2007
Enti promotori[modifica | modifica sorgente]
Comune di Bellaria Igea Marina, Assessorato alla Cultura, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione generale per il cinema, Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini
Direzione[modifica | modifica sorgente]
Direzione Artistica[modifica | modifica sorgente]
Fabrizio Grosoli
Assistente di direzione[modifica | modifica sorgente]
Michela Mercuri
Direzione organizzativa[modifica | modifica sorgente]
Antonio Tolo
Segreteria, ricerca film e ospitalità[modifica | modifica sorgente]
Nicoletta Casali, Cristina Gori, Giorgia Lazzari
Traduzioni[modifica | modifica sorgente]
Giorgia Lazzari, Nathalie, Masini, Stella Pellegrini
Ufficio Stampa[modifica | modifica sorgente]
Catia Donini, Barbara Perversi, Michela Mercuri
Catalogo[modifica | modifica sorgente]
Alessandra Fontemaggi, Antonio Tolo
Immagine di copertina[modifica | modifica sorgente]
Gianluigi Toccafondo
Sigla[modifica | modifica sorgente]
Alessio Fattori
Presentazione[modifica | modifica sorgente]

Il Sindaco Gianni Scenna, L'Assessore alla Cultura Alga Franciosi
Bellaria Igea Marina festeggia le nozze d’argento con il suo Festival del Cinema Indipendente. È un traguardo significativo e simbolico che ci vede consolidare l'impegno a fare emergere opere che difficilmente trovano spazio nei soliti circuiti commerciali. Nel panorama nazionale il BFF ha acquisito un suo ruolo, meglio definito già lo scorso anno quando si è connotato come “piazza” per il film di realtà. Quest'anno si delinea più precisamente la svolta impressa nella precedente edizione verso questo genere che ben si coniuga con una vasta gamma di espressioni. Anteprima doc in questa edizione si presenta con un programma ricco e variegato di opere italiane e con il rafforzamento della sezione internazionale, un passo per ampliare l'orizzonte su ciò che avviene nel mondo. Vanno verso questo fine le sezioni “Rock Around the Doc” e l'omaggio a D. A. Pennebaker che vede l'incontro, sulla strada della musica, con il Biografilm di Bologna. Con il supporto della Regione Emilia-Romagna si terrà un'ideale staffetta che inizierà a Bellaria Igea Marina il 1° e terminerà a Bologna il 10 giugno; una maratona dedicata a due maestri, D.A. Pennebeker e Chris Hegedus, con la proiezione di film musicali sulle perfomance e le figure di vere leggende del rock come Bob Dylan e Jimi Hendrix. Non è che una delle collaborazioni che caratterizzano il BFF 25: altre riguardano l'ante- prima di In Memoriam: Alexander Litvinenko, assieme al Premio Ilaria Alpi di Riccione e Genova 01 di Fausto Paravidino, con il Premio Riccione per il Teatro. Nel contempo si vedrà il completamento del progetto “Film di cassetto” promosso insieme con Cineteca e Provincia di Rimini. La possibilità data ai giovani registi di emergere, gli omaggi e i compleanni dedicati al cinema di Ferreri, Faenza, Gregoretti e Andreassi, vanno tutti verso un ideale passaggio di testimonianze. Si può dire che la maturità di Anteprima va letta nel suo coniugare tradizione e novità, peculiarità e rapporto con altri eventi e Istituzioni.
