1994: differenze tra le versioni

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== Videoresistenza ==
== Videoresistenza ==


* [[Non c’è tenente né capitano. Li di chiamavano briganti]] di Claudio Cormio
* [[Non c’è tenente né capitano. Li di chiamavano briganti|Non c’è tenente né capitano. Li chiamavano briganti]] di Claudio Cormio
* [[Pane pace libertà 1943-1945]] di Mimmo Calopresti
* [[Pane pace libertà 1943-1945]] di Mimmo Calopresti



Versione delle 23:52, 4 mar 2025

Ente promotore

Comune di Bellaria Igea Marina - Assessorato alla cultura - Archivio del cinema indipendente italiano - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Regione Emilia Romagna

Titolo

Anteprima per il cinema indipendente italiano

Date

3 - 8 Giugno 1994

Direzione

Direzione artistica: Antonio Costa, Enrico Ghezzi, Morando Morandini, Roberto Silvestri

Direzione organizzativa: Gianfranco Miro Gori

Organizzazione

Segreteria e catalogo: Andrea Menghi, Simona Fabbri, Paola Gori, Annamaria Gradara

Ufficio stampa: Marzia Milanesi

Amministrazione e servizi tecnici: Saverio Gori

Traduzioni simultanee: Sonia Sanviti

Anteprima News: Paolo Pagliarani, Mariachiara Pioppo

Hanno collaborato: Catia Donini, Mirko Ricci, Marco Tomasin

Living Pictures è a cura di: Antonio Costa, Cristina Valenti

Bad Girls è a cura di: Giulia D’Agnolo Vallan, Roberto Silvestri

Prima della rivoluzione... trent'anni dopo è a cura di: Morando Morandini

Un ringraziamento a: Pietro Ricciardelli, The Film Company, Angelo Libertini (Cineteca Nazionale), Mario Musumeci (Cineteca Nazionale), Cineteca Italiana, Osvaldo De Nunzio (ASAC), Telepiù, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, Fabrizio Pozzili (edizioni Socrates), Gianni Manzella, Roberto Cuppone, Elfi Reiter e Paolo Gandolfi (DAMS Bologna), Franco Quadri, Marco Maria Gazzano

Giuria

La giuria del Concorso Anteprima: Lucilla Albano Anna Bonaiuto Marisa Fabbri Sandra Lischi Fabrizia Ramondino

Premi

Premi Casa Rossa: miglior regia: Bruno Bigoni, Veleno

miglior attrice protagonista: Penelope Cruz, La Ribelle

miglior attore protagonista ex aequo: Renato Carpentieri, 80MQ Carlo Colnaghi, Veleno

miglior contributo tecnico: Luca Bigazzi, Veleno

Presentazione

di Antonio Berardi (Assessore alla cultura)

«È affetto da grave malattia si non si sa che cosa sia. Si guarda i pollici a uno a uno e addolora che non ne ha ventuno». (Marcello Marchesi)

