2008

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Enti promotori[modifica | modifica sorgente]

Comune di Bellaria Igea Marina, Assessorato alla Cultura, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione generale per il cinema, Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini, Associazione Close-Up

Direzione[modifica | modifica sorgente]

Locandina Bellaria Film Festival, Anteprima Doc, 2008

Direzione artistica

Fabrizio Grosoli

Direzione organizzativa[modifica | modifica sorgente]

Michela Mercuri

Segreteria, ricerca film e ospitalità[modifica | modifica sorgente]

Cristiana Agostini, Nicoletta Casali, Sara Pierantozzi

Ufficio Stampa[modifica | modifica sorgente]

Catia Donini, Barbara Perversi

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Giorgia Brianzoli, Antonio Tolo

Immagine di copertina[modifica | modifica sorgente]

Lorenzo Mattotti

Sigla[modifica | modifica sorgente]

Alessio Fattori con musica originale di Sergio Loggia

Proiezioni[modifica | modifica sorgente]

Bruno Miselli, Angela Miselli, Ugo Baracchi, Marco Davolio

PRESENTAZIONE[modifica | modifica sorgente]

È motivo di grande soddisfazione ritrovarsi anche quest'anno, qui a Bellaria Igea Marina, per festeggiare assieme il cinema italiano Indipendente. Non è un caso se cl riferiamo al cinema italiano tout-court: riteniamo, Infatti, che il documentario, oggi, sia la forma d'espressione cinematografica più adatta (e libera) per raccontare e interpretare i cambiamenti in atto nel mondo. È il cinema della realtà, che, avvicinandoci e mostrandoci senza giudizi precostituiti le cose e i fenomeni di una società che ci appare sempre più frequentemente caotica, insensata, incomprensibile, ci fornisce le chiavi di lettura per riconoscerla, comprenderla, cambiarla. La stessa attualità di queste ore, in qualche modo, sembra confermarcelo: a Cannes hanno ricevuto riconoscimenti importanti due film italiani (di “finzione”, certo, ma) che fanno dell'attenzione verso temi sociali e del linguaggio asciutto mutuato dal cinema della realtà i loro punti di forza: Gomorra e Il divo. Noi a Bellaria Igea Marina abbiamo avuto la fortuna (e forse l'intuito e la capacità di riconoscere | talenti, quando li incrociamo) di aver premiato in passato sia Matteo Garrone che Paolo Sorrentino, vincitori entrambi del Premio Casa Rossa. L'ennesima conferma per un festival come il nostro che vuole essere ancora e sempre “Anteprima”, Detto questo, il menù che il direttore Grosoli ha preparato è talmente ricco, goloso e vario che promette di saziare e soddisfare anche i palati più esigenti: dalle anteprime italiane dei documentari della sezione Diary and Family Movies, alla retrospettiva dedicata ad una icona del documentario musicale (e non solo) come Peter Whitehead; dagli omaggi a due innovatori (nei rispettivi campi) della televisione italiana: Enzo Biagi e Renzo Arbore, all'esplorazione, assieme ad Ascanio Celestini, di una forma nuova di racconto scenico della realtà; dalla riproposta di una stagione particolarmente innovativa nel documentario underground italiano, alla presentazione, con il nuovo concorso CortoDoc, di una nuova modalità di fruizione e distribuzione dei contenuti audiovisivi. Penserà il direttore Grosoli ad esporre meglio tutto; a noi non resta che ringraziare lui e tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del Bellaria Film Festival e in particolar modo gli enti e le istituzioni che affiancano il Comune di Bellaria Igea Marina nel sostenere la nostra amata AnteprimaDoc.

INTRODUZIONE[modifica | modifica sorgente]