AnteprimaDoc[modifica | modifica sorgente]
BellariaFilmFestival anno 25. AnteprimaDoc anno secondo[modifica | modifica sorgente]
Il Festival più antico dedicato al Cinema Indipendente e raggiunge un'età simbolicamente ragguardevole. La voca ° verso il film documentario - dichiarata lo scorso anno - sì consolida e si precisa. Oggi il racconto del reale appare con sempre maggiore evidenza come la forma realmente contemporanea, come l'espressione più consona all'essere indipendente. Fare cinema documentario significa aprirsi con immediatezza a ogni possibile contaminazione narrativa , inventare di continuo generi e modelli di rappresentazione, immaginare scenari di produzione e diffusione che (a partire da una condizione di povertà) vanno comunque oltre gli schemi del mercato attuale, porsi la questione di chi guarda e parla al cinema, di quale rapporto, quale distanza va instaurata con il soggetto filmato, con lo spettatore. Una questione che è prima di tutto di ordine etico, come già sapeva Bazin, apparentemente inattuale e desueta e invece irrinunciabile. In fondo i 18 film indipendenti italiani selezionati per il Concorso AnteprimaDoc sono altrettante declinazioni (e sperimentazioni) di questo racconto del reale ancora così poco codificato e “controllato” - nonostante abbia, lo si sa, l'età stessa del cinema - proprio perché di per sé non riconciliabile con un mainstream di immagini e suoni che sembra viaggiare nella direzione opposta, quella di un occultamento progressivo di ogni traccia della realtà attraverso l'affermarsi del cinema da virtual game, ma anche attraverso una pornografica esibizione dei simulacri di quotidianità (la verità del reality). Un Festival (questo non vale solo per Bellaria) non deve però mai illudersi di aver trovato un suo centro, deve stare in perenne movimento e in ricerca del nuovo. Quest'anno l'ambizione è quella di confrontare sempre meno timidamente (nonostante un budget decisamente inadeguato a soste- nere l'impresa) la produzione italiana con quella internazionale. Confermata la sezione Diary & Family Movie: del resto la tendenza al racconto autobiografico e privato, all'emergere dell'io del cineasta nelle premesse e nel cuore della narrazione ci sembra la più significativa del cinema di questi anni. E abbiamo chiamato a parlarcene un grande documentarista e teorico del cinema documentario come Jean-Louis Comolli. La novità è l'apertura a uno dei generi classici del documentario creativo, quello basato sull'interazione con la musica che siano biografie di grandi performer o rappresentazioni di storiche performance. Da qui la sezione Rock Around the Doc, da qui sopratuto l'omaggio - pensato in collaborazione con il Biografilm di Bologna - a una coppia di maestri del genere D.A. Pennebacker e Chris Hegedus, cioè la dimostrazione vivente di come il cinema diretto a partire dagli anni ‘60 abbia trovato nell'incontro con la creatività musicale un suo fertile terreno d'elezione. E un altro rapporto di produttiva cooperazione con una delle manifestazioni più importanti nel mondo del reportage televisivo internazionale, il Premio Ilaria Alpi di Riccione, ha consentito di proporre in anteprima nazionale assoluta un autentico evento come "In Memoriam: Alexander Litvinenko di Jos De Putter" un documentario impressionante basato su una delle due interviste concesse dall'oppositore di Putin prima della sua tragica scomparsa. In realtà - per tornare alla selezione italiana - c'è molto di nuovo anche nel tradizionale Premio Casa Rossa. L'ambizione è che questo riconoscimento arrivi a segnalare il migliore tra i film documentari dell'intera stagione scelto tra una rosa effettivamente rappresentativa. Per questo si è deciso di Operare una preselezione ins stretta collaborazione con gli amici dell'Associazione di categoria Doc/It che ci hanno aiutato ad approntare l'elenco dei titoli elegibili (oltre 230, a ulteriore testimonianza di una produzione incredibilmente vitale e diffusa ancorché non compiutamente “emersa") e dei votanti più di 20 tra critici, direttori di festival, registi e produttori. I titoli preselezionati saranno poi visionati durante il Festival da una Giuria di circa 30 studenti provenienti da diversi istituti universitari e scuole di cinema nazionali per arrivare infine al Casa Rossa 2007. Al centro delle retrospettive e degli omaggi di questa edizione sta invece un lavoro già avviato lo scorso anno che consiste nel recupero della memoria di quella che è stata la grande stagione del cinema - e in particolare del documentario - italiano. Va in questa direzione la proposta del “primo” Gregoretti, quello dei programmi RAI degli anni ‘50, testimonianza del lavoro straordinario di un grande inventore di televisione ( i suoi lavori appaiono innovativi ancora oggi) che dimostra cosa avrebbe potuto essere il documentario - e non fu - nella tv dei nostri tempi. E così l'omaggio a Raffaele Andreassi, un altro grande e misconosciuto cineasta, ricordato appena per i suoi folgoranti capolavori sugli artisti naif e invece documentarista a tutto campo, lirico e “naturalista” al tempo stesso. Ma sta tutta nel senso della nostra ricerca anche la tradizionale “Festa di compleanno” che questa volta ricorda i trent'anni di Forza Italia! di Roberto Faenza, atipico, per il nostro cinema, lungometraggio politico di montaggio che ai nostri occhi di oggi potrà sembrare magari al tempo stesso figlio del suo tempo e profeticamente moderno. Ed è così ugualmente per il ricordo a 10 anni esatti dalla sua davvero prematura scomparsa (affidato in buona parte agli amici e ai collaboratori che lo hanno seguito per strade impervie) di uno dei pochi grandi nostri autori che ha saputo portare avanti con coerenza una poetica scomoda, sgradevole, agli antipodi del compiacimento e della ruffianeria estetica, e per questo geniale: Marco Ferreri. Ricordo, per concludere, che tra i compagni di strada del Bellaria Film Festival c'è anche quest'anno un canale televisivo, RaiSat Cinema. A noi non può che sembrare significativo e incoraggiante l'incontro con un'emittente che si è data come vocazione prioritaria l'attenzione al cinema italiano. Ma il dato per noi più importante è l'impegno della rete ad acquisire - fatte salve le verifiche delle condizioni di mercato - i film vincitori dei 2 concorsi principali, AnteprimaDoc e Casa Rossa. Lo prendiamo come un atto di fiducia nei confronti del Festival ma soprattutto verso quella bella parte di cinema indipendente che è oggi il film documentario italiano.