Il Cinema si avvia verso il centenario, mentre il video come forma espressiva sta abbandonando a fatica l’adolescen- za; siamo pronti a tutto. In questa fase intrigante variamo la dodicesima edizione di Anteprima con occhi puntati al passato e al futuro, ten- tando sintesi possibili del presente. Se affiora il sospetto che tutto attorno a noi cambi perché nulla cambi, ci dedichere- moallarealtàcome humus, non panacea. Ci sostiene un barlume di fede nelcinema come sperimentazione nonostante il mercato abbia ormai colpito al cuore, conla sperimentazione, anche la propria necessità di idee originali, di prototipi. Per rompere la gabbia del reiterato e della noia, dell’«ideologia dei conti», diamo ancora una volta visibilità al Ci- nemaIndipendente; ancora novità a piene mani (d’opere e di sguardi, appunto) con i soli limiti dati alle nostre fantasie, dal carattere della rassegna e da un budget che lentamente lievita (mai abbastan- za?). L’anticipo sulla data, da agosto a giugno, è una piccola audacia che riposiziona il festival anche rispetto ad un contesto locale ingiustamente parco d’attenzio- ni, peraltro notevoli a livello nazionale. L’omaggio a Bernardo Bertolucci di Prima della rivoluzione inaugura un modo diverso di creare l’evento, riaggregando una troupe dopo trent’an- ni per ritrovare il clima di rapporti e professionalità nati attorno alla creazio- ne del film, bell'esempio di produzione indipendente. Il dilatare dai soliti cinque a sei giorni la rassegna, il potenziamento del Premio Casa Rossa ed il potenziamento delle strutture con la nuova sala al Palazzo del Turismo, le iniziative collaterali, sono concreti segni di maggiorattenzione e di una crescita di Anteprima ponderata e costante. E, oltre al festival, si sviluppal’ Archivio del Cinema Indipendente sia come emeroteca che come sistemadi relazioni meno occasionali, attraverso la collabo- razione a rassegne sull’intero territorio nazionale e il consolidamento di rappor- ti con archivi e cineteche in ambito re- gionale, senza nulla togliere alla propria funzione propulsiva della realtà locale. Verrebbe facile paragonare i festival del cinema, soprattutto i maggiori, all’equi- valente di quel che nel passato erano i pellegrinaggi: riti collettivi fatti di viaggi, sacre liturgie e adunate ecumeniche; da Lourdes a Cannes il passo è breve. I moderni pellegrini del culto dell’im- magine partono speranzosi ma tornano a casa con qualche «visione» in mente, un paio di souvenir e la valigia colma di inevitabili delusioni. Colpa delle Tv? del dominio delle cinematografie più forti? o di un preva- lente conformismo che ha conquistato i responsabili dei festival? Anteprima è ancora (e sempre più) un laboratorio, si pone ancora il compito di scovare e far conoscere i talenti non a ciò ancora affermati e continua a dare spa- zio che per altri 5 è banalmente marginale. Così facendo, armati della spavalderia dei piccoli, diamo un contributo ad al- lungare la vita al grande vecchio, ormai confuso dalla magia del totem a ventun pollici.