Di Fabrizio Grosoli

Edizione numero 26 del BellariaFilm Festival. La terza che ha per titolo aggiunto: AnteprimaDoc. Arrivati al terzo anno non avvertiamo più l'esigenza di “giustificare” la scelta di campo chiara e netta a favore del cinema documentario. I film del reale sono lì, tra noi; fanno parte integrante della nostra esperienza di spettatori anche se contaminati da una struttura narrativa propria della finzione (che assume di per sé contorni e regole sempre più incerte), anche se “travestiti” da reportage televisivi (e questo perché il solo luogo in cui questi film sembrano non avere ancora uno statuto, un’esistenza riconosciuta, sono le televisioni italiane). Ci preme piuttosto evidenziare una sorta di fil rouge, o di scommessa, che percorre questa edizione del BFF: mostrare il nuovo del cinema documentario e insieme provare a raccontare le radici, i padri occultati e obliati in nome di un visibile sempre più monolitico e invece, a saperli ritrovare, carichi di tesori. Il nuovo è già riassunto dai 3 concorsi, dove non troverete tracce di esperanto televisivo standardizzato ma solo percorsi fortemente personali, anche se a volte esitanti e privi di sicurezze estetiche: AnteprimaDoc, dove ritroviamo i nomi di filmmaker che già abbiamo accompagnato davanti al pubblico in passato insieme a quelli di giovani sul talento dei quali vogliamo puntare ora; Premio Casa Rossa Doc che è ormai il riconoscimento più autentico dell’eccellenza nel settore, grazie a un vero e proprio referendum che segnala i 10 migliori film della stagione; CortoDoc, che è in qualche modo il nuovo del nuovo, a partire dal fatto che si tratta di una prima assoluta per il BFF. In questo caso l’idea di dedicare uno spazio specifico ai documentari fino a 10 minuti nasce anche dalla constatazione che esiste una ritrovata attenzione per le forme corte proprio da parte dei new media (tv internet, video on demand, tv user generated ecc.). E la volontà di stabilire e incrementare un possibile accesso dei filmmaker a un mercato così instabile e volatile come quello della non fiction creativa è da sempre una delle ambizioni del nostro festival. Sull’altro fronte, quello della riscoperta di un passato glorioso e soprattutto pedagogicamente attuale, non potevamo restare insensibili di fronte alle suggestioni di due anniversari: il '68, su cui tutto e troppo è stato detto, ma in tempi recenti con una sospetta e superficiale inclinazione revisionista, e il '78, che rappresenta — a partire dai tragici fatti di quell’anno nel nostro paese — proprio la fine, o l’inizio della fine, del movimento iniziato dieci anni prima aprendo così una nuova stagione sociale e culturale ancora tutto sommato poco indagata. Tra i cineasti che hanno non soltanto “interpretato”, ma letteralmente inventato le tensioni ed esplosioni creative del ’68 fino a imporne l'iconografia stessa, un posto certo non marginale occupa Peter Whitehead. Artista eccentrico quanto anti-intellettuale (il suo rapporto con il cinema è ripreso soltanto oggi, a trent'anni di distanza dal suo ultimo film), Whitehead ha non solo firmato due opere-manifesto, una sulla swinging London (Tonite Let's All Make Love in London) e l’altra sulle rivolte studentesche USA (The Fal), ma nel contempo ha contribuito a costruire l’immagine delle rock band dei sixties, Rolling Stones in primis, creando tra l’altro dal nulla l'estetica delle clip musicali ben prima dell'era video. Certo non possiamo attribuire al BFF la “riscoperta” di Whitehead, i suoi film stanno circolando da qualche tempo nei più innovativi festival internazionali. Ma è in ogni caso per noi motivo d'orgoglio presentare - insieme al Biografilm Festival, partner dell'iniziativa come già avvenne felicemente lo scorso anno per la retrospettiva Pennebaker - per la prima volta in Italia l'integrale del cineasta britannico (incluso il mitico e raro film sui Rolling Stones, bloccato fino ad oggi da una controversia con il manager del gruppo), nonché l'aver realizzato quella che è forse la prima monografia al mondo a lui dedicata (editore Derive & Approdi, a cura di Laura Buffoni e Cristina Piccino). Il '68 ritorna poi nelle tradizionali retrospettive sul documentario italiano, anche se attraverso una piccola selezione che volutamente non tocca i film apertamente militanti ma si concentra invece su meno note sperimentazioni dal tono autobiografico e diaristico inquadrate all’epoca nella cultura underground. In coerenza del resto con la ricerca che il BFF sta portando avanti da tre anni su questi temi e che si concretizza sia nella selezione internazionale che abbiamo chiamato Diary and Family Movies sia nel workshop sul riutilizzo dei film di famiglia nel cinema di oggi organizzato dall’Associazione Home Movies. E in fondo può essere considerata un’ulteriore conferma della vitalità espressiva degli anni Sessanta - non sembri riduttivo affermarlo - anche l'essenziale omaggio ad Enzo Biagi curato per noi dal suo amico e collaboratore Loris Mazzetti, dove emerge la figura di un Biagi non solo grandissimo giornalista (in questo caso) televisivo, ma straordinario documentarista tout court, inventore di un linguaggio spoglio ed estremamente efficace nelle inchieste memorabili dell’epoca. Quando si è trattato invece di riandare con la memoria al 1978, da subito si è fatta strada l’idea di rendere omaggio non a un film (come voleva la tradizione bellariese della Festa di Compleanno), ma alla Tv del periodo. Alla fine degli anni settanta la RAI non si era ancora omologata alla concorrenza delle Tv private come sarebbe avvenuto di lì a poco e c’era ancora spazio per produzioni sperimentali e palinsesti decisamente non convenzionali. Di quell'epoca abbiamo scelto solo due esempi, ma fortemente significativi. Da una parte le 5 puntate di La Macchina Cinema, il colossale documentario che ora ci appare con evidenza come la geniale testimonianza su un grande cinema in via di disfacimento come era allora quello italiano, firmato dal quartetto di per sé d'eccezione Bellocchio, Petraglia, Rulli, Agosti. Dall'altra uno dei programmi più innovativi e trasgressivi della storia della Tv italiana, L'Altra Domenica, che stravolgeva radicalmente le regole dell’intrattenimento televisivo facendosene beffe allegramente e che lanciò sotto la guida di un conduttore come Renzo Arbore una serie di giovani talenti tra cui il “critico cinematografico” Roberto Benigni. E’ grazie alla collaborazione reale dei canali Rai Sat (anche quest'anno sostenitori del BFF) e all'impegno personale del suo presidente Carlo Freccero, che durante il festival sarà possibile ricostruire il clima irripetibile di quell’esperienza di spettacolo in una serata live alla presenza di Arbore e di gran parte della sua “banda” d’allora. Resta da dire che quest'anno molto spazio è concesso anche a ciò che va oltre il momento della proiezione. Tutte le mattine saranno dedicate essenzialmente ad incontri sullo “stato delle cose” del documentario di oggi. L'ultima, quella di lunedì 9, sarà affidata a uno dei grandi del cinema del reale internazionale, Nicolas Philibert, che racconterà del rapporto tra autobiografia e soggetto filmato sulla base dell'esperienza del suo ultimo film Retour en Normandie a sua volta originato dal Moi, Pierre Rivière.... di René Allio del 1976. Le altre mattinate - organizzate in stretta collaborazione con gli amici della D.E-R e di Doc/It , le associazioni di categoria più importanti nel nostro territorio - vogliono fare il punto su questioni aperte: il ruolo dei festival per gli autori e il mercato, l’insegnamento del documentario tra scuola di base, università e corsi professionali, il rapporto tra scrittori che si muovono tra reportage e finzione e cineasti. In fondo, alla base di queste iniziative c'è il fatto che il BFF vuole sempre di più essere il luogo in cui “naturalmente” possano trovare a confrontarsi tutti coloro che al cinema del reale dedicano passione, lavoro, creatività o anche semplice intensa attenzione di spettatori. Il nostro obiettivo più desiderato sarà raggiunto se anche quest'anno Bellaria avrà saputo essere, per tutti una, accogliente, “Casa” del documentario.

CONCORSO ANTEPRIMADOC[modifica | modifica sorgente]

La giuria[modifica | modifica sorgente]