Film[modifica | modifica sorgente]
- 20 mg di Margherita Ferri
- Agente apri di Marina Ballo Charmet, Walter Niedermayr
- Cammino e dietro camminano le stelle di Wiliam Farnesi
- Casa mia di Debora Scaperrotta
- Frammenti d’Italia. Partitura per immagini, suoni e parole di Bruno Bigoni
- Hypno-bici di Silvio Canini
- Martha, memorie di una strega di Giovanni Calamari
- Ombre lucenti di Nino Bizzarri
- Onibus di Augusto Contento
- Polistirene di Anna Franceschini
- Le regole del gioco di Francesco Gatti
- R-Esistenze di Marco Pasquini
- Taccone. Fuga in salita di César Meneghetti e Elisabetta Pandimiglio
- Terra ferma di Michael Beltrami
- Urgon di Frediana Fornari
- Le vie deiBaby inchiesta di Elisa Fattori farmaci di Michele Mellara, Alessandro Rossi
- La vita come viaggio aziendale di Paolo Muran
- Zapato verde zapato rosa di Francesca Maria Svampa
Concorso 150'' a tema fisso: inchiesta[modifica | modifica sorgente]
Seconda edizione del concorso 150'' a tema fisso riservato a filmati realizzati con telefoni cellulari. Il tema 2007 è inchiesta.
- Baby inchiesta di Elisa Fattori
- Inchiesta: Rapporto vallette/intercettazioni/politi
- Inchiesta sull’amor perduto di Alessio Fattori
- Un po’ di Simona Meriggi
- La politica in anteprima . Gli anni 70 di Federico Betta
- L'uomo dalle mille domande di Enrico Grossetti, Vincenzo Grassi
Premio Casa Rossa Doc[modifica | modifica sorgente]
- Il mio paese di Daniele Vicari
- Il mondo addosso di Costanza Quatriglio
- L'orchestra di Piazza Vittorio di Agostino Ferrente
- Pasolini prossimo nostro di Giuseppe Bertolucci
- Primavera in Kurdistan di Stefano Savona
- Quijote di Mimmo Paladino
- Rio de Onor di Corso Salani
- La strada di Levi di Davide Ferrario
- L'udienza è aperta di Vincenzo Marra
Omaggio a Marco Ferreri[modifica | modifica sorgente]
Di Dario Zonta
Può sembrare bizzarro omaggiare, in un catalogo, Marco Ferreri attraverso una intervista televisiva rilasciata a Gigi Marzullo per un programma, “Mezzanotte e dintorni” (per l'occasione in trasferta alla Mostra di Venezia) , intessuto di ritratti di vita e biografie più o meno eccellenti. Ma la bizzarria è una caratteristica del cinema e del personaggio Ferreri. Leggendo questa chiacchierata (editata per la versione cartacea) bisognerebbe fare uno sforzo di immaginazione, pensando a un giovane Marzullo, assiso su una panchina a fianco di Ferreri, a sua volta leggermente imbarazzato, con gli occhi arrossati e la voce roca. Marzullo incalza, replicando le sue modalità, un Ferreri sfuggente, che qualche volta rimane impigliato nella rete fitta delle ariose domande marzulliane, qualche altra centra il buco e scivola oltre. Ed è grazie a questo che Marzullo riesce a strappare a Ferreri ricordi, squarci di memoria, vera 0 inventata, su se stesso e la sua vita. Alla fine quasi si intuisce che Ferreri, giocando sul paradosso, abbia scelto il Marzullo televisivo per rilasciare un'intervista più autentica di altre.
