1997

Da Wiki - Archivio per il cinema indipendente italiano.

Enti promotori

Comune di Bellaria Igea Marina, Assessorato alla Cultura, Archivio del cinema indipendente italiano, con il contributo di: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Spettacolo Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini.

Direzione

Locandina disegnata da Mario Schifano
Locandina Anteprima per il cinema indipendente italiano, 1997

Direzione artistica

Antonio Costa, Enrico Ghezzi, Morando Morandini, Roberto Silvestri

Direzione organizzativa

Gianfranco Miro Gori

Segreteria

Anna Gradara, Paola Gori, Antonio Tolo

Ufficio stampa

Marzia Milanesi

Amministrazione e servizi tecnici

Saverio Gori

Impaginazione cataloghi

Antonio Tolo, Catia Donini

Hanno collaborato

Catia Donini, Paola Gradara, Paolo Pagliarani, Mirko Ricci, Marco Tomasin

Presentazione

Di Mara Garattoni, Assessore alla Cultura.

In questi anni si è osservata la nascita di festival del cinema indipendente in diverse regioni d'Italia, quasi si trattasse di una tendenza forse della ordinaria necessità di contenere la spesa, mentre nel 1983, quando Anteprima ha preso l'avvio, poche erano le rassegne che si occupavano di questo segmento di cinema. Oggi la manifestazione bellariese ha raggiunto una sua fisionomia e un ruolo significativo nel contesto nazionale. A Bellaria hanno presentato le loro opere prime giovani autori che ora sono affermati registi: Soldini, Segre, Lodoli, Ciprì e Maresco, Rezza... e ciò conferma la qualità del lavoro svolto. Fra gli obiettivi che Anteprima ha perseguito, due vanno particolarmente evidenziati: l'occasione di incontro fra giovani filmakers che hanno potuto disporre di una vetrina per le loro opere; e l'opportunità di confrontarsi con i maestri del nostro cinema e con i loro film d'esordio. Si pensi ai "compleanni" di Prima della rivoluzione di Bertolucci, de / pugni in tasca di Bellocchio, de La battaglia di Algeri di Pontecorvo, dei Sovversivi di Paolo e Vittorio Taviani nella presente edizione. Le retrospettive hanno proposto percorsi di lettura e spunti di ricerca attraverso libere rivisitazioni della cinematografia italiana e internazionale, al fine di indagare differenti orizzonti di conoscenza, e di aprirsi ad un confronto sul piano estetico, sul piano semantico e oltre. Quest'anno è la volta del cinema del 1967, l'anno di Blow up, La Cina è vicina, Lontano dal Vietnam... E' l'anno in cui si afferma il bisogno di sperimentare forme di arte e di vita libere dagli schemi della tradizione; con questa retrospettiva si intende suggerire uno sguardo problematico, magari anche perplesso sulle opere del primo underground italiano, esente da intenti nostalgici e celebrativi. Anteprima ha cercato di avviare un rapporto dialettico, talora critico, ironico o curioso con il passato, senza perdere di vista le espressioni del presente. Si tratta ora di aprire prospettive nuove per rafforzare i risultati raggiunti e per maturare il ruolo significativo riconosciuto alla nostra rassegna nel panorama del cinema indipendente. Si può ipotizzare che Anteprima, oltre che fornire la visibilità alle opere prime dei giovani registi, possa divenire un punto di riferimento anche di mercato per il cinema indipendente? E' plausibile immaginare un'opportunità di produzione e commercializzazione per gli autori? La formazione, lo studio, la sperimentazione possono sostanziare la valenza culturale d un festival? Probabilmente sì, se questo non si esaurisce con l'evento, con la vetrina, ma vengano avviate relazioni fra più soggetti: autori, Università, Archivio del cinema indipendente, associazioni impegnate nella promozione della cultura cinematografica. Il patrimonio culturale di Anteprima oggi necessita di un rafforzamento finanziario ed organizzativo per diversificare gli ambiti della ricerca, per sostenere esperienze, favorire contaminazioni con quei mondi che si raccordano intrinsecamente col cinema quali la musica, la narrativa, l'indagine sociale o antropologica, ma anche con i luoghi dell'arte e della poesia. Occorre allora approfondire la riflessione per animare un circuito di idee, di competenze, di esperienze che stimolano la tensione ideale, il coraggio artistico, la creatività dei giovani autori restituendo al cinema le sue straordinarie potenzialità espressive talvolta mortificate da un appiattimento diffuso e spesso povero di pensiero. Qualunque rielaborazione di progetto e di programma deve tuttavia individuare come proprio punto di forza il cinema indipendente, elemento qualificante di Anteprima, in una prospettiva che sappia coniugare le potenzialità positive del cambiamento con il senso della propria esperienza.

Analisi di un disincanto

Di Morando Morandini.