Introduzione

Testi e contesto, di Antonio Costa

Lo spostamento di Anteprima dall’ulti- madecade di agosto all’inizio di giugno, per quanto previsto da tempo, ha certamente influito sul numero complessivo di opere presentate perla selezione: poco più di 150 contro le 220 dello scorso anno. I filmmakers abituali della nostra rassegna hanno avuto meno tempo per approntare l’edizione di nuove opere. Di conseguenza sono diminuiti i lavori ammessi in concorso: 25 contro i 34 della passata edizione, con una leggera diminuzione percentuale. La tradizionale cornice entro cui si colloca il concorso trova una conferma e, semmai, una più precisa articolazione. Tanto che è forse limitativo chiamarla cornice: al Premio Casa Rossa e al concorso a tema fisso, si affiancano la retrospettiva (Living Pictures), la sezione di mezzanotte (Bad Girls) e l’omaggio a Prima della rivoluzione. La sezione speciale, con la quale si individua tra le opere inviate una linea di tendenza degna di essere evidenziata, è stata mantenuta. Lo scorso anno si chiamava «Viaggi dentro lo spettacolo», dato l’alto numero di lavori dedicati al cinema, teatro, danza (tema ben rappresentato anche quest’anno, soprattutto per il cinema). Questa volta si è ripreso il titolo di una precedente edizione, «Viaggi in Italia». Non si tratta di un mero contenitore di documentari dove è più facile isolare o esaltare l’aspetto tematico: e, certo, sappiamo tutti quanta voglia ci sia di capire che tipo di Italia si senta, oggi, il bisogno di visitare, di riprendere!. Ma forse è possibile individuare quest'anno anche una maggior attenzione ad aspetti strutturali del testo audiovisivo, una certa tendenza a lavorare sulla dimensione temporale: non solo il tempo passato (e perduto), ma anche il tempo ripetitivo, seriale della mappa, del catalogo, della registrazione di eventi (penso in particolare a Simonetta Fadda e Gianluca Greco). La sezione retrospettiva, con la quale si è cominciato lo scorso anno (con la personale di Alberto Grifi) a ripercorrere il cinema alternativo degli anni sessanta settanta, propone un’altra rassegna di cinema e video del/e sul Living Theatre, vale a dire un momento forte di interazione tra teatro e cinema, tra pratiche specifiche e scelte di fondo. Dal cinema underground di Jonas Mekas ai flussi di memoria di Nam June Paik, si tratta di un percorso attraverso trent’anni di avanguardia, in cui tra l’altro, c’è da registrare una significativa presenza del nostro cinema: con Leonardi da una parte e Bertolucci dall’altra, il cinema italiano, attraverso l’esperienza del Living Theatre, si apriva a prospettive internazionali. Se a questo si aggiunge l’omaggio a Prima della rivoluzione di Bertolucci, non si potrà dire che manchino occasioni per contestualizzare, nel segno della continuità o della rottura a seconda delle opzioni personali o di gruppo, l’attuale ricerca di identità del cinema indipendente italiano. Forse è da questa articolazione, e soprattutto nell’uso non puramente celebrativo che se ne farà, che potranno emergere spunti per superare una situazione di impasse già segnalata da chi ci segue con attenzione: da una parte l’impressione accentuata di aria di famiglia, di déja vu, di una sorta di istituzionalizzazione di generi e linguaggi (Paola Brunetta); dall’altra l’in- capacità della rassegna di Bellaria di «produrre forme di ‘coscienza’ nei filmmakers dei quali si fa portavoce» (Causo & Gariazzo). La vivacità del contesto con l’apertura su prospettive più ampie forse non potrà «produrre», ma certo potrà favorire o incoraggiare quelle prese di coscienza di cui si lamenta la mancanza. D’altra parte, l’affermazione nel Premio Casa Rossa di nomi come quelli di Bruno Bigoni, Carlo Colnaghi, Renato Carpentieri, Luca Bigazzi (che qui sono stati variamente o ripetutamente presenti nelle passate edizioni) dimostra una possibile linea d’identità e di continuità con la (pur recente) tradizione di Anteprima.

