò che vedi di Walter Fasano
- Devozione di Dusty Frames
- Enzimi separati di Antonella Restelli
- Geografia di Flavio Bonetti
- Il giorno di Cola di Pasquale Marino
- Il killer evanescente di Paolo Doppieri
- Ma che musica di Antonio Cecchi, Gianni Gatti
- Più vicino di Beppe Anderi, Gigi Piana
- I prigioni di Giuseppe Ferlito
- Senx di Dusty Frames
- Stella di mare di Domenico Caraccia
- Tao di Edo Tagliavini
Animaz(i)one[modifica | modifica sorgente]
- Adombra di Simone Massi
- Il cerchio e la soglia di Leonardo Carrano
- Testa di cane di Licio Esposito