Agli inizi degli anni Ottanta, quando si cominciò, eravamo soli. Riempire un vuoto, s'usa dire. Avevamo trovato/inventato uno spazio -soltanto una vetrina? - per il cinema indipendente. Lo sapevamo che la locuzione era approssimativa, incompleta, imprecisa (e il video?), ma in quindici anni non si è riusciti a trovarne un'altra. Negli anni Novanta siamo in tanti, su e giù per la penisola, ad arare lo stesso campo, e ci facciamo concorrenza. È un buon segno. Pur avendo i suoi inconvenienti, la concorrenza stimola. Impedisce di ripetersi, sedersi, adagiarsi, addormentarsi. Circostanza ancor più importante, la concorrenza indica la presenza crescente di un fenomeno, lo sviluppo di un'attività produttiva, se non un mercato, su un arco di artigianato che è più ampio e ha più sfumature di quel che si crede: si va dal dilettantismo più privato al lavoro collettivo, dalla libertà più anarchica (almeno a livello potenziale) alle committenze pubbliche di enti locali. Pur tralasciando le iniziative analoghe alla nostra, basta vedere quante sono le rassegne di “corti”. Il ritorno al cortometraggio di 35mm è un fenomeno interessante degli anni Novanta che non è stato ancora analizzato come merita anche perché - distaccandosi da una tradizione nefasta 0, comunque, riduttiva del cinema italiano, e delle leggi che l'hanno regolato - non ci si limita più al documentario, ma ci si cimenta con la “fiction” o con formule ibride. Passiamo alle cifre. Nel 1993 le opere - 0, come scherzosamente diciamo noia Bellaria, i "pezzi" - presentate per l'ammissione al concorso furono 220. Nel 1994, quando finalmente dall'ultima decade di agosto Anteprima si spostò all'inizio di giugno, il numero calò a una cifra di poco superiore alle 150. Era inevitabile: i filmakers, almeno quelli abituali, avevano avuto meno tempo per approntare i loro nuovi lavori. Nel 1996si arrivò a 202 “pezzi”. Quest'anno c'è stato un improvviso aumento sopra i 270 per un totale di circa 85. Il che corrisponde a una durata media di 15 minuti. Se si tiene conto che per il concorso i selezionatori avevano a disposizione circa dodici ore (“Anche meno, se vi riesce", ci dicevano quelli della direzione tecnica) si vede che il rapporto è di uno a sette. Quello della scelta non è un lavoro facile, direbbe il signor di La Palisse. Anche quest'anno, giunta alla 15° edizione, Anteprima propone quella che per abitudine e convenzione s'usa chiamare la cornice, e che negli ultimi anni ha rischiato di prevaricare sul quadro, cioè sul concorso, per l'attenzione - e i titoli - che le hanno dedicato i mass-media. Il che, non a torto, ha sollevato proteste, mugugni e lamentele degli autori in lizza per i due Gabbiani. Oltre ai film del premio Casa Rossa (che non è ancora, ma potrebbe diventarlo, il vero premio, il più ambito, per il cinema indipendente italiano nell'ambito dei lungometraggi su pellicola indirizzati a quel mercato delle sale dove spesso, invece, non riescono a penetrare) e ai video di 150 secondi del concorso a tema fisso (Un bel Po, tema di attualità una volta tanto), c'è la consueta "festa di compleanno" che, inaugurata nel 1994 con Prima della rivoluzione, tocca questa volta a Sovversivi a trent'anni dalla realizzazione. I festeggiati saranno i fratelli Paolo e Vittorio Taviani e i loro collaboratori. C'è la retrospettiva che quest'anno ha assorbito la sezione di mezzanotte, intitolata L'anno prima, inteso come il 1967. Con un pizzico di malignità nel suo giuoco d'anticipo, la rassegna intende aprire la strada quelle celebrazioni del Sessantotto che l'anno prossimo saranno organizzate da altri festival, ma soprattutto offrire piaceri, emozioni, occasioni di riflessione e di studio al pubblico di Anteprima, in modo particolare ai giovani filmakers, in concorso e non, che, invece, in passato non l'hanno frequentata come dovevano e potevano. È lo si vede dai film che fanno, aggiungerebbe un maligno. È giusto e necessario e inevitabile voltar pagina, ma non prima di averla letta e capita. C'è da dire, infatti, che durante il cosi lavoro di selezione vengono, complice la Stanchezza, i momenti di sconforto per la pochezza del materiale che arriva a Bellaria. In quei momenti ci si domanda: ma vanno al cinema? che film vedono? quali i loro registi preferiti? che libri leggono? che idee di cinema hanno in testa? come e da chi hanno imparato? In selezione si passa dai balbettii cine(video)amatoriali del più bieco minimalismo provinciale alle più dissennate velleità di globali metafore metafisiche. (Perla cronaca: i primi provengono soprattutto dal Nord, le seconde dal Sud). Emergono allo stato larvale i peggiori vizi del sedicente cinema d'autore che da vent'anni ha vivacchiato sul parassitismo sovvenzionato dell'articolo 28 e che tanto ha contribuito ad allontanare dalla produzione nazionale il pubblico delle sale. Senza impancarci a sociologi improvvisati della domenica, viene a galla un altro dato interessante e preoccupante, vista la giova- ne età media dei videomakers aspiranti al concorso: un diffuso disagio giovanile, un malessere che talvolta ha, in modo più o meno esplicito, concrete ragioni sociali (disoccupazione, difficoltà di trovare un posto, disaffezione e svogliatezza per lavori alienanti, umilianti e mal retribuiti), ma che più spesso ha ragioni esistenziali e ristagna in un disincanto, vicino alla depressione se non alla disperazione. Importa poco in questa sede stabilire in che misura questo malessere sia espresso in modi efficaci e con mezzi adeguati, senza ridursi a un compiaciuto “piangersi addosso" che, d'altronde, si riscontra anche in altri settori: è il rispecchiamento di una generazione, di una società, di un paese.

Concorso anteprima

Premio Casa Rossa