  • Ascanio Celestini è nato a Roma nel 1972. I suoi spettacoli teatrali sono legati ad un lavoro di ricerca sul campo e indagano nella memoria di eventi e questioni legate alla storia recente e all'immaginario collettivo. La sua scrittura nasce sempre da un lavoro di indagine condotta attraverso lunghi periodi di interviste e di laboratori. Del 2000 sono Radio Clandestina e Cecafumo, del 2002 Fabbrica. Scemo di Guerra ha debuttato nel 2004 alla Biennale di Venezia. La Pecora Nera nel 2005. Nel 2004 ha girato il documentario Senza Paura e nel 2007 Parole Sante, presentato al BFF 2008. Ha lavorato a Radio3, mentre in ottobre ha partecipato al programma “Parla con me” di RAI3. Con Donzelli Editore ha pubblicato Cecafumo, Fabbrica e il libro-dvd Radio Clandestina. Con Einaudi il romanzo Storie di uno scemo di Guerra, La Pecora Nera e il libro-Dvd Scemo di Guerra. È stato attore e autore nella trasmissione “La storia siamo noi”. Attualmente sta portando in toumée Appunti per un film sulla lotta di classe. Il cd Parole sante (Ascanio Celestini, voce; Roberto Boarini, violoncello; Gianluca Casadei, fisarmonica; Matteo D'Agostino Chitarra) ha vinto il Premio Ciampi 2007 come Miglior debutto discografico dell’anno.
  • Guido Chiesa è nato a Torino nel 1959. Terminata l’Università, si e trasferito negli Stati Uniti dove negli anni Ottanta ha lavorato con Jim Jarmusch, Amos Poe, Michael Cimino e realizzato diversi cortometraggi, videoclip e lavori televisivi. Tornato in Italia, esordisce alla regia cinematografica con il lungometraggio Il caso Martello (1991). Alterna lavori di fiction e documentari. Tra i suoi film Babylon (1994), Materiale resistente (1995), Non mi basta mai (2000, coregia di Daniele Vicari), Una questione privata: vita di Giuseppe Fenoglio (1998), Il partigiano Johnny (2000), Alice è in paradiso (2002), Lavorare con lentezza (2004), Stessa spiaggia, stesso mare (2006), Kishe lone - La nostra chiesa (2007) e Le pere di Adamo, in concorso Premio Casa Rossa al BFF 2008. Per Sky Cinema ha realizzato quest'anno la serie “Quo Vadis Baby?”.
  • Gabriella Gallozzi è nata a Roma, dove vive e lavora. Giornalista de “l'Unità”. Dalla fine degli anni Ottanta si occupa di spettacoli e, in particolare, di cinema che segue anche da inviata ai festival di Cannes e Venezia. Per RAI3 ha collaborato con “Storie vere”, firmando il documentario Le ragazze della Nuova Polonia e come consulente per il programma “La base”. Attualmente sta realizzando, in collaborazione con l'Associazione Antonello Branca, un archivio per la raccolta delle videotestimonianze di tutte le partigiane italiane, “Voci di donne dalla resistenza”.
  • Francesco Piccolo è nato a Caserta nel 1964. Vive e lavora a Roma. Ha pubblicato Scrivere è un tic. I metodi degli scrittori (1994, edizioni minimum fax, ristampato nel 2006), Storie di primogeniti e figli unici (1996, Premio Berto e Premio Chiara), E se c'ero, dormivo (1998), Il tempo imperfetto (2000), Allegro occidentale (2003, finalista Premio Strega), tutti editi da Feltrinelli. Nel 2007 ha pubblicato L'Italia spensierata (Laterza). Collabora con vari quotidiani e riviste, tra cui “la Repubblica” e “Diario”. Per il cinema ha scritto sceneggiature per Paolo Virzì (My name is Tanino, Renato De Maria (Paz), Michele Placido (Ovunque se), Silvio Soldini (Giorni e Nuvole), Nanni Moretti (/ caimano) e Antonello Grimaldi (Caos calmo). Cura il laboratorio di sceneggiatura al D.A.M.S. della terza Università di Roma.
  • Alba Rohrwacher è nata a Firenze. Si è formata artisticamente all’Actors Studio. Nel 2003 si è diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia. Il suo debutto. l cinematografico è del 2004, nel film di Carlo Mazzacurati L'amore ritrovato. Nel 2005 recita per Luca Guadagnino È in Melissa P, nel 2007 si fa notare nel film di Daniele Luchetti Mio fratello è figlio unico, dove interpreta la sorella di Elio Germano e Riccardo Scamarcio. Il 2007 è un anno importante per la sua carriera sempre più in ascesa, infatti partecipa a Piano, solo di Riccardo Milani ed interpreta la figlia di Antonio Albanese e Margherita Buy in Giorni e nuvole di Silvio Soldini, ruolo per cui riceve il David di Donatello 2008 come migliore attrice non protagonista. Nel 2008 partecipa al film Riprendimi di Anna Negri, presentato al Sundance Film Festival, a Caos calmo di Antonello Grimaldi e a // padre di Giovanna di Pupi Avati.

Film[modifica | modifica sorgente]

PREMIO CASA ROSSA DOC[modifica | modifica sorgente]

CONCORSO CORTODOC[modifica | modifica sorgente]

  • 37 kg di Maurizio Failli
  • A piedi sul filo di Enrica Andreetto
  • Ain't no Sunshine di Silvio Canini
  • Alda di Ricky Farina
  • Arte è potere? di Giuseppe Carrieri
  • Black Cross Bowl di Invernomuto
  • Derivazioni di Stefania Rossi
  • Era della ruggine di Esteban Vivaldi
  • Le fotografie di Leonilda (Pamparato) di Mario Garofalo
  • Il frutto della speranza di Massimiliano Mazzotti
  • Un gradino sopra di Alessandro Ceccarelli
  • Nato segreta di Vincenzo Frenda
  • Senza perdere la tenerezza di Francesca Balbo
  • Il viaggio di Antonio Puhalovich
  • Le voci di Amerigo (Bajo Dora) di Elena Brusisco, Daniel Ruffino

1968. DIARI DI VIAGGIO[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 1[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 2[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 3[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 4[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 5[modifica | modifica sorgente]

PROGRAMMA 6[modifica | modifica sorgente]

FESTA DI COMPLEANNO: LA MACCHINA CINEMA[modifica | modifica sorgente]

Silvano Agosti è nato a Brescia nel 1938. Si diploma all'Istituto Magistrale e parte per Londra: vuole vedere la casa dove è nato Charlie Chaplin. Prosegue il suo viaggio alla scoperta del mondo, vivendo in Inghilterra, in Francia, in Germania e infine parte a piedi, come un pellegrino medioevale, per visitare tutto il Medio Oriente e l'Africa del nord. Nel 1960 si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove si diploma nel 1962, vincendo il Ciak d'oro con il cortometraggio La veglia. Nel 1963 a Mosca, si specializza sull'opera di Ejzenstejn. Dopo aver lavorato con Marco Bellocchio alla sceneggiatura, ai dialoghi e al montaggio de / pugni in tasca, nel 1967 esordisce alla regia col lungometraggio // giardino delle delizie. Nel 1975 dirige con Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli Matti da slegare - Nessuno o tutti. Dal 1976 al 1978 è docente di montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia, intorno agli anni Ottanta inizia la sua attività letteraria. A partire dal 2003, la sua sala cinematografica, Azzurro Scipioni, nel quartiere Prati, diviene un punto di riferimento per i film d'arte e per quelli impegnati. Filmografia (selezione): // giardino delle delizie (1967), N.P. - Il segreto (1971), Matti da slegare - Nessuno o tutti (1975), Nel più alto dei cieli (1977), La macchina cinema (1978), Quartiere (1987), Uova di garofano (1991), L'uomo proiettile (1995), La seconda ombra (1999), La ragione pura (2001).

