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=== 1967, l'anno unico === Di Roberto Silvestri. Come nei terremoti devastanti. Si spacca la terra, da una parte c'è il vecchio che ci abbandona per sempre, dall'altra c'è un nuovo magmatico e misterioso che avanza. In mezzo c'è il 1967 e qualche dinosauro sbruciacchiato dalla lava incandescente che, forse, sopravviverà e trasmetterà memoria genetica... L'antagonismo sociale dei primi giovani diseredati metropolitani, a Mosca come a Tokyo, ha già fatto sentire la sua voce, ma è ancora solo teppismo isolabile, facile da controllare e degradare a gang criminale. Sfugge il contro design del consumo soprattutto giovanile di massa, però, e criptici sono i segnali telepatici di comunicazione tra teenagers polimorfi che liberano i loro corpi, stranamente disincarnati, nel rock che dilata la coscienza, nel viaggio beat (dentro e fuori di sé), nella transmentalità lisergica, nel sesso zen, nelle religioni non comandate...del 1967 sono i seguenti film beat-rock: Catalina Caper di Lee Sholem con Little Richard, Clambakedi Arthur H. Nadel, Easy Come Easy Godi John Rich e Double trouble di Norman Taurog con Elvis Presley, il juke box musical C'mon let's live a little di David Butler con Jackie DeShannon e Bobby Vee, The cool ones di Gene Nelson con Glen Campbell, Don't make waves di Alexander Mackendrick con Claudia Cardinale e i Byrds, Four stars di Andy Warhol con i Velvet Underground, Good Times di William Friedkin con Sonny and Cher, The Greadful Dead di Robert Nelson, Here we go round the Mulberry Bush di Clive Donner con The Spencer Davis Group, How | win the war di Richard Lester con John Lennon, it's a bikini world di Stephanie Rothman e The Animals, Magical Mystery tour dei Beatles, Riot on Sunset Strip di Arthur Dreifuss con Chocolate Watch Band and The Standells, Separation di Jack Bond con i Procol Harum, Tonite let's all make love in London di Peter Whithead con Small Faces, The trip di Roger Corman con Mike Bloomfield, Up the Junction di Peter Collinson con Manfred Mann. Tanto per capire quale era la colonna sonora, tanto per ricordare l'Impero di Bandiera Gialla, di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Il pianeta, inoltre, non accettava il bipolarismo. Rangoon e il movimento dei non allineati ricordano che non tutti i popoli, il vietnamita, per esempio, o l'indonesiano (appena sterminato: mezzo milione di persone) sono docili alle manovre delle multinazionali e dei suoi eserciti e che il modello delle “democrazie popolari" e della sovranità limitata sia iniquo e catastrofico, salta all'occhio di chiunque, a sinistra, e fin dall'inizio. Le lotte di fabbrica in tutto il mondo industriale, nei primi anni'60, hanno già dato lo ‘start', e il primo vero segnale inquietante. Una forza lavoro a basso costo e a professionalità zero, ma a circolarità mille, da sfruttare sadicamente ovunque, è diventata l'operaio massa multinazionale incontrollabile, soggetto antagonista che darà un bel filo da torcere: ispanico e nero in Usa; maghrebino, turco, italiano, spagnolo e portoghese in nord Europa. Un ‘mostro’ che cambierà il mondo, cercherà con le sue lotte di istillare un po' di civiltà responsabile ovunque, e farà tremare il vero Mostro, il Dominio del Capitale, privato, di stato o di corporation. Anche perché le operaie della casa, nel frattempo, fanno saltare anche l'ultimo luogo di comando del ‘maschio sposato con prole' creando non pochi problemi agli equilibri simbolici dei film a venire. Ma, nel 1967, il ‘mostro' sta solo per toccare la maniglia... Le nouvelles vagues nazionali, europee dell'est e dell'ovest, ma anche indiane, dell'America Latina e dell'Estremo Oriente, da dieci anni, dal 1958, stanno intanto provocando un maremoto rovinoso, mentre l'immaginario africano emette i primi vagiti alternativi. Giovani filmakers ambiziosi e determinati, in cerca di aria pura e iconoclasti, visionari e pieni di talento, patricidi conseguenti, si sono sbarazzati della tecnica dei registi anziani, dei generi polverosi e abusati, dei modi di produzione rigidi e paralizzanti, della lavorazione in studio, del sistema divistico antiquato, della commedia che non fa più ridere, del dramma che non dà più emozioni. Dei cinema di papà autoritari, gerarchici, letterari, ottocenteschi. Hanno adisposizione armi teoriche raffinate per dichiararlo morto, sepolto dalla banalità. Il formalismo, lo strutturalismo e la semiologia. Il cinema di papà, analizzato, è smascherato. Falso, pericoloso, noioso, da museo. Hanno a disposizione tecnologie leggere per prescinderne. Ed ecco gettarsi, zavattinianamente, al fianco di Jean Rouch o dei fratelli Maysles, per le strade con troupe minimaliste e 16mm o 8mm o 35mm usati come ‘camera stylo', ‘cinema verità', cinema diretto, cinema personale... cinema che racconta un'altra realtà, lontana da quella tangibile, più chiara, individualmente: Andy Warhol ha un anno intenso: /, a man, Bike boy, Nude restaurant, Four star 24 hours movie e Imitation of Christ. Imitando i documentari sociali delle tv più critiche, come la BBC; portando l'osceno al livello della nostra comprensione critica, visto che la pornografia ha ormai diritto di accesso libero nelle nostre fantasie; cercando aria pura e fresca per sfuggire all'anidride carbonica delle immagini elettroniche intossicate. E non lavorano in nome del ‘nuovo', per uno spettatore che non c'è ancora, come fanno Straub e Godard, ma a cominciare dall'anno successivo, ma per rimettere a posto alcune cose vecchie da recuperare, restaurare. Le ‘avanguardie storiche', per esempio. Non sono bastate due guerre mondiali a cancellarle, a digerirle. Tutto ricomincia da Dziga Vertov, Vladimir Vladimirovic Majakovskji, Hans Eisler. Ricomincia da quel testo che Dusan Makavejev consegna ai critici assieme al suo film Uno questione di cuore. "Come un libro, il film deve essere letto tra le righe. E tra le righe non c'è nulla. Il mezzo è il messaggio. Non esistono grandi artisti che non abbiano provato a descrivere l'atto sessuale. Il problema era fare un film in cui avessero massima importanza il fascino della nullità, gli istanti senza senso, la gente che non pensa. Che fosse una storia d'amore simpatica, comica, semplice, buffa, erotica e un po' nevrotica, come ogni rapporto umano. L'immagine deve soddisfare lo spettatore, dargli la “gioia di vedere" e nient'altro. E il suono deve aggiungere a tutto ciò che è privato e grazioso una dimensione storica. Gli strutturalisti sono gentilmente pregati di far speciale attenzione ai seguenti elementi: a) i topi; b) il rapporto tra “signifié" e “signifiant"; c) la rivoluzione. ‘L'arte è tutto ciò che si può far passare come tale': Marshall McLuhan"(Dusan Makavejev).
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