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==== Scienza e politica di Evaristo Galois ==== di '''Mino Argentieri'''<ref>“Rinascita”, 4 maggio 1973</ref> Se la memoria non ci inganna, Non ho tempo di Ansano Giannarelli è il primo film della storia del cinema imperniato sulla figura di un matematico: Evariste Galois. La biografia di Galois, a leggerla con la leggerezza d'animo di una lettrice in smanie di sogni a occhi aperti, sembra tagliata apposta per sconfinare in un film hollywoodiano degli anni trenta. Giovane e geniale, di temperamento generoso e vivace, nella Francia fra il 1824 e il 1832, Galois, refrattario alla disciplina scolastica, incompreso dalle autorità accademiche, si infiamma per gli ideali rivoluzionari del tempo, finisce in galera, si innamora di una donna ad altri legata e a causa sua è costretto a battersi in un duello alla pistola. Poche ore lo separano dal cimento fatale, tredici per l'esattezza, e in questo breve scorcio egli raduna alcuni appunti, vi lavora febbrilmente, li completa e destina ai posteri considerazioni matematiche straordinariamente innovatrici. Il presagio della morte lo invade e all’età di un fiore una pallottola lo stronca. Friedrich March sarebbe stato un Galois affascinante e seducente all'epoca in cui Hollywood assaliva i cuori semplici e chiedeva prestiti alle infinite versioni melodrammatiche dei drammi spulciabili dalla realtà. Mutati i gusti nel corso del trentennio successivo, dimessi i panni più convenzionali e chiuso il rubinetto delle sdolcinature patetiche, il romanticismo non si è estinto e niente meno del romanticismo è la chiave adatta a comprendere e a inquadrare il personaggio di Galois. Reduce dalla sua opera prima - l'interessante Sierra Maestra - questo piccolo particolare Ansano Giannarelli lo ha capito bene, in virtù di una formazione culturale moderna e scientifica. Il suo Galois esula dalla tradizione romanzesca e dall'aneddotica che parla ai sentimenti delle platee, e non ha neanche di che spartire con l'odierna e anarchicheggiante infatuazione per il ribellismo degli eroi. [La vicenda della morte] di Galois è privata di ogni possibile mistificazione sentimentale: Giannarelli, nel solco dei più accreditati studi storici, l’attribuisce a mene provocatorie. Non per aver offeso una signora indegna e mediocre, lo studentematematico Galois muore, ma per essere caduto in un tranello tesogli da avversari. La sua fine, non dissimile da quella di Puskin, è un delitto politico. Il Galois di Non ho tempo vive su più piani che cinematograficamente si incrociano in un esperimento che fonde lezioni diverse: teatrali e televisive. Alcuni trasparenti si animano, alle spalle degli attori che recitano dinanzi alla macchina da presa, e le immagini si sovrappongono a titolo diverso. A volte le pareti di una scena, trasformatesi in schemi, ospitano documenti, illustrazioni, reperti a mo’ di nota in fondo alla pagina; altre volte ci trasferiscono ai nostri giorni, nella Francia dei moti studenteschi, a un di presso dagli edifici in cui la giustizia di classe si accanisce contro chiunque non accetta i suoi presupposti; altre volte ripercorriamo i luoghi che conobbero i passi di Galois. Giannarelli scarta uno stile di marca realistica, stilizza la composizione, si rifà al teatro epico brechtiano, getta un ponte fra passato e presente che, seppure meccanico nei parallelismi evocati, svincola il film dalle strettoie delle ricostruzioni puntigliose e pedanti. Il regista vuole arrivare al nerbo del tema che lo appassiona e sbalza di Galois il profilo a noi più caro e vicino. La matematica, con le sue grandi capacità di astrazione, avrebbe potuto essere per Galois un modo di sfuggire all'incontro con l'impegno politico, una maniera di estraniarsi dai fermenti rivoluzionari. Avviene il contrario. Eccezionalmente dotato nel campo specifico, il Galois di Giannarelli non è tanto il simbolo di una reazione all’autoritarismo e al conservatorismo imperanti nella scuola e nella società, quanto l'emblema di una partecipazione politica senza la quale la scienza matematica, e la scienza più in generale, sarebbero condannate. [...] Da questo angolo il ritratto di Giannarelli irradia spunti di meditazione riferibili a oggi ed è per questo che sentiamo un po’ pleonastiche certe analogie con la contemporaneità sottolineate dall'autore. Di fronte alla chiarezza dell'assunto e dell’ordito non vera bisogno di rimandi espliciti e circoscritti, che appesantiscono il film e rischiano di agevolare raffronti storiografici di taglio giornalistico e troppo condizionati dalle contingenze. Non identica chiarezza, almeno per chi non sia uno studioso di problemi matematici, impronta nell'arco del film la correlazione fra il personale apporto di Galois in una disciplina fra le più ardue e affascinanti, e il dispiegarsi di un pensiero volto a far fronte alle contraddizioni sociali con una metodologia scientifica. Se l'impressione avuta fosse giusta - ci si autorizzi il beneficio del dubbio - Non ho tempo avrebbe mancato in parte il suo obiettivo più tentante e perderebbe in compiutezza, pur non indebolendo affatto lo spessore dell'altra faccia problematica. Al di là, tuttavia, della nostra perplessità, Giannarelli ha realizzato un film singolare, in cui la modestia dei mezzi disponibili si traduce in una invenzione linguistica al servizio di un fine educativo che cineasti famosi, come Rossellini, perseguono spesso non solo con approssimazione culturale ma anche con deplorevole pigrizia espressiva. E ovvio che l'insolito esito è dovuto, oltre al talento del regista e alla sua vocazione per un cinema antispettacolare, alle condizioni di libertà in cui il film è nato. Ma non ci si illuda în merito, poiché l'indipendenza acquisita si scontra con la semiclandestinità di un’opera che pochi vedranno (i maggiori circuiti di sale cinematografiche gli hanno chiuso i battenti) e che la TV, sua committente, paventa di diffondere per motivi in cui si mescolano preoccupazioni paternalistiche (il pubblico, si afferma, non afferrerebbe il contenuto di Non ho tempo e sarebbe sconcertato dall'andatura frastagliata del film) e timori di indole politica.
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