Marco Bellocchio è nato a Piacenza nel 1939. Completati gli studi presso istituti religiosi, si iscrive alla facoltà di Filosofia della Cattolica di Milano. Nel 1959 si trasferisce a Roma per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dopo aver diretto i cortometraggi Abbasso il zio (1961), La colpa e la pena (1961) e Ginepro fatto uomo (1962), segue i corsi di cinema della Slade School of Fine Arts di Londra. Esordisce nella regia con il lungometraggio / pugni in tasca (1965). Due anni dopo mette sotto accusa i mali della società borghese in La Cina è vicina (1967); in questi tempi il suo nome viene sempre più accostato a quello di un altro illustre emiliano,

Bernardo Bertolucci. Considerato uno dei registi italiani più politicamente impegnati, negli anni Settanta si spinge all’interno delle istituzioni per denunciare violenze, soprusi ed ingiustizie: un collegio (Me/ nome del padre, 1972), il manicomio (Matti da slegare - Nessuno o tutti, 1975), o l'ambiente militare (Marcia trionfale, 1976). Il conflitto sembra proseguire anche nell’ambito della sua vita privata. A metà degli anni Ottanta è molto criticato per essersi fatto affiancare dal suo psicanalista Massimo Fagioli durante la lavorazione de // diavolo in corpo (1986). In seguito, sempre con Fagioli, si avvia verso un lungo periodo di esplorazione cinematografica dell'inconscio. Con il nuovo millennio, torna a rivolgere la sua attenzione al presente: L'ora di religione (2001), Buongiorno, notte (2003) e /l regista di matrimoni (2006). Nel 2008 gira Vincere.Filmografia: I pugni in tasca (1965), La colpa e la pena (1965), La Cina è vicina (1967), Amore e rabbia (1969), Viva il 1° maggio rosso proletario (1969), Il popolo calabrese ha rialzato la testa - Paola (1969), Nel nome del padre (1972), Sbatti il mostro in prima pagina (1973), Matti da slegare - Nessuno o tutti (1976), Marcia trionfale (1976), Il gabbiano (1977), La macchina cinema (1978), Salto nel vuoto (1979), Vacanze in Val Trebbia (1978-1980), Gli occhi, la bocca (1982), Enrico IV (1984), Il diavolo in corpo (1986), La visione del Sabba (1988), La condanna (1990), Il sogno della farfalla(1994), Sogni infranti - Ragionamenti e deliri (1995), Il principe di Homburg (1997), Elena (1997), La religione della storia (1998), La balia (1999), Un altro mondo è possibile (2001), L'ora di religione - Il sorriso di mia madre (2002), Addio del passato... (2002),A un millimetro dal cuore (2002), Buongiorno, notte (2003), Il regista di matrimoni (2006), Vincere (2008).

Sandro Petraglia è nato a Roma nel 1947. Si è laureato in filosofia. Ha iniziato la sua carriera nel cinema da critico, poi come regista e successivamente sceneggiatore. Nel 1975, con Silvano Agosti, Marco Bellocchio e Stefano Rulli ha realizzato il film Matti da slegare - Nessuno o tutti e nel 1978 La macchina cinema. Firma la regia anche diIl mondo dentro (1979) e Gran serata futurista (1981). Lavora molto per la televisione, scrivendo di frequente insieme a Stefano Rulli. La coppia di sceneggiatori si ritrova molto spesso anche nel mondo del cinema: Il gabbiano di Marco Bellocchio, Bianca di Nanni Moretti, Dolce assenza di Claudio Sestieri, Giulia e Giulia e Etoile di Peter Del Monte, Mery per sempre di Marco Risi, Domani accadrà di Daniele Luchetti, Pummarò di Michele Placido, Il muro di gomma di Marco Risi, Il portaborse di Daniele Luchetti, Il ladro di bambini di Gianni Amelio, Ambrogio di Wilma Labate, Arriva /a bufera di Daniele Luchetti, Fiorile di Paolo e Vittorio Taviani, Il toro di Carlo Mazzacurati, Poliziotti di Giulio Base, La scuola di Daniele Luchetti, Pasolini, un delitto Italiano di Marco Tullio Giordana, Vesna va veloce di Carlo Mazzacurati, La mia generazione di Wilma Labate, Marianna Ucrìa di Roberto Faenza, La tregua di Francesco Rosi, I piccoli maestri di Daniele Luchetti, La guerra degli Antò di Riccardo Milani, L'amante perduto di Roberto Faenza, Domenica di Wilma Labate, La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, Le chiavi di casa di Gianni Amelio, Romanzo Criminale di Michele Placido, Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti, La Ragazza del lago di Andrea Molaioli per il quale ha vinto il David di Donatello. Filmografia: Matti da slegare - Nessuno o tutti (1975), La macchina cinema (1978), Il mondo dentro (1979), Gran serata futurista (1981).

Stefano Rulli è nato a Roma nel 1949. Laureatosi in lettere con una tesi su Neorealismo e critica cinematografica, organizza nel 1974 per la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro il convegno sul neorealismo. In questo periodo pubblica Polansky (Nuova Italia, Castoro, 1975) e collabora alle riviste “Ombre Rosse”, “Scena”, “Quaderni piacentini”, “Essai”, “Cinema sessanta”. Nel 1975 con Marco Bellocchio, Silvano Agosti e Sandro Petraglia, realizza Matti da slegare - Nessuno o tutti e nel 1978 La macchina cinema. Risalgono a questi anni le sue prime sceneggiature: Nel più alto dei cieli di Silvano Agosti e Il gabbiano di Marco Bellocchio. Insieme a Sandro Petraglia realizza una sorta di trilogia sulle borgate romane: Il pane e le mele (1980), Settecamini da Roma (1981) e Lunario d'inverno (1982) e moltissimi altri lavori per la televisione tra cui gli episodi 4, 5 e 6 de La Piovra. Per il cinema ha scritto, spesso in coppia con Petraglia: La donna del traghetto di Amedeo Fago, Mery per sempre di Marco Risi, Pummarò di Michele Placido, Il portaborse di Daniele Luchetti, Muro di gomma di Marco Risi, Il ladro di bambini di Gianni Amelio, Arriva la bufera di Daniele Luchetti, Il Toro di Carlo Mazzacurati, La Scuola di Daniele Luchetti, Pasolini, un delitto Italiano di Marco Tullio Giordana, Vesna va veloce di Carlo Mazzacurati, La tregua di Francesco Rosi, Auguri professore di Riccardo Milani, I piccoli maestri di Daniele Luchetti, Le chiavi di casa di Gianni Amelio, Romanzo Criminale di Michele Placido, Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti. Dal 1990 si occupa di progetti sociali legati alla malattia mentale e nel 1998 crea insieme a Clara Sereni la fondazione “La città del Sole”. Nel 2004 realizza il documentario da lui scritto, diretto e interpretato, Un silenzio particolare. Filmografia: Matti da slegare - Nessuno o tutti (1975), La macchina cinema (1978), Un silenzio particolare (2004).