Marco Ferreri ha ricevuto all'ultima Mostra del Cinema di Venezia il premio Pietro Bianchi, assegnato dal Sindacato critici cinematografici, “per l'originalità e l'elevato contenuto artistico delle sue opere”. Cosa si prova quando si riceve un premio, Ferreri, in particolar modo dal sindacato autonomo dei giornalisti? Ormai ho 64 anni e di premi ne ho presi abbastanza, più importanti e meno importanti. Insomma, non posso dire di rimanere rimango fulminato. Comunque, sono contento perché è un premio che ricorda un critico che era critico e amico. Sono contento perché ho potuto proiettare il mio film Chiedo asilo a cui tengo molto. Insomma, sono contento! Lei ha avuto sempre un buon rapporto con i giornalisti, con i critici, oppure no? Io ho sempre avuto un rapporto ottimo con i critici. Ogni volta che c'è un film dicono: “questo film è decisamente brutto”. Poi la volta dopo dicono: “questo film è decisamente brutto, mentre quello precedente era bellissimo”. Questa cosa è andata avanti per venti anni. Poi adesso si sono stufati e dicono che sono tutti belli. Perché ha scelto il cinema nella sua vita professionale? Non lo so. Prima non facevo niente, andavo in giro. Non c'erano ancora gli hippies e io andavo in giro a Parigi, a Madrid, in Africa. Poi un giorno, ho letto un libro, “El pisito”, scritto da Azcona, e mi è venuta voglia di farlo dirigere. Ero in Spagna, ho parlato con Berlanga, con Bardem, ma non avevano voglia di farlo. Allora ho cercato Azcona e gli ho detto “vabbè, iniziamo a sceneggiarlo”. E lui mi dice: “come si fa a sceneggiarlo?”. “Si piega la pagina in due, da una parte si scrive l’azione, dall'altra i dialoghi”. E così abbiamo cominciato a lavorare insieme per venti anni. Soddisfatto per la sua attività finora? Ha qualche rimorso, qualche rimpianto, quando ci pensa anche da solo? l’unico rimpianto è che è passato. Era una vita dinamica. Il rimpianto è che è passato. Ora sta per iniziare a girare un nuovo film, una nuova fatica con Jeny Calà. Di che cosa parlerà il nuovo film e perché la scelta è caduta su Jerry Calà? È il diario di un signore, che lo ha scritto per un anno. È un diario straziante, comico, divertente, importante, anche se dice delle cose maramalde, ribalde. Allora ho pensato che l'ideale per fare questo era Calà, che ha sempre fatto delle cose ribalde, non maramalde, ma ribalde. Invece adesso le può fare maramalde, ribalde e tragiche, perché poi ha la faccia, la dimensione, ha gli occhi che guardano come i pazzi. Non serve di dire “fai il pazzo”, è pazzo. Quanti film ha girato finora, Ferreri? Non mi ricordo più, 25 o 26... Quello che le piace di più? Prima parlava di Chiedo asilo... Quello che le è venuto meglio 0 quello che le è venuto peggio. Lei ha mai fatto questo tipo di graduatoria? No, perchè è sempre lo stesso film. Lo dirò alla fine “questo era peggio”. Ogni film è un momento dello stesso film. Come immagina Marco Ferreri proiettato fra qualche anno. Lei prima parlava di qualche rimpianto perché le cose sono passate... Marco Ferreri proiettato fra qualche anno non ci voglio nemmeno pensare. Come era Ferreri piccolo, Marco Ferreri bambino? Non mi ricordo. Non so come ero da bambin. So che ero grasso. Mia madre mi dava riso e latte in faccia, perché non volevo mangiare riso e latte. è stata bella la sua infanzia, la sua adolescenza? No, no... no. No. Perché? Perché l'infanzia non è mai bella. L'infanzia... C'è un sacco di paura. È una galera, l'infanzia, meglio quando si cresce? Quando si cresce, sì, è il momento dell'anarchia e della libertà. È dai diciotto anni, quando si cresce e non si lavora, si riesce a vivere senza lavorare. Quella è la cosa ideale. Che cosa è il cinema per Lei? Che cosa dovrebbe essere, un mezzo di comunicazione? Lei che cosa vuole dare agli altri quando fa un film? sono frasi troppo complicate. Prima di tutto con il cinema è cominciato il lavoro. Mi sono fregato. Il giorno che ho deciso di fare il primo film ho cambiato vita. Poi, però, faccio sempre dei film. Sono un testardo, penso che i film, come li faccio, li faccio bene e che serve farli così. Allora... è come un calzolaio a cui dicono “ah, lei fa le scarpe con la doppia tomaia perché?”