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==== Una tessera per il genio ==== d'''i Alberto Moravia'''<ref>“L'Espresso”, 1973; poi in A. Moravia, Al cinema, Bompiani, Milano, 1975, pp. 280-282 </ref> La vita di Evariste Galois fu breve ma di straordinaria intensità creativa; la sua fine, tragica e misteriosa. Galois è, dunque, il tipo del genio romantico come è spesso raffigurato da Balzac nella Comédie Humaine. Ma Galois, oltre che un personaggio da romanzo balzacchiano, fu anche un autentico genio della matematica, la cui opera ha tutt'oggi un valore fondamentale. Da una parte, dunque il Galois romanzesco eccelle in una scienza inaccessibile, si getta con ardore nella lotta rivoluzionaria, muore in un misterioso duello per amore (ma forse il duello fu provocato dai suoi avversari politici). Dall'altra il Galois storico, ha la serietà creativa di un Einstein ventenne. Ciò che conferisce alla figura di Galois una straziante tragicità, è che egli fu consapevole di essere un genio e ciononostante di doversi sottomettere ad un destino sociale livellatore ed egualitario e, appunto per questo, ingiusto. In margine alle pagine del suo testamento scientifico, sedici pagine buttate giù febbrilmente la notte prima della morte, Galois scrive più volte: “Non ho tempo”. E dice al fratello: “Ho bisogno di tutto il mio coraggio per morire a vent'anni”. Perché insistiamo tanto sul fatto che Galois era un genio? Perché in questo film di Ansano Giannarelli su Galois Non ho tempo, serpeggiano due polemiche parallele: l'una contro il “sistema”, repressivo e persecutorio ieri come oggi; l’altra a favore dell'impegno politico degli intellettuali e contro il disimpegno. Ora, mentre la prima polemica ha buon gioco nel mostrare che le polizie e le magistrature sono sempre pronte, ieri come oggi, a mettere in prigione il Valpreda di turno, sull'altra polemica c'è da osservare che l'aver scelto Galois come esempio di intellettuale impegnato è per lo meno fuorviante. Infatti Evariste Galois non è un intellettuale tra i tanti, che è difficile immaginare capace di esistere fuori dell'impegno; è invece quel tipo umano rarissimo che, anche senza l'impegno politico, è “di per sé”, a causa della propria genialità, rivoluzionario e impegnato. Così, si potrebbe dire che, senza volerlo, il film di Giannarelli sottolinea l'ingiustizia che l'egualitarismo politico opera ai danni delle preziose quanto misteriose ineguaglianze naturali. Il suo film non illustra tanto il dramma dell'intellettuale che vuole impegnarsi, quanto la tragedia del genio che sa di essere genio e ciononostante non può comportarsi che come un intellettuale. La tragedia di Garcia Lorca, di Lautréamont, di Babel, di Mandelstam, di Pushkin. Come in Sierra Maestra, suo primo film, Ansano Giannarelli non ha voluto fare un film narrativo più o meno tradizionale sulla vita e la morte di Evariste Galois; ma ha composto un ritratto del matematico francese sullo sfondo sociale e politico della Francia del 1830. Questa specie di ritratto in piedi oratorio-agiografico è dipinto con il metodo brechtiano dell'estraniamento ottenuto a sua volta attraverso la dissociazione delle strutture narrative e l'abolizione della durata. In Non ho tempo il montaggio, così importante nel cinema, non è dissimulato per creare illusione e identificazione bensì mostrato e additato; i significati diventano personaggi cioè significanti; i ruoli vengono sdoppiati e capovolti. E' un modo di fare cinema di chiara origine teatrale; infatti, mentre il cinema, come il romanzo, è per sua natura narrativo, il teatro non lo è: estraniamento brechtiano e crudeltà artaudiana sono in certo modo impliciti nel teatro, i moderni non hanno fatto che riscoprirli. Nel cinema questo metodo risolve enormi difficoltà narrative con grande, forse eccessiva facilità. AL punto che si potrebbe persino affermare che un film come Non ho tempo ha un massimo di probabilità di essere, come infatti è, un’opera riuscita. Ma il vero merito di questo notevole film è in realtà il sentimento di simpatia espressiva che il regista e Edoardo Sanguineti che ha collaborato alla sceneggiatura, mostrano di provare per il loro protagonista. Mario Garriba ha disegnato egregiamente una figura di precoce e sfortunato genio romantico al tempo stesso infantile e consapevole. Gli altri interpreti, scelti e diretti con acume dal regista, non sono da meno e compongono un quadro convincente dell'ambiente rivoluzionario dell'epoca.
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