ARBORE E QUELLI DELL'ALTRA DOMENICA[modifica | modifica sorgente]

Renzo Arbore e il suo talento hanno segnato la storia della radio e della televisione italiana. Come ha scritto Aldo Grasso: “Arbore può essere considerato quella coscienza mediologica della televisione di cui spesso si sente la mancanza, si è dimostrato il solo capace di ricomporre la frammentarietà del mez20 e di afferrarne la natura eterogenea. Ha fatto televisione sapendo che essa è anche radio, cinema, teatro, giornale”. E infatti nei suoi decenni di carriera fortunatissima, caratterizzata anche dalla scelta pervicace di non inflazionare mai se stesso, è stato protagonista incontrastato e grande innovatore di radio, televisione, cinema, musica. Basta scorrere velocemente la biografia artistica di Arbore per comprendere quale sia stata la sua portata nel panorama dello show business di ieri e di oggi. Certo, la prima immagine che può venire alla mente è quella del conduttore televisivo o dell’agitatore di masse con la musica della sua Orchestra Italiana, ma Arbore è stato ed è molto di più, passando per il cinema, fatto con impronta personalissima, l'amore per ogni genere di musica e la sua personalità aperta, che alterna con divertimento e geniale leggerezza “alto” e popolare, amore per Napoli e il mandolino con il jazz e l'America. In coppia con Gianni Boncompagni firma dapprima una serie di trasmissioni radiofoniche che resteranno negli annali e che saranno di ispirazione per generazioni di autori e disc-jockey: nel 1965 “Bandiera gialla” (ideata con Adriano Mazzoletti) che fu anche una rubrica del “Radiocorriere Tv” firmata dallo stesso Arbore per parecchi anni; nel 1966 (con Enrico Roda) “Per voi giovani”, in cui viene dato spazio all'emergente cultura giovanile. Un clamoroso successo fu, in radio, la trasmissione “Alto gradimento”, anch'essa condotta con il sodale Boncompagni, esilarante galleria di personaggi che si alternavano alla messa in onda di musica internazionale, che Arbore stesso (entrato in RAI come programmatore musicale) scovava. Una trasmissione geniale, che realizzò indici di ascolto impensabili, creando tormentoni comici che per anni rimasero nella mente e nei modi di dire della gente. La prima puntata andò in onda il 7 luglio 1970, dalle 13 alle 14, e così sarà per oltre sei anni. Al fianco di Arbore e di Boncompagni c'erano Giorgio Bracardi e Mario Marenco. L'idea nacque da un film americano degli anni Quaranta, Helzapoppin' di Henry G.Potter, una successione ininterrotta di battute e situazioni demenziali e anticonvenzionali. Max Vinella, il colonnello Buttiglione, Scarpantibus, la Sgarambona, il professor Aristogitone, lo studente Verzo, il tenente Catenacci entrarono nell'immaginario collettivo. “Alto gradimento” fu una stralunata dissacrazione delle regole della radio, della pubblicità di prodotti inesistenti e surreali, del ricorso sistematico alla tecnica del tormentone. Divenne un fenomeno di costume, il modello di tutte le radio libere nate negli anni Settanta, e tuttora influenza moltissimi programmi radiofonici. Nel 1969 Arbore inizia la carriera televisiva; quegli anni caldi, di contestazione, gli ispirarono “Speciale per voi”, programma musicale che tenne a battesimo nomi come Lucio Battisti. Per la prima volta famosi cantanti venivano messi sotto il fuoco incrociato di domande e osservazioni, anche cattive, da parte del pubblico in sala. E' il primo talk-show della televisione italiana. Poi arrivò “L'altra domenica”... e ancora “Tagli, ritagli e frattaglie”, “Telepatria International”, “Cari amici, vicini e lontani”, in un - ancora una volta innovativo - connubio fra radio e Tv e nel 1985 “Quelli della notte”, che inaugura la “seconda serata”, in cui Arbore si trova a proprio agio al punto di diventarne un assiduo frequentatore. La trasmissione è il trionfo dell’improvvisazione al suo stato più alto, imponendo uno stile nuovo, in cui i protagonisti nel salotto chiacchierano a ruota libera seguendo un filone decretato dal tema della puntata, sfociando in una comicità improvvisata ed improvvisa. Satira dei dilaganti salotti televisivi, lanciò Nino Frassica nelle vesti di Frate Antonio da Scasazza che con i suoi sproloqui fece divertire mezza Italia. E poi Riccardo Pazzaglia il filosofo partenopeo, Massimo Catalano l’intellettuale viveur, Maurizio Ferrini commerciante romagnolo di pedalò, Simona Marchini romantica sognatrice, Marisa Laurito cugina in attesa perenne del fidanzato. Tornarono poi Marenco, Andy Luotto, tutti orchestrati da Arbore, grande trascinatore. La trasmissione segnò un’epoca e i tormentoni e le battute entrarono nel gergo quotidiano. A riprova del fenomeno, l’album con le musiche della trasmissione vendette 500.000 copie. Nel 1987 parte la striscia quotidiana di “D.0.C.”, programma musicale con Gegè Telesforo e Monica Nannini, che Arbore collocherà un anno dopo nella fascia oraria notturna a lui prediletta nella trasmissione dal titolo “International D.O.C. Club”. Ma questo è soprattutto l’anno di “Indietro tutta”, programma satirico in cui Arbore è ammiraglio di questa nave che naviga all'indietro, coadiuvato, nelle 65 puntate quotidiane, dal “bravo presentatore” Nino Frassica. Il programma stigmatizzava l’invadenza della televisione di tipo commerciale, ridicolizzandone usi e costumi; c'erano le ballerine brasiliane del Cacao Meravigliao, che rappresentavano un surreale sponsor (ma la gente lo chiedeva davvero nei negozi) e le Ragazze Coccodè, un ridicolo corpo di ballo. Ancora accanto ad Arbore, Marenco che impersonava Riccardino, un bambino dispettoso che con tanto di grembiule e cartella passava il tempo a rincorrere il cane Fiocco; il maestro Mazza era a capo dell'orchestra Mamma li Turchi, Francesco Paolantoni era Cupido, appeso all’altalena e intento a lanciare frecce che non andavano mai a segno, Fulvio Falzarano il gonghista. La scenografia rappresentava una nave e Arbore era attorniato da due ragazze che rappresentavano Miss Nord e Miss Sud (Nina Soldano e una giovanissima Maria Grazia Cucinotta). Nel 1990 conduce “Il caso Sanremo”, dove in un processo simulato è giudice su fatti e misfatti della storia canora sanremese attorniato da una improbabile corte e avvocati interpretati da Michele Mirabella e Lino Banfi. Due anni dopo rende omaggio in Tv a Totò con “Caro Totò... ti voglio presentare”. Nel 1996 conduce per 22 ore “La giostra”, in diretta via satellite per Rai International di cui è diventato direttore artistico e testimonial. Il 22 gennaio 2005 il grande ritorno televisivo con “Speciale per me”, ovvero “Meno siamo, meglio stiamo”, in compagnia di Marisa Laurito, Michele Mirabella, il maestro Leo di San Felice e il presentatore Stornaiuolo, tanti ospiti e spezzoni televisivi e cinematografici. Un programma (fascia notturna) in cui i televisivamente “maleducati” spettatori di oggi ascoltano musica jazz, tra una battuta e un’altra, passando per la rivisitazione di reperti televisivi dispersi di artisti che hanno caratterizzato la televisione italiana. Di nuovo un grande successo, con il 25% di share. C'è anche un programma Tv dove Arbore non compare fisicamente: è “Marisa la Nuit”, dove è voce fuori campo per la Laurito. Evidente l'ispirazione di questo modo di fare televisione in successivi programmi di successo, che poi saranno un marchio della Gialappa's Band.