. “Perché penso che con la doppia tomaia si cammini bene”. Io faccio i film con la doppia tomaia perché penso che servano a camminare bene. È contento di Marco Ferreri? Lei è felice? Sono assolutamente scontento. Perché? Perché è uno dei personaggi più tragicamente stupidi che conosco. In Italia si fa un buon cinema secondo lei? È attento al cinema che si fa in altri paesi? In Italia si fa del buon cinema. In tutti i paesi c'è un buon cinema e un cattivo cinema. Qual è, secondo lei, il buon cinema e quale quello cattivo? Adesso i ragazzi stanno facendo un buon cinema. Moretti è il capo della fila. C'è anche qualche vecchio. Comunque, tutto il cinema è meglio di quello americano. Quindi Lei non è favorevole al cinema americano? Io dico che tutto il cinema, che lo facciamo noi italiani, che lo facciano i francesi, che lo facciano gli indiani, che lo facciano i cinesi, che lo facciano quelli del Sud, come diceva Solanas, è sempre meglio del cinema americano. Anche se l’altro è un prodotto commerciale, il nostro è sempre, anche se non mondiale, un cinema di ricerca, di frattura. Lei è sempre molto attento anche al cinema francese ed ha scelto di vivere în Francia. Perché? Ho scelto di vivere in Francia perché un giorno sono uscito di casa, abitavo a via Condotti, in una pensione, non avevo una lira e mi sono trovato a Saint Germain, sempre senza lire, come ero a Roma. Sono rimasto lî e ho visto che è facile prendere il treno o il tram, andare da una parte all'altra. Insomma ogni periferia è la periferia della stessa città. Ogni centro è lo stesso centro. Uno apre la porta a Roma e si può trovare a Parigi. Dopo quarant'anni non mi ricordo come facevo a prendere gli aerei, perché gli aerei sono l'unica cosa che bisogna pagare. Non sono riuscito a scoprire come riuscivo a fare i biglietti. Si arriva a non pagare le navi, perché uno prende la nave fermando la cabina del Presidente, perché quella la danno a credito, è difficile affittarla. Ma gli aerei bisogna pagarli e, invece, ho sempre volato... Ora mi fermo a Parigi perché sono un po' più vecchio, anche se gli esterni sono quelli di New York. Con la televisione che rapporto ha, Ferreri? Ma! La vedo sempre. Di notte non dormo. Sono obbligato pure a veder Lei, tutte le sere! Ah, quindi guarda “Mezzanotte e dintorni”? Quindi la notte è un momento di visione della televisione. Che cosa è la notte per lei, visto che non può dormire? La notte preferirei dormire. Quando non posso dormire vedo film, come quelli di Jerry Calà. Poi vedo Mezzanotte e dintorni. Le piace la televisione che si fa in Italia? Molti suoi colleghi la criticano la televisione, il modo in cui si usa e si fa la televisione. Lei che ne pensa? . Io penso che la televisione sia assolutamente negativa. È anche pericolosa, cancerogena. Tutte le donne che vedo si sono rifatte le tette perché Berlusconi ha ordinato di fare le tette alle sue ballerine. Perciò la televisione porta pure il cancro... Quindi meglio la Rai, Ferreri? Pure la Rai usa le tette di Berlusconi. L'anno dopo le usa la Rai. Quindi non fa bene în questo senso la Rai. La Rai fa la lotta per l'audience. Uno fa Amore Mio, e l'altro fa Mio Amore. L'uso della televisione è molto zotico. E il cinema in televisione... che ne pensa? C'è tutta una disputa: il cinema lo si deve vedere al cinema, non deve essere fatto in televisione. Lei cosa ne pensa, visto che è uno dei maestri del cinema? Ma! A me sembra che dopo, quando vai în televisione, ormai... Dico che sarebbe stupido parlare adesso di cinema. C'era un cinema, c'è la televisione e ci sarà un nuovo cinema. Il cinema una volta si doveva vedere nelle sale perché c'erano solo le sale. Adesso i ragazzi se si vogliono baciare si mettono lì e lo fanno. Nessuno gli dice “ma che state a fa' în giro in pubblico!”