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=== L'immagine in movimento e il movimento dell’immagine === Il giorno Sabato 6 giugno, presso il teatro “La Regina” di Cattolica, sì tiene un convegno dal titolo “L'immagine in movimento è il movimento dell'immagine”. Il convegno, della durata di una giornata, prevede la presenza di sei relatori (fra parentesi e in estrema sintesi il nucleo delle relazioni dei convegnisti): Adriano Aprà, critico cinematografico, direttore del Festival di Pesaro (Ciò che è vivo e ciò che è morto nel cinema odierno: la linea sperimentale, la linea del realismo inquieto, la linea “perbenista”); Vincenzo Cerami, scrittore e sceneggiatore (Il movimento dello sguardo e la parola che racconta lo sguardo); Massimo Fagioli, psichiatra, sceneggiatore, alla sua prima regia con il film 1/ Cielo della lima in programma fra le Anteprime del festival (Immagine e rappresentazione. Dire cose mediante luci, colori, forme, figure, linee. Invenzione di immagini nuove anche se di aspetto comune); Enrico Ghezzi, critico cinematografico, direttore del Festival di Taormina; Guido Fink, critico cinematografico, professore di Storia del Cinema all’Università di Firenze (Legibilità e traduaibilità dell'immagine, da parte di chi non fa del cinema ma lo guarda, spettatore o critico che sia, e cerca di “ripensarla” ricavandone o meno un senso a posteriori, cosa che da un lato sembra facile dato che viviamo in un'epoca di inflazione dell'immagine, ma che dall'altra può ingenerare, e di fatto ingenera, pericolosi automatismi, o confusioni, o vere e proprie incomprensioni); Giorgio Tinazzi, critico cinematografico, professore di Storia del Cinema all’Università di Padova (Dopo anni riemerge la necessità di riaffrontare un dibattito sugli aspetti formali del cinema. Opportunità di trovare padri putativi per questa rifondazione formale. Fascino e ambivalenza dell'immagine). Alle relazioni si aggiungeranno alcuni interventi dalla platea Un convegno è un'idea ovvia, quasi di sapore “istituzionale”, può essere luogo di fraintendimenti, divagazioni e ripetizioni, immediatamente associabile a uno stato d'animo di noia e stanchezza. E tuttavia il direttore del Festival Adriaticocinema, Marco Bellocchio, lo ha profondamente sostenuto, non solo perché da molti anni non ci si dedica a un dibattito specifico sugli aspetti formali del cinema, ma anche perché vorrebbe farne una preziosa occasione di ricerca edi confronto, che sorvoli sugli aspetti economici e politici dell'industria cinematografica, già ampiamente dibattuti e sviscerati, ed affronti l’essenza dell’arte in generale, dell’arte cinematografica in particolare... Si parte dalla constatazione di un'estrema povertà delle immagini del cinema contemporaneo, in particolare italiano, intendendo per povertà la registrazione meccanica dei fatti, l'eccesso di realismo, deprivato della sua autenticità e storicità, la ripetitiva riproduzione di ciò che già esiste nella vita quotidiana o è già stato creato, la scelta di un linguaggio che esaurisce il suo senso nella mera comunicazione narrativa, il tacito rifiuto di una ricerca originale, di una tensione personale, tratto unico e distintivo del filmmaker, per paura di non incontrare il pubblico, per un difetto di invenzione o forse per un’implicita rassegnazione al prodotto medio... Con questo convegno vorremmo proporre una riflessione sulle cause che hanno portato il nostro cinema ad un progressivo inaridimento espressivo, ma anche sollecitare una dimensione propositiva, un cinema che esplori territori più profondi della fantasia e dell'inconscio, che indaghi le possibilità di una bellezza “invisibile”, che si interroghi sul ritmo e il movimento interiore delle immagini in movimento. Guardando alla storia del mezzo, alle poetiche di alcuni registi, a certe aspirazioni programmatiche del passato, forse è proprio entro la sfera dell'invisibile che la settimaarte trova la sua vera natura e vocazione e forse mancando di animarla, rinunciando a far vibrare corde sottili e misteriose, Spende il suo inganno più cinico. Da sempre il cinema ha il suo limite nell'impressione di realtà che offre, nell’oggetto dato, nel corpo dell’attore che mostra, come se gli altri linguaggi fossero più liberi e aperti alla trasfigurazione e alla rivelazione del latente, ma è poi vero questo suo limite ultimo? Se il cinema è a suo modo “la verità 24 volte al secondo”, che tipo di verità comunica e quale tipo di menzogna mette continuamente in scena? Nei vari campi dell’arte, ad esempio nella musica o in pittura, rientra nel percorso di un artista fare evolvere la propria disciplina, perché allora si va spegnendo l’evoluzione della disciplina cinematografica o si confina allo sviluppo delle tecnologie. Per ora non ci sono risposte da dare, l'importante in un dibattito “sul” cinema, come del resto “al” cinema, non è sedare le emozioni, ma provocarne...
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