Concorso Anteprima

Casa Rossa

Tre minuti a tema fisso

Tema: Diavolo

  • Il risveglio di Carla Abbrescia, Pietro Balla, Giuseppe Selva
  • Le mille lire di Mirco Alboresi, Stefano Bisulli, Piero Gatto, Alessandro Torelli
  • Eretic line di Marco Alessandri
  • Giornata di lavoro di Paolo Ameli
  • Carrozza 666 di L. Artoni, L. Perrone
  • Non è normale di L. Artoni, L. Perrone
  • Perfavore mordimi sul collo di A. Azzaro
  • Simpatia per il ‘diavolo’ di M. Balducci
  • L’eterna dannazione di Matteo Bambi, Massimo Conti
  • Esercizi di Alberto Barbadoro
  • Dalla creazione del diavolino al suo mantenimento di Augusto Bastianini
  • Il diavolo di M. Bellini, D. Bersanetti
  • Sindiaballo di Giovanna Berti
  • Il castello di S. Bisulli, R.Buldrini
  • L'altra faccia di Streetman di Giorgio Bonecchi Borgazzi
  • Una tentazione per Candido di Licia Bonfatti Sabbioni
  • Quando il diavolo ci mette la coda di Fabrizio Bozzetti, Francesco Marino
  • Il riflesso della solitudine di Fabrizio Bozzetti, Francesco Marino
  • 005 XXX XXX di Marco Bragaglia
  • Necrospettiva di Paolo Bragaglia, Beniamino Catena
  • Totus di Giovanbattista Brambilla
  • Futuropoli di Gianni Bresciani
  • Anime cercansi di G. Cacace,G. Quercia
  • Interno giorno di Alberto Callari
  • Il pacco di C. Capone, M. Massaccesi
  • Perduto non mi pento di M. Capparella
  • Il diavolo di Massimo Cappelli
  • Il ponte di Paolo Caredda
  • L'ultima notte a Costellation di Benedetta Castagnoli
  • Untitled di Monica Castiglioni
  • Diavolo di Luigi Cecchetti
  • Stimmung di Renzo Cevro Vukovic
  • Fardello di Edo Chieregato
  • Zap di Agata Chiusano
  • Diavolo d'un Marco Civinelli di Marco Civinelli
  • Diabolica di F. Coglitore, A. Saterno
  • Diavolo di Alessandro Conte
  • Senti le parole uscire dalla bocca come vagoni merci di Dhani Coraucci
  • The Blackboard di Andrea Corridori
  • Versetti satanici di Simona Costanzo
  • Diavolo (1) di Antonella Cuttitta, Luca Guadagnino
  • Diavolo (2) di Antonella Cuttitta, Luca Guadagnino
  • Fradiavoli di A.D’ Amico, F. Ramundo
  • Diavle! di Paola D’Ignazi
  • Una stagione all'inferno? di L. D’Itri
  • Mr. Pemberton di A. Dallolio, F. Villa
  • Io sono il diavolo di Claudia Dattilo, Filippo Macelloni
  • La televisione di Giacomo De Bastiani
  • Dio è buono ma anche il diavolo non è male di Anna De Manincor
  • Il demone e la sfinge di Fabrice De Nola
  • Cau di Enrico Deotti
  • La cosa povera di Stefano Dongetti
  • L'occasione di Antonio Fabbri
  • Pollo alla diavola di Luigi Ferreri
  • Clair de lune di Massimiliano Flotta
  • Stop - Perché urlasti di gioia a Zabrinsky point? di F. Fossati, R. Rivarola
  • Uno strano problema di G. Ganino
  • Diavolo di Gianluca Gavelli
  • Diavolo di Vittorio Giorno
  • Il diavolo non è come si dipinge di Simone Grisolia
  • Creature del diavolo di Gianluca Guaitoli, Roberto Silvestri
  • Etrom di Giuseppe Guastella
  • Diavoli si diventa di Tommaso Isonzo
  • Bestie da soma di Gerardo Lamattina
  • Loro di Corrado Lannaioli
  • Stoppie di Pierpaolo Limone
  • Irene diabolica di Carlo Lo Giudice
  • Destinazione di Giovanni Lumini
  • Il distratto di Stefano Mavilio
  • Il diavolo zoppo di Manuele Mazza
  • Peyote di Gianluca Missero
  • Il ponte del diavolo di Natascia Mondaini
  • Scarti di Massimo Moni
  • Nos inter et in rebus di R. Montanari
  • Psyco II la bolletta di Francesco Montelli
  • Monito-Raggi Inferno di Luca Mori, Filippo Nicotra
  • Il diavolo è... in gamba di G. Moschella
  • EI diablo di Antonio Murgia
  • Rima Palpebralis di P. Nosari, L. Zanini
  • Meringhe di Roberto Ortolani
  • Que es mas diablo? di Martha Osorio, Nicola Podiguez
  • Virtual Devil di Vanni Perrone
  • Tragic Band di Sergio Porro
  • Il pescatore di Mauro Quattrina
  • È solo una questione di gusti di Danilo Ramirez
  • Le diable c’ est moi!!! di G. Rimont Lulli
  • Diavolo? di Andrea Romeo
  • Il diavolo di Elio Rosati
  • Azucena di Claudia Rossi
  • Trame di Stefano Roveda
  • Imbesse di Antonio Sanna
  • Il rito proibito di Lino Signorato
  • Povero diavolo di Umberto Siotto Cosseddu
  • La pena del danno di Marcello Siragusa
  • Un povero Cristo di Edo Tagliavini
  • Il diavolo ... la noia di A. e M. Vai
  • Il trillo del diavolo di Sandro Vasini
  • Diavolo! di Roberto Vergelli
  • Io il presidente di David Zamagni