. Una volta non si poteva fare... uno andava al cinema perché così toccava il sedere alla fidanzata. E poi faceva freddo, si pigliava caldo, si mangiava il panino con la mortadella. Il cinema era come per gli arabi la “Ma”. Sî andava al cinema per passare la giornata. Adesso c'è il “body building”, le scarpe da trekking, da trocking... ci sono centomila cose che si possono fare. E fra le mille cose si può anche andare a vedere i cinema. Qual è la sua attrice e il suo attore preferito? Ha delle preferer..in tal senso? No, anche perché siccome lo vedo alle due (di notte), non vedo i miei preferiti. Alle due si vedono sempre i film di Frank Capra film americani o film di Jerry Calà, perciò ho preso per il prossimo, film Jerry Calà, perché l'ho confuso con gli attori americani. Ferreri, quanto di ironia c'è in Marco Ferreri? È una componente importante? Lei, non solo con me, ma con tutti, usa sempre questi aggettivi... l'ironia! Che è l'ironia. Non so, cosa vuol dire? Scherzare anche sul suo modo di essere... c'è l'ironia in Marco Ferren? C'è una difesa, non è una questione di ironia. Non è... non lo so! Con gli altri che tipo di rapporto ha? Con gli altri vorrei avere un rapporto meraviglioso, ma non ce l'ho. E come mai? Perché? E non ce l'ho perché è così. È colpa 0 merito suo, o degli altri? È colpa mia. Ma Leî è un solitario, Ferreri? È un solitario che vorrebbe morire circondato da duemila persone in un bar, con duemila persone. Sono un solitario ma vorrei stare sempre a mangia’ una frittata enorme di duemila uova con tutti. Capito! Però poi per forza di cose... Perché s'è fatto crescere la barba, Ferreri? Mi sono fatto crescere la barba perchè... c'erano i due fratelli Guevara, il Che e il fratello, che stavano in Spagna, venivano dalla Galizia dove sono nati prima di andare a fare la rivoluzione. E ci siamo visti tutti e tre. Avevamo il doppio mento e allora abbiamo detto “facciamoci crescere la barba, così non si vede, la pappagorgia”. Sul set come è Marco Ferreri, con i suoi attori è un dittatore sul set? Non mi importa se dicono le mie frasi, non mi importa... Tognazzi molte volte, durante La grande abbuffata andava avanti un quarto d'ora con quella grassa che faceva la maestra a trattarla da puttana. Poi un giorno gli ho detto: “ma cosa vuol dire a parlare con quella come una puttana, è una maestra!”. “Ma io ho detto un primo trattamento dove si parlava di una puttana”. “Ma è cambiata, non hai letto la sceneggiatura?”. “No”. E allora che segno sono! Preferisco che facciano come voglio. Con sua madre che rapporto ha avuto? Bello, molto bello. Come la ricorda sua madre? Me la ricordo che aveva affittato, durante l'estate, i locali di un asilo. Andava sempre in vacanza in un asilo. Però bisognava andare a fare pipì, lei compresa, sui cessetti dei bambini, che sono piccoli. Allora me la ricordo seduta sui banchi dei bambini. Ricordo così mia madre. E con suo padre, Ferrerì, che tipo di rapporto ha avuto? Non mi voglio ricordare di mia madre, di mio padre. Non mi voglio ricordare. Non me li voglio ricordare. C'è un momento che si dice “ah è morto quel giorno lì". Poi basta. Perché sempre vuol dire cominciare un esame la mattina, mettersi allo specchio e dire: chi sono? Guardarsi allo specchio e vedere trecento immagini così. E adesso dire, atto secondo, mi ricordo di mia madre. No. Invece mi alzo la mattina, e una volta era ancora vero, uscivo e andavo per strada. La cosa che amo di più è la strada. La strada! La strada. Andare nei mercati. Io sono stato nei mercati. Io sono stato in Africa, andavo in giro nei mercati come andavano loro. Mi fermavo, mangiavo, pigliavo l'acqua, prendevo il sole, sentivo il vento, questa è la cosa che amo di più. Facevo la pipì in un prato. Entravo in un porto e dormivo. Questa è la cosa completa. Poi, man mano, tutto questo... Beati quelli che arrivano così fino a morire. Mi ha fregato il cinema. Sono stato fregato dal cinema. Perché è stato fregato dal cinema? Perché è stato il lavoro. Il cinema è stato il mio lavoro. Perché Lei avrebbe voluto non lavorare? Non ho lavorato per venti anni, stavo in giro. Poi ho cominciato a fare film... però la vita è camminare. Ferreri, quando andremo în onda sarà notte fonda, lei lo sa bene perché vede “Mezzanotte e dintorni”. Cosa sente di dire ai nostri amici che guarderanno questo nostro incontro? Non voglio dire proprio niente. Altri notturni, altri nottambuli come lei? Che prendano un sonnifero, che dormire è bellissimo! (...)