IL CINEMA[modifica | modifica sorgente]

Arbore ha frequentato anche, in varie vesti, il grande schermo: la prima esperienza cinematografica, risalente al 1971, è come attore nel film Giù /a testa... hombre, per la regia di Demofilo Fidani. Lo stesso anno, sempre per la regia di Fidani, interpreta uno sceriffo nel film Per una bara piena di dollari. Nel 1981, scrive, dirige ed interpreta // Pap'occhio, una satira che mischia il sacro e il profano. Assieme ad Arbore e a Benigni, fanno parte del cast del film Mariangela Melato, Andy Luotto, Isabella Rossellini, Diego Abatantuono, Silvia Annichiarico, Luciano De Crescenzo (autore con Arbore della sceneggiatura), Le Sorelle Bandiera. In questo film il Papa, convinto di voler rimodernare il linguaggio della Chiesa, contatta Arbore per fargli dirigere un programma musicale nel nuovo canale televisivo del Vaticano. Arbore accetta, chiamando a sé tutta la sua “sacra famiglia" di collaboratori con i quali invade il palazzo papale. Cantato come un musical, colmo di citazioni (tra cui Prova d'orchestra, di Fellini), è anche un omaggio alla letteratura italiana (Dante), alla cultura dello spettacolo e dell'intrattenimento americano (musical), ed è una divertentissima messa in scena delle più celebri tappe della storia di Gesù, dall'Ultima Cena al tradimento di Giuda per trenta gettoni, dal gallo che canta, sino alla presenza di Dio in persona. È anche l'unico film italiano che gode della partecipazione straordinaria di Martin Scorsese (all'epoca in cui fu girata la pellicola, marito di Isabella Rossellini). Il film venne ritirato dalle sale per una discussa sentenza di un tribunale che vide nel film espliciti attacchi al Vaticano; ne fu disposto il sequestro per vilipendio della religione di Stato nel momento del suo maggior successo. Fu ridistribuito solo nel 1998, e dopo che Benigni ottenne tre premi Oscar. Le scene d'interni furono girate nella Reggia di Caserta. La fotografia appartiene a Luciano Tovoli, lo stesso direttore di Professione: reporter (1975) di Michelangelo Antonioni e di diversi film di Dario Argento. Un'altra interpretazione da attore un anno dopo in Quasi quasi mi sposo per la regia di Vittorio Sindoni; poi cura le musiche, nel 1985, di // mistero di BellaviSta, scritto e diretto da Luciano De Crescenzo. Il 1983 è l'anno di FF.SS, Cioè: che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?. Un film di un umorismo innovativo, e vitalissimo, che alterna parodia e satira, dialetto e lingua, comicità e invenzioni visive, come sottolineò all'epoca anche Morando Morandini; Arbore ne firma la regia e la sceneggiatura, oltre ad interpretare Onliù Caporetto, che promuove le gesta canore di una talentuosa ragazza (Lucia, interpretata da Pietra Montecorvino) e percorrerà assieme a lei tutti i gradini fino ad arrivare ad affermarsi al Festival di Sanremo. Compare ancora come attore in L'odore della pioggia di Nico Cirasola (1989) e in Il fratello minore di Stefano Gigli (2000).

  • L'altra domenica
  • Il Pap'occhio di Renzo Arbore

PETER WHITEHEAD: CINEMA MUSICA RIVOLUZIONE[modifica | modifica sorgente]