Viaggi in Italia

Videoresistenza

Bad Girls

Le ragazze violentate

di Roberto Silvestri

Dal 1954 al 1958, in piena esplosione del rock”n’roll e di disintegrazione delle gerarchie e delle simbologie sessuali vigenti, dopo il doppio shock delle guerre mondiali e l'epopea della «femme noir», marchio del più possente movimento di massa antagonista della civiltà occidentale avanzata, tra boom economico per la middle classe e peggioramento delle condizioni di vita e di lotta delle classi deboli e delle minoranze etniche, tra resistenza culturale ai miti consumisti capitanati dalla beat generation e guerra fredda e maccartismo fiorenti, nasce il consumo eversivo di immaginario indipendente. Cioè l’«exploitation film», il cinema capace di aggrapparsi ai bassi istinti del pubblico più curioso e attivo, più appassionato e visionario, per sfruttarlo commercialmente fino all’osso. Violenza, sesso, destrutturazione di ogni legge morale, religiosa e civile, spiritualità trash, umorismo nero, criminalità giovanile quasi esaltata, arditezze ai limiti del possibile e oltre i limiti del plausibile. La degenerazione del buon gusto classico si attesta tra impero sottoproletario del kitsch e raffinatissimi atteggiamenti metropolitani camp. Entrambi decostruiscono valori e certezze del buon americano e consorte, appiattiti dal clima miserabile della caccia alle streghe. Il consumo cinematografico si dimezza da 90 milioni del '45 ai 45 del '59. La tv ricaccia le famiglie in casa, le donne reagiscono alla prigione domestica con la pratica dell’elettrodomestico a tutti i costi e per tutti gli usi, e con la «cacciata» di casa dei loro bimbi e bimbe teenager: consumate il salario di papà, divertitevi almeno voi, che potete! Per conquistare i kids l’industria pachidermica si ingegna a accaparrarli con filmoni 3D o kolossal immensi e costosi. Niente da fare. Andrà molto meglio con film a basso costo dal sofisticatissimo design trash, che garantiscono altissimi profitti purché smantellino ogni pezzo del catechismo «codice Hays» e rendano così ancor più polpettose le proposte anchilosate e «arty» di Hollywood (che a forza di processi antirossi ha perduto i suoi migliori cineasti e creativi), ormai fatta a pezzi dopo l’applicazione delle leggi antitrust e dunque non più ras assoluta dell’immaginario. Fioriscono le piccole case di produzione indipendenti, l'American International Pictures, di Arkoff e Nicholson. È l’epopea dei vari dropout, cui Joe Dante ha reso omaggio in Matinée, Kroger Babb, Sam Katzman o Albert Zugsmith uno più agguerrito e veloce dell’altro nel produrre miscele esplosive di ribellione indocili ai vecchi generi dello studio system e al Sistema di Rappresentazione Istituzionale: commedia, melodramma, film in costume, horror, western, fantascienza, ecc... Mischiare tutte le suggestioni e le tonalità hard possibili diventa il nuovo cocktail espressivo del momento. Non horror ma gore, non solo nudies ma sesso pop, non solo killer ma serial killer. E altre combinazionazioni varie. In più un protagonismo inedito della donna. E un’estraneità più radicale al mondo maschile rispetto allo stesso film noir. Teoria e pratica della differenza diventano messa in scena perfino nei più fallocratici generi tradizionali. Si veda La donna che volevano linciare, western di Allan Dwan. O Sisters in Leathere She-Devils on Wheels in cui le gang di sole donne in moto vendicano tutte le loro sorelle attaccate, sfregiate, violentate o semplicemente molestate. Donna non solo oggetto