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== Presentazione == Il Sindaco '''Gianni Scenna''', L'Assessore alla Cultura '''Ugo Baldassarri''' Tagliato il traguardo della maggiore età, Anteprima, come una signora vezzosa, si ostina ad azzerare i propri anni, per rinnovare ancora una volta la ricerca di nuovi orizzonti audiovisivi. A condurre l'esplorazione, ancora una volta, lo sguardo curioso e inquieto di Enrico Ghezzi a conferma della propensione alla provocazione e all'avventura che il festival ha dimostrato di avere in queste prime diciannove edizioni. Non sono pochi, diciannove anni. Molti sono i registi e gli autori di cinema passati a Bellaria in questi anni, e che a Bellaria si sono fatti conoscere. Del resto Bellaria può, orgogliosamente, vantarsi di avere contribuito ad aprire strade nuove, ben presto percorse anche da altri. I festival cinematografici, infatti, sono proliferati numerosi. Pochi hanno saputo mantenersi vivi e longevi. === Cinema: un posto al/il mondo === Enrico ghezzi Nel mondo del superamento del lavoro, o almeno della sua fantomatizzazione da una parte e del suo terribile rinchiudimento nei lager terzomondisti del lavoro coatto dall'altra, (anteprimaannozero) si trova per necessità fatale a giocare le sue proiezioni proprio su questa tensione. Il posto, il film grande e discreto con cui Ermanno Olmi propose e consolidò quarant'anni fa la sua poetica del "tempo fermo" (Il tempo si è fermato era stato il titolo del suo primo film), è il titolo centrale del festival di quest'anno. Non tanto per la mossa che ci ha portato a contrapporgli un raro film d'esordio di pochi anni dopo, quel Chi lavora è perduto di Tinto Brass, anticipazione della festa/rivoluzione del '68. Non solo, cioè, per la dialettica lavoro/nonlavoro d'epoca, quasi come una lotta di classe tra concezioni della forma del vivere sociale. Ma per la forza con cui fin dal titolo si pone la questione più teorica e viva delle forme di vita del nuovo millennio. Abbiamo ‘parlato’, a Bellaria l’anno scorso, del doppio movimento di sparizione del corpo (di quello dell'autore, di quello del cinema) inabissato nella sintesi digitale della rete, o miniaturizzato fino a poter essere inghiottito; e di contemporanea riemersione dei corpi hard come ‘cosa vista’ del cinema e della rete stessa. Quest'anno (marcato un mese fa a Cannes in tutto il cinema mondiale d'autore - col debito ritardo rispetto all'intensità del gran cinema hollywoodiano da Ghost fino al geniale Sesto senso - da un forte senso di lutto per la scomparsa dei corpi amati...), continuiamo a mostrare il disagio prorompente del corpo in cui alcuni film europei (che continuiamo a proporre tout court come contesto automatico di qualunque cinema che voglia prima di tutto giocare la propria indipendenza de modi di produzione forzatamente o tradizionalmente nazionali). E segniamo, con la presenza (che avremmo voluto ancora più forte e strutturata, se si fossero sormontati problemi tecnicopoliticofinanziarstrutturali) del cinema ‘visto dai musicisti” (e della videomusica) il reciproco sguardo spettrale che si lanciano le due forme fantasma più attive nel muovere e produrre il tenersi dello spettacolo (quello proprio cantato/temuto e trionfante/tramontante nel profetico/finale Gimme Shelter con cui i Rolling Stones aprono il festival). Il segno più forte di un nuovo stato di uscita dal lavoro (secondo la fatidica ‘sortie des usines' inaugurata dai Lumiére che li inaugura nel 1895) lo danno proprio le magmatiche centinaia di ore di registrazioni del Grande Fratello che proponiamo proprio come ‘segno lumiére' insieme con le immagini di dissesto selezionate da Giorgini. Nei monitor disseminati in vetrina, le immagini viste/non viste ci appariranno per quello che già (non) sono/furono/saranno nel loro frastagliarsi e fluire in varie forme e durate di tv e în rete: il reingresso immediato del corpo in un'altra fabbrica (lo spettacolo), a disposizione ‘sempre’, registrato ininterrottamente (come siamo tutti...?) e poi magari intravisto per pochi secondi. Il posto del cinema, nell'improbabile costante presente assente’ della fabbricaspettacolo da esso aperta o meglio rivelata più di un secolo fa, è ora quello di una centralità obliqua, divenuta anch'essa fantasma, spiazzata. Nel film russo che chiude il festival con stupefacente intensità e con fatale precisione (l'eco olmiana del titolo...), Un posto sulla terra, il corpo freak e it fantasma si incontrano appunto in uno stesso luogo/posto. Una comunità (per ora/da sempre) impossibile.
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