Essere nel posto giusto al momento giusto. Per Peter Whitehead nato anche Lorrimer - la parte del cognome che diventerà il “logo” della sua casa di produzione - la scommessa era difficile ma anche irresistibile. Il luogo e il tempo sono infatti gli anni Sessanta nella Londra che ha già scoperto i Beatles e sta per essere travolta dai Rolling Stones, tra i sussulti che esploderanno nel Maggio ‘68, l'urlo di libertà contro la guerra in Vietnam di Allen Ginsberg e della Beat Generation, la musica psichedelica dei Pink Floyd e la voce morbidamente sensuale di Nico che di fi a poco volerà per sempre in America. Studente d'arte che divide negli anni della facoltà il college insieme a Syd Barrett, l'ispiratore dei Pink Floyd, Peter Whitehead opta per gli studi scientifici senza escludere la pittura, una passione speciale per Francis Bacon, la musica, la scrittura. Invece sarà il cinema a catturarlo e quasi per caso. Mentre frequenta i corsi, tra i quali un laboratorio di cinema, viene ingaggiato dalla RAI che aveva bisogno di un cameraman per il suo inviato a Londra. Un'esperienza fondamentale insieme alla scoperta dei grandi maestri del tempo: Antonioni, Bergman e naturalmente Jean-Luc Godard, il regista che ha più influenzato la sua opera, del quale Whitehead ha anche curato la traduzione inglese delle sceneggiature. Il primo film è anch'esso quasi un caso. Armato di una Eclair e di un registratore Nagra, Whitehead riprende l'evento epico del reading alla londinese Albert Hall che raduna su un palco, nel '65, in Europa, tutta la Beat generation di Ginsberg e Ferlinghetti. Il film si chiama Wholly Communion ('65), appassionata e straordinaria sintesi in poco meno di un'ora di un evento durato quattro ore del quale riesce a rendere atmosfera e tensione. È per questo che Andrew Loog Oldman, il manager dei Rolling Stones allora appena agli inizi, lo chiama per girare un film sul tour in Irlanda del gruppo. Charlie is my Darling ('66), dedicato a Charlie Watts, il batterista, è il primo film di una serie che li vede protagonisti - l’ultimo è Shine a Light (2008) di Martin Scorsese. Charlie racconta il suo rapporto con il pubblico e con gli altri Stones, Whitehead gioca tra la loro immagine pubblica già di “cattivi ragazzi” e un backstage ancora “ingenuo”, da studenti della porta accanto. Il film seguente di Whitehead nasce dall'incontro col regista teatrale e drammaturgo Peter Brook: Benefit of the Doubt(‘67) è una feroce critica alla guerra americana in Vietnam - “tutti i miei film parlano dell’America” dice il regista. Le riprese dello spettacolo si mescolano alla vita quotidiana, le interviste agli attori sul loro lavoro rispetto ai personaggi, Peter Brook che parla del dramma. Il montaggio alterna bianco e nero e colore e alcuni critici inglesi lo considerano sulla stessa linea di Partner di Bernardo Bertolucci. Intanto “Time” ha consacrato la definizione di “Swinging London”. Ed è questo il punto di partenza per 7onite Let's all Make Love in London (‘67), titolo “rubato” a un verso di Ginsberg, nel quale Whitehead mescolando immagini di giornali, cartelloni pubblicitari, la gente ripresa in strada, le star, prova a smantellare il mito mediatico evidenziando il conflitto: la repressione, la povertà. L'influenza della Cia nella politica interna britannica. Il flusso segue il sound dei Pink Floyd che aveva già ripreso in concerto nel leggendario club Ufo e in uno studio durante la registrazione di Interstellar Overdrive diventato poi la colonna sonora di Pink Floyd. London 1966/67. Benefit of the Doubt e Tonite Let's all Make Love in London al New York Film Festival. Nel frattempo Whitehead colpito i John Kennedy lavora a una sceneggiatura sul tema dell’omicidio e immagina come un documentario di finzione con protagonista un ossessionato dalla scelta tra militanza politica e gesto rivoluzionario torna negli Stati uniti nel maggio del ‘68 e nel frattempo viene ucciso Luther King. Un mese dopo gli studenti occupano la Columba University New York. Whitehead riesce a entrare, l’unico con la macchina da mano, “documentando” l'occupazione e il violento intervento finale della milizia. Whitehead parte, in America sparano a Bob Kennedy, lui ha il materiale scottante e straordinario. Il montaggio lo occuperà per i mesi successivi diventando The Fall (69) un racconto personale e politico sui fatti. In seguito Whitehead cade in depressione, lascia il cinema ma stavolta per sempre. Ci torna infatti nel '73 con Daddy, fiaba nera nutrita dalle ossessioni che dell'artista Niki de St.Phalle, anche sua fidanzata al momento delle riprese e nel'77 con Fire in the Water, quasi un requiem per gli anni Sessanta il regista rivede le immagini di quel tempo alternandole all’esperienza di comunione con la natura vissuta in parallelo dalla donna che lo accecò (Nathalie Delon, la sua compagna di allora). Intanto Whitehead ha scoperto i falchi, una vecchia passione come la egizia che evocano. Londra sta vivendo un’altra rivoluzione, sono gli anni del punk, di Johnny Rotten e Sid Vicious, Whitehead si sente già altrove via con i suoi uccelli in Arabia Saudita dove rimarrà per tutti gli anni fino alla prima Guerra del Golfo, lavorando in un allevamento di falchi

DIARY AND FAMILY MOVIES[modifica | modifica sorgente]

Le giornate del cinema privato 2008 percorsi originali d'espressione e di memoria[modifica | modifica sorgente]