inerme e inerte, ma alterità totale, autonomia e insubordinazione. Mai più vittima, mai più Johnny Belinda (il film di Negulescu con Jane Wyman capro espiatorio seviziato con sadismo non casuale a ribadire, nel 1948, che la donna in rivolta è stata sconfitta e dovrà tornare schiava...) ma maniaca sessuale, feroce gangwoman, fredda delinquente giovanile, killer professionista anche se creativa (Chesty Morgan insegna come), maligna e pericolosa creatura, mostro di tecnica capace di ogni virtuosismo di surf e di provocare terremoti sentimentali più tellurici nei beach movies e infine mostro vero e proprio, come Frankenstein, come il dottor Cyclops, capace di raggiungere i 15 metri d’altezza e di distruggere una metropoli, come King Kong, in fondo solo per amore... Per raccontare l’epopea della ribellione proletaria giovanile, l’isteria del rock, la pratica sovversiva ma autolimitata della gang, l’insorgenza della donna, la bestialità del sistema repressivo di stato (scuola, polizia, prigione, apparati del consenso). Robert Altman e Roger Corman partono proprio da questo punto, e ricominciano da zero. Le registe Barbara Peters e Stephanie Rothman, Roberta Findlay e Doris Wishman sono i loro partner. Magari invece di ispirarsi al conte Dracula ristudiano la biografia di Elizabeth Bathory l’aristocratica ungherese che per mantenersi giovane e bella uccise 600 ragazze vergini per riempire la sua vasca da bagno col loro sangue. Attenzione a questi film. Non vanno né in tv né in pay tv. E sul Maltin, quell’orrenda bibbia del cinefilo socialdemocratico, non li troverete. Così c’è tutto uno star system da rimettere in circolo e socializzare. Uno 007 donna di classe? È Cheri Caffaro (Ginger, The Abductors, Girls Are for Loving). E poi ancora, estreme propaggini di Jane Mansfield e Marylin Monroe, i più finti e imprendibili oggetti sessuali, veri soggetti di un dominio incontrollabile e totale: Lorna Maitland, Kitten Natividad, Hajie Tura Satana (Russ Meyer), Connie Mason (H.G. Lewis), Betty Page (Irving Klaw), Vampira (Ed Wood jr.) e Barbara Steel. E poi le B-girls più recenti che troviamo riverite nella rivista americana «Femme fatale», da Mary Woronow (Paul Bartel) a Yvette Vicker, da Margot Hope, regista, produttrice, sceneggiatrice e attrice di Femme Fontaine Killer Babe for the Cia (Troma 1994) a Brinke Stevens e Michelle Bauer. Identica la grinta dei pionieri degli anni dieci prima della omologazione e standardizzazione postbellica. Tra il 1900 e il 1919 esistevano già centinaia di registe donne, buone normali o pessime come gli uomini. Poi sparite, a parte Dorothy Arzer, Lois Weber, Ida Lupino. Rinascono proprio nel 1954 (Maya Deren, underground, loro pioniera). Ma non è solo questione di registe, di director. È l’intero tessuto simbolico a reagire, dopo la sconfitta del 1945-1947, la perdita di salario e la ricacciata in casa delle donne coinvolte nello sforzo bellico. E il film exploitation (in modo più radicale quello «mainstream», che riemergerà dalla cridi si di identità solo alla fine degli anni '60), rappresenta questa centralità nell'immaginario forte del paese. Dietro Thelma e Louise e Serial Mom, e prima della New World anni ’70 e dei film femministi di Jonathan Demme, Mark Lester, Joe Viola, Jack Hill, Jonathan Kaplan, Clinton Kimbro, Michael Miller e Steve Carver qualcosa di grosso successe proprio nel tempo e nello spazio più impensato. Nell’ America conservatrice degli anni ’50 e soprattutto in quelle gioconde e frivole spiagge di Malibù...