Marco Ferreri[modifica | modifica sorgente]
“L'ape regina l'ho fatto come ho fatto tutti i film, combinandolo io, un attore italiano e un'attrice francese, due produttori italiani e due produttori francesi. Era più difficile? Sì, perché ero via dall'Italia da parecchio tempo e in Italia non mi conosceva più nessuno”: quando Marco Ferreri realizza il suo primo lungometraggio in Italia, ha 34 anni (è nato a Milano, l'11 maggio 1928), ha vissuto in Spagna dal 1958 dove ha fatto il rappresentante di obiettivi cinematografici e dove, contemporaneamente, ha diretto tre film, scritti insieme al giovane umorista Rafael Azcona, che si sono messi in luce a Locarno e a Venezia (El pisito, 1958; Los chicos, 1959 ed El cochecito, 1960). Difficile immaginare un curriculum più insolito per un autore di cinema italiano. In realtà, Ferreri , ha alle sue spalle anche un tentativo di laurea in veterinaria, il lavoro di rappresentante di liquori e quello di produttore sul set di Cronaca di un amore di Antonioni e di Amore in città tratto da Zavattini e in mezzo un progetto di “rivista cinematografica” (“Documento mensile”) che fallisce dopo otto numeri ma che passerà alla storia come uno dei più originali cinegiornali mai realizzati in Italia. È a partire dagli anni santa, tuttavia, che il suo sguardo si afferma come formidabil esempio di libertà espressiva, intelligenza provocatoria, anticonformismo e critica sociale. Film come Dillinger è morto (1964) La cagna (1972), La grande abbuffata (1973) corrodono la visione borghese del mondo, danno voce alla rivoluzione del costume di quegli anni e svelano l'affermazione incornata della società dei consumi affidandosi ad apologhi semplici e paradossali che hanno il valore comunicativo di una sorta di mitologia primordiale legata a forme biologiche d'esperienza (il cibo, il sesso, la morte). Sono anche le ragioni che fanno dei suoi film gli oggetti di un'attenzione ossessiva da parte della censura che, sin dalla Donna scimmia, renderà difficile la vita dell'autore fin quasi alla fine (del resto, anche la censura franchista si era opposta ai suoi film spagnoli). Tra gli anni Settanta e il decennio successivo il suo sguardo si fa, allo stesso tempo, più essenziale e radicale, profetico e antinaturalistico: L'ultima donna (1976), Ciao maschio (1978), Storia di Piera, (1983) intrecciano la riflessione quasi antropologica sulla fine della tradizione illuminista e capitalista del mondo occidentale con l'esplorazione dei valori della femminilità come modelli decisivi dell'orizzonte di trasformazione di questa stessa civiltà. In ogni caso, lo humor e grottesco, che ha sempre costituito una risorsa inesauribile suo sguardo, continuerà a innervare i suoi film fino alla fine dimostrano le feroci, e rivelatrici, allegorie di Come sono bianchi (1988) e La casa del sorriso (1996) ma anche i più sordidi emarginati di Diario di un vizio (1993) e Il rimpianto cinefilo di Nitrato d’argento (1996) il suo ultimo. Muore, a Parigi, nel 1997.
- Storia di Piera di Marco Ferreri
- La casa del sorriso di Marco Ferreri
- Diario di un vizio di Marco Ferreri
- Nitrate d’argent - Nitrato d'argento di Marco Ferreri
- Argento puro di Pappi Corsicato
- Omaggio a Marco Ferreri di Francesca Formisano
- Perché pagare per essere felici!!! di Marco Ferreri
Pennebaker Associates Cinema Musica e Utopie[modifica | modifica sorgente]
- Daybreak Express di D. A. Pennebaker
- Lambert & Co. di D. A. Pennebaker
- Dont Look Back di D. A. Pennebaker
- Monterey Pop di D. A. Pennebaker
- Company: Original Cast Album di D. A. Pennebaker
- Dance Black America di D. A. Pennebaker e Chris Hegedus
- Down from the Mountain di Nick Doob, Chris Hegedus e D. A. Pennebaker
- Only the Strong Survive di D. A. Pennebaker e Chris Hegedus
- Startup.com di Jehane Noujaim e Chris Hegedus
Diary and family movies[modifica | modifica sorgente]
- 8 “Récits express” di Alain Cavalier
- Lieux Saints di Alain Cavalier
- Ein gewohnliches Leben - A Common Life di Anna Faroghi
- Miss Universe 1929. Lisl Goldarbeiter: A Queen in Wien di Péter Forgàcs
- Mein Vater, der Tirke - My Father the Turk di Marcus Vetter, Ariane Riecker
- Souvenirim - Souvenirs di Shahar Cohen, Halil Efrat
- Substitute di Fred Poulet, Vikash Dhorasoo
- El telòn de azùcar - The Sugar Curtain di Camila Guzman Urzùa
Rock around the Doc[modifica | modifica sorgente]
Leonard Cohen I'm Your Man di Lian Lunson
Made in Jamaica di Jéròme Laperrousaz
Metal: A Headbanger's Journey di Sam Dunn, Scot McFayden, Jessica Joy Wise
When the Road Bends... Tales of a Gipsy Caravan di Jasmine Dellal
Omaggio a Ugo Gregoretti[modifica | modifica sorgente]
Presentazione[modifica | modifica sorgente]
Di Laura Buffoni
Ugo Gregoretti è una delle personalità più significative della cultura e dello spettacolo italiani degli ultimi cinquant'anni. In particolare, è stato tra gli inventori della televisione, o meglio, delle televisioni, come egli stesso tiene a precisare. La sua prolifica attività di regista abbraccia infatti i generi più disparati, dal documentario allo sceneggiato, dal reportage alla breve notazione di costume, in molti casi anticipandone tendenze e contribuendo a creare una vera e propria “stilistica” della Tv. Abbiamo scelto di raccontare i suoi esordi in questa selezione pressoché completa delle opere di taglio documentario degli anni Cinquanta, la maggior parte delle quali mai più mostrate, almeno per intero.