Di Luca Ferro, Paolo Simoni, Gianmarco Torri

Le Giornate del cinema privato nascono nel 2005 in occasione di una rassegna/seminario che si è svolta tra Siena, Firenze e Pisa nel novembre dello anno. L'idea che le origina discende da un’ambizione: cogliere il nuovo e l'antico nel cuore della rivoluzione comunicativa che stiamo vivendo. Svelarne le tracce nel passato e individuame i caratteri più stimolanti a seguito dell'ampliarsi ad una vasta platea del privilegio, fino a ieri riservato a pochi, di esprimersi audiovisivamente. Un'evoluzione questa che già ha dato luogo al moltiplicarsi di tematiche e sensibilità direttamente collegate ad eventi, circostanze ed esperienze private. Che ha evidenziato un approccio originale rispetto alla produzione televisiva e cinematografica. Che tende a superare la classificazione amatoriale/professionale e documentario/film sperimentale, e che elabora strategie espressive assai diverse da quelle del cinema documentario e narrativo industriale. In quella prima occasione furono presentate opere di Joseph Morder, Péter Forgàcs, Stan Brakhage, Jonas Mekas, Abraham Ravett, Jay Rosenblatt, Stephen Dwoskin, insieme all'opera di molti altri cineasti italiani e stranieri che mostravano lavori che in modo incidentale o per una precisa vocazione autoriale affrontavano argomenti leg:t' all'ambito personale e familiare (Caterina Klusemann, Michelangelo Buffa. Jan Peters, Alberto Momo, Mauro Santini, Chiara Malta, Giuseppe Baresi, cole Scherg, Elsa Quinette), accanto a una selezione di film di famiglia provenienti da Home Movies/Archivio Nazionale del Film di Famiglia. L'intenzione era quella di fare una prima mappatura di un territorio che, complice la rinnovata leggerezza del video digitale a basso e bassissimo costo (dalle telecamere MiniDV ai telefonini) e l'esplosione di piattaforme di condivisione di materiali audiovisivi online, sembra emergere e affermarsi come uno dei più fecondi, interessanti e indubbiamente consistenti nella produzione audiovisiva contemporanea. Per questo, e per offrire modelli teorici, elementi di riflessione e di elaborazione, siamo andati alla ricerca di una tradizione che ci sembrava presente in filigrana fin dalle origini del cinema e abbiamo cominciato a riannodare, sia in modo empirico radunando una serie di opere e autori, sia con l’aiuto e il contributo di studiosi come Adriano Aprà e Roger Odin, i fili di una produzione che abbiamo proposto di definire “cinema privato”. Nel tentare di precisare la natura e le caratteristiche dell'espressione cinema privato, ci sembra di poter individuare diversi elementi caratterizzanti: una prevalenza di temi legati all'ambito personale; un interesse specifico legato all'indagine o alla ricostruzione della memoria familiare e autobiografica; il desiderio di filmare la propria vita e di riflettere sul rapporto tra la pratica del filmare diaristico e il vissuto quotidiano; una diffusa vocazione ad evidenziare i riflessi degli accadimenti storici sulla vita privata e quelli delle storie private sulla vita pubblica; il non rivolgersi in origine a un pubblico indistinto ma piuttosto a gruppi ristretti e a cerchie limitate di persone intorno a sé; il partire da universi di prossimità e di vicinanza affettiva con le cose e le persone rappresentate nonché con i destinatari delle stesse opere (cerchie familiari, amicali o artistiche); una modalità produttiva indipendente e tendenzialmente autofinanziata, che trae origine da un'esigenza espressiva estremamente intima, che mantiene il controllo totale su ogni fase del lavoro e che si costruisce giorno dopo giorno, costantemente aperta a modifiche, cambiamenti di rotta e continue rielaborazioni dei risultati; un filmare prevalentemente in solitario, in un rapporto privato con la materia cinematografica (la pellicola, i procedimenti chimici, la postproduzione digitale) e con i soggetti delle riprese (famiglie, animali domestici, paesaggi prossimi e quotidiani). Un approccio di questo tipo ha alle spalle tutta la tradizione del cinema propriamente amatoriale e familiare, nonché l’opera di cineasti sperimentali strettamente legati ai formati minori come l'8mm e il Super8, in qualche caso il 16mm (e poi il video analogico). L'idea delle Giornate del cinema privato è in definitiva quella di rileggere, anche alla luce dell'oggi, opere e autori che hanno praticato nel passato recente o lontano un cinema intimo e personale. Opere che tracciano strade anche profondamente divergenti tra loro ma di cui ci interessa individuare alcuni tratti comuni. Nella pratica contemporanea si tratta di realizzazioni indipendenti a basso costo, a volte semplici raccolte di testimonianze filmate o di vecchio girato che finiscono per originare elaborati frutto di un lavoro solitario e dell'incontro tra la videocamera digitale ed alcune sensibili tracce derivate dall'esperienza quotidiana. Ma può trattarsi anche di opere realizzate da autori affermati, professionisti del cinema che tuttavia scelgono, in questo contesto, di spogliarsi delle certezze e delle competenze tecniche acquisite. Che spontaneamente rinunciano alla protezione della macchina cinema. Che si affidano all'imprevedibile spontaneità di uno sguardo che tradisce sentimenti, emozioni, incertezze, esitazioni recuperando la libertà di un discorso dove il senso non è già preordinato. Un cinema che ci propone esiti originali ed inediti anche perché, da sempre, prescinde dall'invasività delle tecniche, dei set, delle troupe, dei formati, delle modalità di scrittura e di distribuzione prevalenti e necessarie nella produzione industriale. Quello che le Giornate del cinema privato si propongono allora, a partire dalla prima edizione, è di indagare, ricostruire, evidenziare, ricomporre il quadro complesso, sfaccettato e differenziato di questa tensione permanente e sfuggente alla pressione dell'industria audiovisiva, sia attraverso realizzazioni a ciò esplicitamente orientate sia attraverso composizioni che rielaborano materiali privati precedenti, propri o altrui, e che solo a posteriori o in seguito a circoStanze talora imprevedibili, si sono imposti come urgenza espressiva al loro autore. La nostra partecipazione al Bellaria Film Festival di quest'anno vuole dunque contribuire - con la proposta di alcune delle opere della sezione internazionale Diary & Family Movies e con un pomeriggio dedicato ad approfondire possibili percorsi e modalità del cinema privato -, a rendere più acuta, radicale e meno episodica la lettura della tendenza diaristica, autobiografica, privata nell'espressione audiovisiva contemporanea (anche nel documentario industriale, televisivo, spesso di ottima qualità, qui rappresentato dall’illuminato progetto “Private Century” della televisione della Repubblica Ceca). Nonostante queste premesse, e proprio perché il cinema privato è ancora lontano dal trovare una sua ultima definizione, trattandosi piuttosto di un arcipelago di autori, opere e percorsi individuali sia pur accomunati da tratti comuni, una delle specificità delle Giornate del cinema privato è quella di essere un luogo di riflessione e di interrogazione costante in cui radunare e raccogliere il contributo di chi, a livello teorico o pratico, ritiene di poter partecipare alla nostra ricerca. Per questo abbiamo creato un sito, in cui raccogliere i materiali prodotti, i punti di vista, gli studi e le riflessioni che di volta in volta ci sembrano tracciare un confine possibile dell'ambito che ci proponiamo di indagare, e su cui di volta in volta ci parrà opportuno fermare la nostra attenzione. Per questo anche quest'anno, come negli incontri del novembre 2005, il pomeriggio del 9 giugno si proporrà come spazio seminariale, in cui confrontare opinioni e punti di vista di autori e studiosi provenienti da ambiti di ricerca molto diversi. Perché il cinema privato ci sembra in ultima istanza un cinema di prossimità, di relazione, di confidenza e di irriducibile autonomia. Dove il mutare della natura dell'oggetto cinematografico si riverbera inevitabilmente sulla posizione dello spettatore chiamato a situarsi, accanto ed assieme al filmmaker, nel mezzo del suo rapporto col mondo.

EVENTI SPECIALI[modifica | modifica sorgente]