Scandali al sole. I Beach-Movies

Il genere beach-movies fiorì e morì nei drivein tra il 1963 e il 1966, ma era nato nel 1959 con Sandra Dee ribelle, ma tutta rosa e sorridente, in due film major (Scandalo al sole e I cavalloni), e avrebbe avuto suggestivi strascichi fino agli anni ’90, con Point Break di Kate Bigelow. Un filone dal presentimento sessantottino (infatti nei campus i ragazzini americani già si scontravano con la polizia dal 1964, dopo l’omicidio Kennedy). In realtà di «ragazze passive» il genere beach non ne può vantare affatto. Per esempio in Beach Ball, di Lennie Weinrib, sembrano ingenue, occhialute, credulone e bruttarelle, ma arriveranno alla festa rock dei Wigglers, ben truccate, senza occhiali e con la ferma intenzione di non tornare a casa sole. Impregnati di ottimismo e di umorismo kennediani questi film fabbricavano, ai bordi dell’impero, sulla battigia del Pacifico, un’utopia di vita felice, collettiva, «qui e subito», apartheid non razziale (le colonne sonore sono tutte rock genuino) ma generazionale. Affetti da sindrome Peter Pan questi film sono liberatori, come spiegherà Matinée di Joe Dante, perché, a parte non gradire la visita dei maggiori di anni 18, questi invitano all’eguaglianza tra ragazzi più piccoli e più grandi e soprattutto tra ragazzini e ragazzine. Sono eccitanti fantasmagorie del «tutto e subito», al di là del totalitarismo e integralismo familiare puritano e bigotto. Fu dunque personaggio militante, femminista e rivoluzionaria, anche se in bikini, e pronta a scatenarsi nel twist più autarchico sia Deborah Walley (It's a Bikini World) che Annette Funicello (la prima eroina del genere Aip, reinvenzione di William Asher che vi fece confluire tutti i filoni subculturali esistenti, come la parodia delle motorcycle gang). Sia Sandra Dee (con Scandalo al sole conquistò il pubblico internazionale, ma sempre nel 1959 fu la prima vera, bionda, tenera, zuccherosa come l’acciaio, eroina beach, Gidget, in Italia I cavalloni, regia di Paul Wendkos) che Sally Fields, starlette tra il 1965 e il 1966 della sitcom tv della Abc ispirata a Gidget, e la legione di altre ragazze che sarebbero diventate miti sessuali di tipo nuovo (Pamela Tiffin, Linda Evans, Connie Stevens, Barbara Eden, Rachel Welch, Nancy Sinatra), capaci di rompere per sempre quel baricentro vittoriano che faceva di una ragazza una «cosa» e di un ragazzo (Frankie Avalon, Tab Hunter, Beau Bridges, Troy Donahue, Fabian) tutt’altra cosa. E viceversa. Iniziavano delle erotiche, mutanti contaminazioni... Mentre avanzava lo sperimentalismo lisergico e politico di «sex, drugs and rock’n’roll» dell'era Easy Rider che avrebbe sepolto il beach-movies. Tranne l’appendice di Stephanie Rothman. Infatti gli altri classici del filone sono tutti diretti da uomini: Beach Blanket Bingo ('65), Beach Party ('63), Bikini Beach (’64) con Steve Wonder, How to Stuff a Wild Bikini ('65), Muscle Beach Party('64) di William Asher; Beach Ball (’65) e Out of Sight (66) di Lennie Weinrib (nel soundtrack del primo Four Seasone Supremes); The Beach Girl and Monster (’65) di John Hall, Daytona Beach Weekend (’65) di Robert Welby, Feeling Good di James A. Pike (66), For Those Who Think Young (’64) di Leslie di Joe Martinson (pubblicitario della Pepsi Cola), Get Yourselfa College Girl (’64) di Sidney Miller, The Girl on the Beach (’65) di William Witney (coi Beach Boys), The Horror of Party Beach (’64) di Del Tenney, Hot Rod Hullabaloo (’63) di William T. Naud con Marsha Mason, The Lively Set ('64) di Jack Arnold, Pajama Party ('64) di Don Weis, Palm Spring Weekend ('63) di Norman Taurog, Ride the Wild Surf (’64) di Don Taylor, Surf Party ('64) e Wild on the Beach (’65) di Maury Dexter, A Swingin' Summer (’65) di Robert Sparr... Ma non mancano le sceneggiatrici: Joan Gardner (The Beach Girls and the Monster) o Mildred Maffei (Feelin’ Good).

Intervista a Jack Hill

Non ho mai preso il cinema molto sul serio

a cura di Giulia D'Agnolo Vallan

Intervista a Doris Wishman

a cura di Andrea Juno, da <<Incredibly Strange Films>>, Re/Search 1986

I film