Programma 1[modifica | modifica sorgente]
- Domenica sulla strada nazionale (1956)
- Il lago malato (1957)
- Argini contro la paura (1957)
- Un campanile alla volta. Castellamare di Stabia (1958)
Programma 2[modifica | modifica sorgente]
- I nordici del golfo (1956)
- La settimana santa (1958)
- Italiani in Brasile (1957)
- Viaggio in Africa Occidentale (1959)
Programma 3[modifica | modifica sorgente]
- Caccia al quadro- Il mestiere dell’antiquario (1958)
- Caccia al quadro — La fabbrica delle occasioni (1958)
Programma 4[modifica | modifica sorgente]
- Sicilia del Gattopardo (1960)
Omaggio a Raffaele Andreassi
Presentazione
Di Laura Buffoni
Non credo di esagerare nell'affermare che Raffaele Andreassi sia, tra i documentaristi italiani, uno tra i più importanti ma anche tra i più ignorati. Alla sua opera non è stato dato il giusto riconoscimento, se si escludono i meritori ma isolati tentativi di studiosi e operatori culturali come Adriano Aprà, Paola Scremin, Paolo Luciani. A Raffaele Andreassi dedichiamo quindi un doveroso omaggio, ripercorrendo qualche tappa della sua prolifica carriera in una selezione assai composita che spazia dai primi cortometraggi anni Cinquanta ai più noti documentari d'arte, passando per un piccolo assaggio della sua produzione televisiva. Ringraziamo per il prezioso contributo alla realizzazione di questo omaggio la Cineteca di Bologna e la Cineteca Nazionale.
Programma 1[modifica | modifica sorgente]
- Fondovalle
- I fidanzati
- Risveglio
- I maccheroni
- Gli stregoni
- Epilogo
Programma 2[modifica | modifica sorgente]
- Il cuore in gola
- La città calda
- Il silenzio
- Gli animali
- L'orizzonte
Programma 3[modifica | modifica sorgente]
- Pascutti il fiuto del gol
- Le ombre di Gaeta
- Vita in Usa. Verso gli anni Settanta
- Vita in Usa IL tempo libero
- Punk delia giungla
Programma 4[modifica | modifica sorgente]
- Lo specchio, la tigre e la pianura
- Antonio Ligabue pittore
- Il cielo e la terra: Omiccioli
Eventi speciali[modifica | modifica sorgente]
- Genova 01 di Fausto Paravidino
- In Memoriam Alexander Litvinenko di Jos de Putter e Masha Novikova
Progetto: Ritratto dell'autore da cucciolo[modifica | modifica sorgente]
Di Gregorio Paonessa
Vivo film è impegnata in un progetto che si discosta, forse più da un punto di vista for- male che sostanziale, rispetto alla “mission” che si è data sin dall'inizio della sua attività, produrre film documentari d'autore. Il progetto, in questo caso particolare, consiste nel convincere registi con i quali la casa di produzione è stata, è, e sarà impegnata in produzioni squisitamente documentarie, a raccontare se stessi, la loro infanzia, la loro adolescenza, partendo da memorie, personalissime, utilizzando privatissimi e intimi materiali di repertorio. Il progetto, il cui titolo provvisorio è “Ritratto dell'autore da cucciolo”, dopo Il cuore del soldatino di Guido Chiesa e Tracce di Corso Salani, presenti quest'anno a Bellaria, prevede per il momento altri due cortometraggi di Costanza Quatriglio e Daniele Vicari.
- Il cuore del soldatino di Guido Chiesa
- Tracce di Corso Salani
- Direct Cinema. L'arte del documentario di Federico Siniscalco e Fabrizio Varesco
- Progetto: Sonaso’ Prologo: Tammurriata, Episodio n.1: Marco di Gianfranco Pannone
- Peter's Dream di Enrico Cerasuolo
- Different Perspectives Il congresso della Banca Mondiale a Roma raccontato dai giovani degli slum di Nairobi di Angelo Loy
Fuori concorso[modifica | modifica sorgente]
- Gragas a deus di Leonardo Casali
- 25 anni di BFF di Alessio Fattori
Workshop[modifica | modifica sorgente]
- Berlin 10/90 di Robert Kramer
- Il cantiere di Elisabetta Landi, Vittoria Fiumi, Davide Pagano Luigi Capalbo
- Il corpo e la macchina. La breve storia di Prospero Belloni di Luigi Capalbo
- Paola Artigiana della tammorra di Elisabetta Landi
- Il trasloco di Massimiliano Ferraina